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 2004  aprile 18 Domenica calendario

Anno I - Quattordicesima settimanaSpagna. Il nuovo premier spagnolo Zapatero ha annunciato che ritirerà subito dall’Iraq i suoi soldati, senza aspettare l’Onu il 30 giugno, "perché tanto è inutile"

Anno I - Quattordicesima settimana

Spagna. Il nuovo premier spagnolo Zapatero ha annunciato che ritirerà subito dall’Iraq i suoi soldati, senza aspettare l’Onu il 30 giugno, "perché tanto è inutile". C’era una flebile speranza che, prima del 30 giugno e avendo come obiettivo il coinvolgimento dell’Onu, gli europei trovassero un accordo. Pareva favorirlo il precipitare della situazione irachena e una posizione più morbida di francesi e tedeschi. L’improvvisa ritirata spagnola rende di fatto questo accordo una chimera. Per gli americani è un gran problema: senza l’Europa e senza l’Onu, non ci sarà o sarà molto meno efficace l’azione politica e diplomatica in Iraq. Ergo: l’attuale presidente non uscirà presto e in modo convincente dal pantano iracheno, nelle prossime settimane ci saranno sempre più morti americani e sempre meno consensi in patria. Con le elezioni alle porte per Bush è un guaio.
Iraq. Mentre scriviamo (lunedì 19 aprile, ore 10 del mattino), uomini di un’organizzazione di cui non è chiaro neanche il nome ("Falangi di Maometto" o "Falangi Verdi" o "Brigata Verde") tengono in ostaggio, in una località imprecisata dell’Iraq, tre italiani. Mercoledì 14 aprile questi stessi uomini hanno ucciso con due colpi di pistola alla testa un quarto italiano, che era tenuto sotto sequestro insieme agli altri tre. Si chiamava Fabrizio Quattrocchi, aveva 36 anni, era nato in provincia di Catania, viveva a Genova dove aveva fatto il panettiere e poi la guardia giurata o il gorilla o il buttafuori. La sua esecuzione è stata filmata e inviata alla tv Al Jazeera, che non l’ha trasmessa: si sa che nella cassetta si vede Quattrocchi messo in ginocchio, in uno spiazzo all’aperto, che tenta di togliersi il turbante con cui gli impediscono di guardare in faccia il suo assassino e che alla fine mormora distintamente rivolto all’uomo con la pistola: "Adesso ti faccio vedere come muore un italiano". Poi i due colpi. Un comunicato che non proviene dai sequestratori sostiene che i tre ostaggi saranno uccisi a 48 ore di distanza uno dall’altro se "il governo italiano non obbedirà all’ultimatum". L’ultimatum è contenuto in una cassetta trasmessa da Al Jazeera dove si vedono i quattro italiani sequestrati (Quattrocchi è ancora vivo) seduti a terra col passaporto in mano e guardati a vista da quattro armati. Scorrono le immagini e una voce fuori campo dice: l’Italia si ritiri, Berlusconi chieda scusa per gli insulti rivolti all’Islam (quando il premier, lo scorso autunno, proclamò la superiorità della nostra civiltà su quella islamica). Berlusconi ha risposto che mai come adesso è necessario restare in Iraq. Dall’opposizione diessina e della Margherita sono venute parole di solidarietà al governo. Prodi ha scritto al premier e a Ciampi annunciando che in questo momento si deve restare uniti e, relativamente alla guerra, accantonare le polemiche. Il resto della sinistra non è d’accordo e insiste sul ritiro delle nostre truppe. Sui giornali di quest’area (Liberazione, Manifesto) sono uscite parole assai poco compassionevoli nei riguardi di Quattrocchi e degli altri tre (si chiamano Maurizio Agliana, Umberto Cupertino, Salvatore Stefio). Alla sinistra estrema non è piaciuta la frase con cui Quattrocchi s’è congedato dal mondo (e che ha commosso il resto del Paese) e non piace il mestiere che i quattro facevano, cioè gli addetti alla sicurezza per ditte private americane venute in Iraq per affari. Su questo punto, nel quadro dell’inchiesta obbligata sull’assassinio di un italiano, la Procura di Genova indaga. Finora si sa che Quattrocchi era stato ingaggiato da due reclutatori di professione, Paolo Simeone e Valeria Castellani, una lunga esperienza sui teatri di guerra di tutto il mondo. Simeone ha spiegato che in questo momento in Iraq il mercato della sicurezza ha un valore enorme: la Edinburgh Risk britannica paga anche mille dollari al giorno la scorta in Iraq ai membri del Congresso. Ipotizza che i quattro italiani possano essere stati consegnati ai sequestratori da un taxista: i terroristi - dice - sono capaci di dare 10 mila dollari a chi gli consegna occidentali interessanti. Che l’operazione sia tutta e solo politica - e non anche un affare per lucrare sui riscatti - non si può dire. Che sia davvero mossa dallo sceicco Moqtada al Sadr, leader di una minoranza sciita, non si può dire. Che questo sceicco Moqtada sia davvero avversario del grande capo degli sciiti, l’ayatollah moderato Sistani, non si può dire. Che l’esser moderato in Iraq significhi qualcosa non si può dire. Antonella Agliana, sorella di uno tre ostaggi vivi, ha detto, attraverso gli schermi di Al Jazeera, parole semplici e accorate ai sequestratori ("...anche voi siete genitori e potete capire la nostra angoscia..."). Berlusconi fa capire che ci sono trattative in corso. A Falluja è in atto una tregua.
