(Gaetano Afeltra, ཿCorriere della Sera 29/4/2004), 29 aprile 2004
Gaetano Afeltra, adolescente ad Amalfi, ricorda che in paese si raccontava con vergogna la storia di una Cristinella, giovinetta a servizio presso uno stimato avvocato napoletano che all’improvviso s’era fatta professionista del sesso presso la casa di tolleranza che animava via Nardones, a Napoli
Gaetano Afeltra, adolescente ad Amalfi, ricorda che in paese si raccontava con vergogna la storia di una Cristinella, giovinetta a servizio presso uno stimato avvocato napoletano che all’improvviso s’era fatta professionista del sesso presso la casa di tolleranza che animava via Nardones, a Napoli. Il padre, pescatore di alici sulle lampare, le mandò a dire che non si facesse più vedere. Non sopportando oltre il peso della nostalgia, Cristinella una volta decise di salire sull’autobus e tornarsene a casa, ma non ne ebbe il coraggio: arrivò a Maiori, da dove Amalfi si vede benissimo. Così cominciò a fermarsi lì qualche giorno la settimana. Il giovane Gaetano, incuriosito dalla storia e desideroso di dar volto alla donna che fino a quel momento aveva solo potuto immaginare, con due amici, tali Bonaventura e Cosimo, pensò di sbirciare per i viottoli di Maiori.: "Non conoscevamo Cristinella, ma tentavamo lo stesso di individuarla fra la gente, convinti come eravamo che fosse diversa da tutte le altre donne". Finché non arrivarono alla Torre Normanna: "Era una sera di giugno, sulla terrazza belvedere della Torre la gente stava seduta ai tavolini. Scrutammo bene fra gli avventori. In fondo, proprio vicino al parapetto, c’era una donna sola, giovane, affascinante, i capelli lunghi e neri, vestita con grande eleganza. Ci mettemmo al tavolo accanto. Ci arrivò subito un profumo tenue e inebriante. Eravamo già stati presi al laccio della seduzione. Aveva l’aria di una ragazza romantica, un po’ triste e molto bella". L’idea: "Bonaventura suggerì: ”Che male c’è se le chiediamo: scusi, è lei Cristinella?”. Fui io a farle la domanda. Lei rispose subito di sì, poi, di rimando, mi chiese: e tu come ti chiami?". Continuarono a parlare "di piccole cose, che però rafforzavano quella deliziosa confidenza e complicità". Poi chiese loro del padre e si commosse. "Ce ne andammo silenziosamente, uno alla volta, come nel finale di certe commedie, quando la scena si svuota degli attori lasciando la protagonista sola, sola che piange. In paese non dicemmo nulla della nostra spedizione a Maiori. Del resto neanche fra noi, sulla via del ritorno ad Amalfi, ci scambiammo parola".