L’Indipendente 18/04/2004, 18 aprile 2004
La rivoluzione agraria il 1938 quando la - fallita - rivoluzione rurale del fascismo si risveglia dalla pausa dell’Impero (che poi, vedi la colonizzazione della Libia avviata da Balbo, è sempre un fatto contadino)
La rivoluzione agraria il 1938 quando la - fallita - rivoluzione rurale del fascismo si risveglia dalla pausa dell’Impero (che poi, vedi la colonizzazione della Libia avviata da Balbo, è sempre un fatto contadino). Mussolini fa partire le bonifiche della piana della Capitanata in Puglia e di quella del Volturno, in Campania, e poi proclama l’attacco al latifondo siciliano. Nei primi due casi, circa 50 mila ettari in tutto, si parte come al solito con gli espropri e il progetto di appoderamento. I frutti più interessanti di questa attività stanno nel foggiano: la Segezia progettata da Petrucci (quello di Aprilia) è del 1942, le altre città di fondazione della zona sono Incoronata, Borgo Cervaro e Giardinetto, ultimate nel 1943 e subito requisite dagli americani (a metà degli anni 30 il Consorzio dei proprietari aveva invece costruito i borghi Mezzanone e Siponto). Il tutto faceva parte di un piano riguardante una superficie di quasi 450mila ettari che prevedeva, con 103 centri abitati, il popolamento di quell’enorme latifondo che era ed è la piana della Capitanata: città rurali, al massimo di tremila abitanti, articolate attorno alla piazza, che avrebbero dovuto servire una comunità di 10/15 mila agricoltori disseminati nelle campagne. Ci sono tutti gli edifici ritenuti necessari: municipio, chiesa, casa del Fascio, caserma dei carabinieri, scuole, ufficio postale, sede e magazzini dell’azienda agraria Onc, dopolavoro, cinema, botteghe e qualche casa civile per commercianti e artigiani. Nella Capitanata la storia comincia a correre appunto nel ’38. Fino a quel momento i latifondisti avevano cincischiato e allora Mussolini rimanda di nuovo all’attacco l’Onc, stavolta guidata da Araldo di Crollalanza, più diplomatico ma non meno determinato del conte Cencelli: 29.000 ettari di latifondo vengono espropriati e suddivisi in poderi che vanno da un minimo di 15 per le colture legnose a un massimo di 30 ettari per quelle miste cerealicolo-zootecniche. Anche in Puglia, come a Littoria, di Crollalanza avrebbe voluto chiamare i coloni da fuori, dalle montagne e dal beneventano, ma la popolazione locale, incitata dai latifondisti, protestò e l’Onc dovette cedere. Le cose si rivelarono difficili: i contadini non volevano abitare nel podere come gli imponeva l’Opera, preferivano farsi venti o trenta chilometri andata e ritorno tutti i giorni, ma restando in paese. Di Crollalanza allora li controllava come in caserma e li faceva sorvegliare notte e giorno. Poi arrivarono gli alleati e a seguire la Democrazia Cristiana e la riforma agraria degli anni 50: i poderi furono grandi dai 2,5 ai 4 ettari e i coloni se ne tornarono a vivere in paese. Dopo qualche anno gli appezzamenti, ulteriormente divisi dalle eredità, tornarono nelle mani di grandi e medi proprietari. In Sicilia, il progetto era ancora più ambizioso e riguardava mezzo milione di ettari. Nell’isola ci sono almeno 25 borghi fondati dal fascismo: erano parte integrante dell’«assalto al latifondo siciliano» proclamato da Mussolini il 20 luglio del 1939. I proprietari vengono obbligati per legge a dividere, mettere a coltura e appoderare le loro sterminate tenute: ogni 25 ettari al massimo deve esserci una casa colonica, un podere, un contadino con la famiglia, dotato di bestiame e tutto quel che serve. Lo Stato provvederà a strade, canalizzazioni e a far arrivare l’acqua. Il progetto parte nel ’40 e sarebbe dovuto durare un decennio: solo nel primo anno vengono costruiti 8 borghi e 2.507 case coloniche. Le abitazioni dovevano diventare 20mila e un centinaio i centri abitati: come una spina dorsale attraverso l’intera Sicilia interna, a prosciugare il bacino del consenso mafioso. Comunque, si continua a costruire fino a 1943 inoltrato, cogli americani già sbarcati grazie ai buoni uffici di Cosa Nostra. Anche in questo caso, come in Puglia, il latifondo si riprenderà tutto. marco palombi