Rantisi. Gli israeliani hanno ucciso, con due razzi sparati da un elicottero, Abdel Aziz Rantisi, il capo di Hamas succeduto appena un mese fa allo sceicco Yassin, pure lui ucciso dagli israeliani a colpi di razzo. Rantisi viveva nascosto a Gaza e sabato scorso ha detto ai suoi che non ne poteva più del sotterraneo in cui era rintanato. Erano circa le 19.20, lo shabat (il sabato) era appena terminato, Rantisi è salito in macchina con l’intenzione di andare a casa e invece quasi subito un elicottero Apache israeliano ha trasformato l’auto in una palla di fuoco. Esecrazione internazionale, grande agitazione e smarrimento in campo palestinese (il nome del successore di Rantisi sarà tenuto segreto), soddisfazione di Sharon, i cui uomini hanno fatto sapere che Israele ucciderà sempre tutti i capi di Hamas. Due giorni prima Bush aveva benedetto il piano di Sharon relativo al ritiro israeliano da Gaza e al mantenimento di sette insediamenti in Cisgiordania.
Elezioni. In America i sondaggi dànno Bush e Kerry praticamente alla pari, con una lievissima prevalenza di Kerry. L’area degli incerti - che risulterà decisiva - copre in questo momento il 10 per cento dell’elettorato.
Gioiellieri. Martedì 13 aprile, a Milano, all’angolo tra via Ripamonti e via Sibari (periferia sud), il gioielliere Giuseppe Maiocchi, di 53 anni, e suo figlio Rocco, di 27, hanno ucciso con quattro colpi di pistola Mihailo Marcovic, di 21 anni, figlio di una professoressa di Bar in Montenegro. Marcovic aveva preso a martellate la vetrina del negozio e, fatto il buco, arraffato tre orologi. Erano le cinque e mezza del pomeriggio. I due proprietari, che stavano dentro a parlare con dei clienti, sono usciti di corsa con le pistole in pugno e hanno sparato contro il giovane, che s’era rifugiato in macchina e stava abbassato a maneggiare i fili per farla partire. Il ragazzo è stato raggiunto al capo ed è morto due giorni dopo. I gioiellieri - che non avevano il porto d’armi - sono sotto inchiesta per omicidio colposo. Un migliaio di cittadini ha sfilato nel quartiere per difenderli. Sindaco e prefetto di Milano hanno detto che la situazione delle rapine a Milano è nettamente migliorata e non è il caso di lanciare allarmi: cinque sole l’anno scorso, due quest’anno. A Roma, però, tre giorni dopo, è accaduto l’inverso: venerdì scorso, nel quartiere Giardinetti (periferia sud-est), un Andrea Sbaraglia di 27 anni, arrestato in passato unidici volte, che adesso avrebbe dovuto essere in carcere e invece era a piede libero, ha ammazzato a pistolettate Maurizio Notargiacomo di 43 anni, che aveva appena aperto la tabaccheria. Sbaraglia voleva i soldi, Notargiacomo ha esitato. La polizia ha preso l’assassino perché una telecamera ha filmato la scena. Anche qui si è svolta subito una manifestazione spontanea, guidata dal parroco, per chiedere più sicurezza. Il sindaco Veltroni ha promesso che il quartiere sarà presto dotato di un distaccamento di polizia. Il ministro Castelli ha detto che è pronta, e andrà presto in discussione, una legge che allarga il concetto di legittima difesa e farà correre meno rischi penali a chi, trovandosi un malvivente in casa, si difenda sparando.
Tango-Bond. Il gruppo più colpito al mondo dal crac dei bond argentini è quello dei piccoli risparmiatori italiani: 500-600 mila persone, a cui va addebitato il 15,6 per cento di tutta la perdita, per un importo complessivo di 14 miliardi di euro (equivalente all’intero buco Parmalat). Assai piccolo al confronto il danno subito dalle nostre banche: appena 470 milioni. Sembrerebbe, a prima vista, che le banche italiane abbiano velocemente rifilato i bond ai loro clienti, scaricando su di loro il guaio. L’affare scoppiò nel 2001, lo scandalo Cirio era già sui giornali, quello Parmalat no, e insomma i bond-spazzatura sarebbero andati a un pubblico ignaro del rischio che correva, cosa di cui le banche avrebbero potuto appofittare. Si sta pensando di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta. I rappresentanti della Consob e dell’Abi (l’Associazione delle Banche Italiane) sono stati convocati a dar spiegazioni davanti alla Commissione Finanze della Camera.
Porno. Negli Stati Uniti la lavorazione dei film porno è sospesa e non riprenderà fino all’8 giugno: l’attore afro-americano Darren James è risultato sieropositivo durante uno dei test di routine. Fatti i conti, s’è visto che, dall’ultimo test negativo, aveva fatto l’amore con 14 attrici e che queste a loro volta avevano avuto rapporti con altri 35 attori. I set del porno - dove non si adoperano preservativi dato che il pubblico non li gradisce - sarebbero sicurissimi: nessuno può girare se non ha il certificato medico e i controlli si eseguono ogni 15 giorni. Gli attori porno in America sono oggi 1200: nella storia non si ricorda che un morto per Aids, John Holmes nel 1988. John Stagliano è risultato sieropositivo nel 1997, Anne Marie Ballowe, che sta morendo, l’anno scorso. Riccardo Schicchi, il più celebre dei nostri produttori, dice che Darren James è un criminale.
Cuore. Domenica Virzì Pantè, zia di Salvatore Stefio - uno dei quattro italiani sequestrati in Iraq -, vive con il cuore di Marta Russo, che le è stato trapiantato nel maggio del 1997. A Catenanuova (Catania) ha partecipato, lunedì 12 aprile, a una veglia per il nipote.
Valentino Rossi. Anche se non ha più la Honda, ma una teoricamente meno potente Yamaha, Valentino Rossi ha vinto la prima prova del motomondiale a Welkom, in Sudafrica. Dietro di lui Biaggi a soli venti centesimi di secondo. Gara spettacolare, con continui sorpassi e controsorpassi. Il significato della vittoria sarebbe soprattutto questo: il pilota conta più della macchina (Abe, l’altro corridore con la Yamaha, è arrivato nono a 36 secondi).
Maradona. Maradona si trova ricoverato in terapia intensiva nella clinica Suizoargentina di Buenos Aires. S’è sentito male appena finito di mangiare, domenica scorsa. Si tratterebbe di problemi cardiaci dovuti alla dipendenza dalla cocaina. Il suo medico, Alfredo Cae, dice che è il malore è dovuto a un colpo di freddo.

