Corriere d’Informazione 25 aprile 1946 (1. Il 22 maggio 1945 arriva nelle edicole il ཿCorriere d’Informazione, dopo la breve parentesi del ཿNuovo Corriere. Il ཿCorriere della Sera torna il 7 maggio 1946.), 25 aprile 1946
Il 25 aprile, festa della Liberazione, fa anche girare nelle orecchie una certa canzoncina irriverente che abbiamo riecheggiato nel titolo
Il 25 aprile, festa della Liberazione, fa anche girare nelle orecchie una certa canzoncina irriverente che abbiamo riecheggiato nel titolo. Più interessante, forse, celebrare questa data gloriosa ricordando cosa ne hanno scritto i nostri padri. Ecco, qui di seguito, gli editoriali di ”Corriere della Sera” (allora ”Corriere d’Informazione”) e dell’’Unità” del 25 aprile 1946. E quello del ”Secolo”, scritto da Almirante, nel 1953, con il giornale nato da meno di un anno. soffia il vento, urla la bufera ’Corriere d’Informazione”1 25 aprile 1946 «Noi non siamo qui a cercare delle meschine gloriole in un momento in cui ci sono compiti così duri da assolvere» Sono parole di Ferruccio Parri2, pronunziate in una commossa rievocazione della lotta partigiana in Italia. Le ripetiamo per tutti, memori ed immemori, in questa prima ricorrenza di una data che è tra le più belle della nostra storia nazionale. Duecentomila Italiani oggi si ritrovano al canto che trabocca di ricordi: Soffia il vento, urla la bufera, scarpe rotte e pur bisogna andar...(...) Questo esercito nacque dopo l’8 settembre, allorchè le divisioni regie si disfecero dinanzi a pochi reparti tedeschi. Le prime bande presero la via dei monti, e i Comitati di Liberazione, sorti contemporaneamente, provvidero a collegarle ed a fornirle degli scarsissimi mezzi di cui disponevano. Milano tornò ad essere la città delle Cinque Giornate, ospitò il Comitato militare della resistenza e divenne così e direttivo della lotta (...) Gli scontri dimostrarono nei nostri una promettente capacità combattiva e nei tedeschi la volontà fredda di stroncare con qualunque mezzo il movimento patriottico. Le rappresaglie da essi compiute con crudeltà fredda nel Cuneese lo dissero. Ma la resistenza tenne e apparvero in molte località i grandi cartelli con le scritte in tedesco: ”Attenzione, zona infestata dai partigiani”. L’inverno portò una sosta nei combattimenti e permise l’organizzazione: prima che finisse, diecimila uomini erano inquadrati. Ma essi mancavano di armi, di munizioni, di equipaggiamento, di viveri. La solidarietà delle popolazioni valligiane supplì in parte. Senza questo apporto generoso, dato senza lesinare nei sacrifici e non badando ai rischi, il movimento italiano delle resistenza non avrebbe potuto assumere l’ampiezza e la potenza che poi ebbe. Non dimentichiamolo. I richiami alle armi del governo fascista portarono altri uomini alle bande; fu tuttavia un afflusso di disarmati e, sulle prime, di peso grave, anche perché ebbero inizio in quel periodo le prime azioni di rastrellamento compiute da Tedeschi e fascisti con grande impiego di uomini e di mezzi. Nonostante le perdite severe subite per queste azioni, il movimento resistette: disfatte in una valle, le bande tornavano a ricomporsi in un’altra, più esperte, agguerrite e numerose (...) Gli alleati avrebbero voluto che le formazioni partigiane e la loro attività fossero limitate a compiti bene specificati: sabotaggio e informazioni. Da parte nostra si guardò invece ad un obiettivo assai più vasto, quello cioè della liberazione del territorio nazionale con le nostre sole forze. Si determinò così una situazione assai delicata che il tatto del Comando seppe risolvere a nostro vantaggio, anche perché le missioni alleate, paracadutate nelle valli e venute a contatto diretto con le formazioni armate, poterono constatarne l’efficienza, lo spirito combattivo, i risultati raggiunti e la serietà dei propositi che le animava. Così gli alleati diedero una più diretta e sostanziale collaborazione, e giunsero finalmente, in misura assai più vicina alle necessità, i rifornimenti aerei (...) C’è dell’altro. Già nel 1944 l’azione dei patrioti italiani si svolgeva in connessione tattica con quella degli eserciti sbarcati nella Penisola. Ciò avveniva in zone a ridosso del fronte e lungo la fascia alpina occidentale. Le occupazioni di Teramo, Osimo e Firenze ne furono il frutto. Dopo lo sbarco in Provenza, le truppe alleate avrebbero potuto sboccare in Piemonte attraverso le testate delle valli di Susa e di Aosta aperte dai nostri, con azioni di forza, precisamente in vista di quella possibilità. E va ricordata l’organizzazione per la difesa degli impianti industriali e idroelettrici: va ricordata l’attività dei G.A.P. e delle S.A.P.3: va ricordato tutto quel complesso di azioni che indusse i Tedeschi a cautelarsi con opere preventive di difesa ovunque fosse un loro centro e ad immobilizzare l’Italia settentrionale un esercito vero e proprio che nei momenti decisivi mancò alle operazioni del fronte. L’ultimo inverno di guerra fu, per i nostri, una prova dolorosa ed eroica. Bloccati dal dispositivo nemico in molte zone, dovettero svernare tra la neve e il gelo senza protezione adeguata, con viveri insufficienti, a corto di medicinali. La repressione poliziesca s’era fatta serrata e spietata. I partigiani avevano anch’essi un temibile esercito alle spalle: erano le spie che operavano dovunque e con frutto. I nostri uomini cadevano a dozzine: l’arresto voleva dire la tortura o la morte o la deportazione nei campi di sterminio tedeschi. (...) Venne la primavera, finalmente: e, mentre le prigioni italiane - allora senza rivolte4 - si popolavano di patrioti, la lotta riprese ostinata e inesausta. Era l’epilogo: dai monti al piano, dai villaggi alle città, la battaglia divampò serrata e vittoriosa. Oggi i partigiani ricordino con la fede di ieri i compagni perduti nella bufera. Non cerchino meschine gloriole mentre ci sono compiti così duri da assolvere. Credano che nulla può risorgere di un passato di sciagura, perché la storia della nostra terra, fatta di tanto dolore, è stata rimessa sulla via della libertà. In quest’ora, che nessuno sa quanto potrà essere lunga, continuino a servire nella disciplina e nella rinunzia, ma con ferma consapevolezza. Come ieri. L’Italia ha ancora tanto bisogno di cittadini forti e devoti. Giulio Alonzi5 2. Ferruccio Parri (1890-1981) fondò il Partito d’Azione e fu Presidente del Consiglio nel primo governo dopo la liberazione. 3. I Gruppi d’Azione Patriottica agivano nelle città, le Squadre d’Azione Patriottica nelle campagne. 4. Il 25 aprile 1945 nel carcere di San Vittore termina una rivolta dei detenuti durata più di 74 ore. 5. Giulio Alonzi, partigiano, fu a capo del Comando regionale lombardo.