Fonti varie. Il Cragnotti è tratto da Panorama di due settimane fa, 25 aprile 2004
Anno I - Quindicesima settimanaOstaggi. Mentre scriviamo (lunedì 26 aprile, ore 10) i tre italiani sequestrati in Iraq sono ancora prigionieri
Anno I - Quindicesima settimana
Ostaggi. Mentre scriviamo (lunedì 26 aprile, ore 10) i tre italiani sequestrati in Iraq sono ancora prigionieri. Dietro le interviste ai santoni locali e le dichiarazioni oscillanti dei nostri politici, si capisce più o meno questo: gli ostaggi dovrebbero essere stati venduti a qualche altra organizzazione, diversa da quella dei sequestratori iniziali. Potrebbero esserci stati più passaggi di mano. La malavita locale ha, nell’affare, un ruolo di primo piano. La questione del riscatto (quanto, quando e come pagare) è a questo punto decisiva. La cifra vociferata di nove milioni di euro è stata smentita. Le autorità italiane hanno fatto capire, a mezza bocca, che sarebbe gradito il silenzio stampa. Domenica mattina due dei cellulari dei sequestrati squillavano a vuoto.
Tillman. Ha suscitato grande commozione la storia di Pat Tillman, 27 anni, campione di footbal americano, che ha rifiutato un contratto da 3,6 milioni di dollari degli Arizona Cardinals per andare volontario in Afghanistan, dove è morto giovedì 22 aprile.
Iraq. La settimana è stata piena di morti e, tra questi, di morti bambini: a Bassora ne sono stati uccisi venti per via di tre kamikaze in auto che si sono fatti esplodere contemporaneamente (mercoledì 21 aprile). A Baghdad, soldati americani hanno perso la testa dopo l’esplosione di una mina e si sono messi a sparare all’impazzata, ammazzandone quattro (domenica 25 aprile). C’è stata anche la novità di un attacco dal mare: sabato 24 aprile kamikaze a bordo di battelli si sono fatti saltare in aria vicino al terminale petrolifero da cui escono 1,9 milioni di barili al giorno.
Ritiri. A questo punto l’opinione generale anche dei governi filo-Usa è che gli americani abbiano commesso errori gravi nella gestione del dopoguerra. Il premier spagnolo Zapatero ha rilasciato un’intervista al quotidiano El Mundo in cui dice di aver deciso il ritiro dopo essersi sentito dire da un alto funzionario Usa questa frase: "Lei si immagina che 130 mila soldati americani siano comandati da una persona che non sia un generale americano?". C’è poi l’episodio del generale Chiarini, capo della missione italiana a Nassiriya: giovedì 15 aprile, il comandante in capo delle forze statunitensi in Iraq, generale Hugo Sanchez, gli ha comunicato che i suoi blindati sarebbero intervenuti nella sua zona. Chiarini gli ha risposto secco che in quel caso gli italiani avrebbero abbandonato la città. Cioè: gli americani si comportano in Iraq con arroganza e brutalità (questa è la critica) senza quella capacità di comprensione e mediazione che sarebbero indispensabili in una situazione tanto delicata. L’effetto politico di questo comportamento è che gli alleati hanno cominciato a premere sulla Casa Bianca per una riconsiderazione del problema, in chiave Onu o simili. E la sinistra europea e italiana, pur lodando nelle dichiarazioni ufficiali il ritiro di Zapatero, ha tuttavia dichiarato che l’abbandono puro e semplice dell’Iraq adesso non va bene. Così Prodi e così, a Porta a Porta (dove ha fatto quattro punti di ascolto più di Berlusconi), Fassino. Quanto a Berlusconi ha ribadito che l’Italia resterà in Iraq a fianco degli americani anche dopo il 30 giugno. Però, sui tavoli dei giornalisti del "Corriere della Sera", è arrivato un rapporto dei servizi segreti italiani molto critico nei confronti della condotta Usa in Iraq. Questi documenti non arrivano alla pubblicazione per caso: quello è il testo con cui, discretamente, il presidente del Consiglio dimostrerà al suo amico Bush che così non si può andare avanti.