New York Times
Il "New York Times", unico tra i giornali americani (e del mondo), ha nascosto la notizia della morte di Fabrizio Quattrocchi: il 15 aprile il giornale ha aperto con un gran titolo e una foto dedicati a uno yacht di lusso e ha trattato la questione irachena in un articolo di importanza secondaria centrato sulla presenza di inviati iraniani a Baghdad. Qui la tragedia dell’ostaggio italiano (a cui non era dedicato nessun elemento della titolazione) era riassunta in due capoversi piazzati dopo le prime 15 righe, dove si dava soprattutto conto di una dichiarazione del ministro Frattini. Quattrocchi, primo ostaggio occidentale ucciso in Iraq, non era mai nominato. A pagina 8 compare finalmente per due volte il nome della vittima. Ma sempre sbagliato: prima Quattrochi, poi Quatrocchi.

Due immagini
Due (rare) immagini gioiose provenienti dall’Iraq. In alto quella di un soldato della Quarta Divisione di Fanteria in groppa alla statua di un cavallo da cui gli iracheni hanno appena disarcionato Saddam. Purtroppo la foto risale al luglio scorso: la situazione dei 130 mila soldati americani di stanza in Iraq, specie dopo la crepa aperta nella coalizione dalla decisione spagnola di ritirarsi immediatamente, è molto diversa da quella di otto mesi fa. Sotto, la felicità di un iracheno che si è impossessato di un paio di scarpe americane, frutto dell’attacco portato a un convoglio Usa sulla strada di Abu Gharib (lo scorso 9 aprile, a ovest di Baghdad). Le scarpe qui sono un bene molto raro: ai tempi di Saddam nessun paese poteva venderne all’Iraq, dato che facevano parte della lista di mille prodotti sottoposti ad embargo (tra questi non c’erano solo le scarpe, ma anche il lucido da scarpe!). Persino i giocatori della nazionale di calcio devono accontentarsi di un unico paio di scarpe a testa.