Vanity Fair, 1 aprile 2004, 1 aprile 2004
Ci interrompe un collega che attira la sua attenzione sul televisore dove una giornalista della CNN sta intervistando William Donohue, presidente dell’influente Catholic League americana e difensore della Passione, sulle accuse di antisemitismo
Ci interrompe un collega che attira la sua attenzione sul televisore dove una giornalista della CNN sta intervistando William Donohue, presidente dell’influente Catholic League americana e difensore della Passione, sulle accuse di antisemitismo. Il regista, dice Donouhe, è stato ingiustamente associato alle opinioni eccentriche di suo padre, che il ”New York Tines” ha definito «un revisionista dell’Olocausto». Gibson è furioso. «Stronzate», commenta. «Non ha mai negato l’Olocausto. Ha semplicemente detto che i morti sono stati meno di sei milioni. Non sopporto che mi chiedano di ripudiare mio padre». Hutton Gibson è un cattolico devoto che, da giovane seminarista, voleva diventare missionario. Ma arrivarono la guerra, le nozze, undici figli e un lavoro di macchinista a nord di New York. Finché un incidente lo ridusse all’invalidità. Furono anni difficili, ma poi Hutton vinse 25 mila dollari in un quiz televisivo e trasferì la famiglia in Australia.