Fiat. La Arvil è un’azienda di Melfi (Potenza) che fornisce componenti alla Fiat locale, dove si montano Punto e Y. Ha scioperato, le componenti non sono arrivate, lo stabilimento ha avuto meno da lavorare, l’azienda ha mandato a casa i lavoratori. A questo punto ha scioperato per protesta tutta Melfi: la Fiat e le 23 aziende dell’indotto, con blocchi stradali eccetera. Senonché da Melfi si mandano componenti anche ad altri stabilimenti Fiat (per esempio, gli sportelli e i cristalli dell’Idea che si produce a Mirafiori arrivano da Melfi). Perciò, a partire dalla sera di mercoledì 21 aprile, altri stabilimenti Fiat (prima Mirafiori, poi Termini Imerese, Sevel di Val di Sangro, Atessa, e alla fine tutti tranne Cassino) si sono bloccati e i lavoratori sono stati messi in libertà. Dalla piccola vertenza locale è nata quindi una vertenza generale che riguarda la condizione dei lavoratori di Melfi. Qui, per un accordo stipulato all’inizio degli anni Novanta, venne aperto uno stabilimento dove si ammetteva che gli operai guadagnassero meno degli altri e si sottoponessero a turni che non erano ammessi altrove, in particolare un turno doppio di dodici ore notturne da lavorare per due settimane consecutive (donne incluse). Quell’accordo venne sottoscritto da Cisl e Uil, ma non dalla Cgil, ed è la Cgil - nella sua articolazione di categoria, la Fiom - ad aver preso spunto dalla vertenza di Melfi per metter in discussione le condizioni di lavoro di quella fabbrica. Gli osservatori rilevano che il vero avversario della Cgil non è in questo caso tanto la Fiat, quanto gli altri due sindacati che firmarono quell’accordo senza di lei. La questione perciò è politica e la Fiat, al momento, è colpita in modo serio: in una settimana si sono perse dodicimila automobili e si annuncia un’intensificazione delle lotte. Però le vendite vanno discretamente, il clima intorno all’azienda è moderatamente ottimista e il titolo ha guadagnato posizioni in Borsa arrivando a una quotazione (venerdì 23 aprile) di 6,15 euro. Mentre scriviamo, la tensione sembra molto alta: la polizia ha caricato 500 lavoratori che bloccavano le strade di Melfi, il vicequestore Amalia Di Ruocco è stata ferita da una sassata.
Femmine. A Tokio, scienziati giapponesi e sudocoreani della University of Agricolture hanno fatto nascere una topolina da due topi femmina, senza alcun contributo maschile. Fuse due cellule riproduttive femminili, hanno disattivato il gene H19 che impedisce normalmente all’embrione di svilupparsi oltre un certo stadio se non contiene geni di tutti e due i sessi. Questo modo di far figli, senza sessualità o da se stessi, si chiama partenogenesi, è il metodo normale di certi pidocchi delle piante, ed è eventualmente riservato ai soli individui femmina. Gli scienziati dicono che l’esperimento vuole solo mettere a punto un’altra tecnica per la produzione di cellule staminali. E’ naturalmente anche possibile immaginare il futuro di un’umanità costituita di sole donne, dove il maschio sia una rarità o un lusso superfluo.
Schumi. Schumacher continua a vincere i Gran Premi di Formula Uno (finora quattro su quattro). Domenica scorsa è arrivato primo anche a Imola, nonostante nelle prove il giovane Button, su Bar-Honda, gli avesse tolto la pole position.
Bonolis. A Domenica In, Bonolis ha intervistato per un’ora il serial killer Donato Bilancia, raggiunto per l’occasione in carcere. Polemiche a non finire, protesta delle famiglie delle vittime, duro attacco del presidente Rai, Lucia Annunziata.
Estée Lauder. Estée Lauder è morta a Manhattan a 97 anni. Si chiamava Josephine Esther Mentzer, il nome Lauder le veniva dal marito. Aveva fondato nel 1946 la celebre casa di cosmetica, l’unica ormai considerata indipendente: 10 miliardi di dollari di fatturato, 21.500 dipendenti, mercato di 130 paesi. Fu lei a inventare, per vendere, la tecnica del campioncino gratuito e quella dell’acquisto con regalo. Suo motto: "Se credo in qualcosa, la vendo".
CRAGNOTTI
Sergio Cragnotti, che fu padrone della Cirio e della Lazio, è in carcere dall’11 febbraio, Settima sezione di Regina Coeli a Roma. Ha scelto di stare in isolamento, s’è tagliato volontariamente i capelli a zero, non si lamenta perché - dice - è inutile. La notte lo svegliano più volte ("Cragnotti! Cragnotti!") per sapere se è vivo. La sua giornata è uguale a quella degli altri mille prigionieri: tanta tv, giornali alle 15, mezz’ora d’aria. Non può vedere nessuno. Si difende dal freddo (la porta di metallo della Settima deve stare sempre aperta e c’è corrente) con una tuta sovrastata da due maglioni. Cragnotti sarà sicuramente colpevole, ma sono passati settanta giorni e non succede più niente. Ha senso?
INFORMAZIONE CHE SI ARRENDE
La foto in alto mostra carri armati israeliani che avanzano facendosi scudo di bambini. In Israele non l’ha pubblicata nessuno, tranne il quotidiano Haaretz, messo per questo duramente sotto accusa. Nell’immagine in basso si vedono 21 bare di soldati americani caduti in Iraq, allineate nel cargo C17 che le riporta in patria, destinazione la base dell’Air Force a Dover, dove si trova il più grande obitorio della Difesa. La fotografa che ha scattato la foto si chiama Tami Silicio, ha 50 anni, lavora per la Maytag all’aeroporto internazionale del Kuwait. Ha regalato la foto al Seattle Times, che l’ha pubblicata, ed è stata quindi licenziata in tronco, insieme al marito. In America è proibita fin dal 1991 (Bush padre) la pubblicazione di immagini relative ai caduti in guerra e la Maytag ha un forte contratto con l’Amministrazione. Cynthia Colin, portavoce del Pentagono, ha detto che il divieto vuole rispettare la privacy delle famiglie. Il direttore del Seattle Times è andato sulle reti Abc a dire che si tratta di censura. Questa e decine di altre foto simili circolano intanto su Internet.