Cosina Arturi, Macchina del Tempo, maggio 2004 (n.5), 24 aprile 2004
Il grande momento è arrivato. Sta per aprire i battenti a Londra il Chelsea Flower Show, la mostra internazionale di giardinaggio, fiori e orticoltura che, fra il 24 e il 28 maggio, richiamerà nella capitale britannica il gotha dei professionisti mondiali del verde
Il grande momento è arrivato. Sta per aprire i battenti a Londra il Chelsea Flower Show, la mostra internazionale di giardinaggio, fiori e orticoltura che, fra il 24 e il 28 maggio, richiamerà nella capitale britannica il gotha dei professionisti mondiali del verde. E non solo. Si tratta di una manifestazione che vanta oltre 140 anni di storia, la cui meticolosa organizzazione inizia con 18 mesi di anticipo sull’inaugurazione e dove ogni metro di spazio espositivo è addirittura oggetto di dispute fra vivaisti e progettisti di fama. Nel massimo del suo splendore, come ogni anno, presenzierà all’appuntamento una delle protagoniste più acclamate della stagione: la rosa. In tutte le sue principali (e numerose) varianti, colori e inebrianti effluvi. Galliche, inglesi, antiche; nel corso dei secoli, l’uomo ne ha create 24 mila differenti varietà, che discendono tutte da dodici specie selvatiche. Sono le cosiddette ”rose botaniche”, piante spontanee originarie dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia. I primi incroci sono avvenuti in natura; tra le specie autoctone, e poi con le varietà provenienti dall’Africa settentrionale e dal Medioriente introdotte massicciamente in Europa durante il periodo delle Crociate. Molto più tardi, sarà una donna a cambiare il destino della rosa, aprendo la strada all’ibridazione. Nel 1799, Giuseppina de Beauharnais acquista la Malmaison, residenza di campagna alle porte di Parigi. Grande appassionata di botanica, la futura imperatrice moglie di Napoleone Bonaparte decide di allestire nel giardino della proprietà un favoloso roseto con tutte le varietà di rose conosciute sino a quel momento. «Teniamo presente» spiega Anna Peyron, vivaista e tra i maggiori conoscitori di rose in Italia «che Giuseppina era originaria della Martinica, isola dell’arcipelago delle Piccole Antille, a quell’epoca colonia francese nel mare dei Caraibi. Per questo motivo, aveva conoscenza di rose che in Europa non si erano ancora viste, rifiorenti e dai colori che si discostavano dai soliti bianco, rosa e cremisi comuni sul continente. Giuseppina dà quindi ordine, data la sua posizione sociale e di potere, che una schiera di botanici si rechi in giro per il mondo, con il preciso intento di portare in Francia nuove specie di rose. Naturalmente, il desiderio dell’imperatrice non si discute. «Tanto è vero che, in piene guerre napoleoniche, tutte le navi che trasportavano rose destinate alla Malmaison issavano una bandiera particolare per essere riconosciute e poter continuare indenni la navigazione. La collezione di Giuseppina va sempre più ingrandendosi e nei vivai della maison ha inizio una fase di sperimentazione che conduce alle prime ibridazioni». Da questo momento, nascono e si diffondono in Europa nuove varietà, molto diverse dalla rosa botanica che, prevalentemente, ha fiore semplice e un’unica fioritura. Gli ibridi ottenuti con alcuni tipi di rose gialle provenienti dalla Cina introducono colori nuovi, nei toni albicocca, rosa tendente all’aragosta, rosa salmone e permettono di ottenere la rifiorenza delle piante. «Questi avvenimenti» continua Peyron «sconvolgono in un certo senso tutto il mondo delle rose. La rosa, che prima di Giuseppina era stata coltivata prevalentemente nei giardini dei monaci come pianta officinale, diventa un arbusto da fiore per giardino, un elemento ornamentale a tutti gli effetti». Tutte le rose ottenute da fine Settecento fino ai primi del Novecento vengono definite rose antiche. In seguito si affermano, prevalendo fino agli anni Sessanta del secolo scorso, le cosiddette ”rose moderne”. Caratterizzate da una gamma di colori molto più vasta, da dimensioni del fiore molto più grandi e, soprattutto, dalla possibilità di essere conservate a lungo, le rose moderne inaugurano il mercato dei fiori recisi, che può contare su un prodotto resistente al trasporto e durevole nel tempo. Molte specie antiche sono state salvate dall’estinzione da un vivaista inglese, vera autorità fra gli addetti ai lavori, David Austin, cui si deve l’introduzione delle ”rose inglesi”. Dal 1969, grazie a un paziente lavoro di ricerca, il suo vivaio è stato in grado di riprodurre in queste rose le caratteristiche estetiche e olfattive delle rose antiche, unite alla resistenza e alla rifiorenza di quelle moderne. «Quando cominciammo questa attività, la tecnica elaborata da Austin era in una fase embrionale, e non tutti i tentativi furono coronati dal successo» spiega Michael Marriott, direttore tecnico del vivaio. «Ma, per fortuna, Austin non voleva assolutamente che andassero perdute le migliori caratteristiche delle rose antiche, quel loro grazioso aspetto un po’ sgualcito e il loro fantastico profumo. Oggi, grazie all’impegno profuso nell’impresa, tutte le varietà da noi introdotte sono resistenti, molto profumate, e belle sotto ogni punto di vista». A coloro i quali, da profani, volessero dedicarsi alla coltivazione delle rose, Michael Marriott consiglia di apprezzare questi fiori semplicemente per la loro bellezza. «La gente pensa spesso che coltivare rose sia molto complicato e vi si applica forse troppo seriamente. E, come certamente saprete, non è mai un bene prendere le cose troppo sul serio nella vita. La pianta della rosa è davvero unica nel suo genere. I fiori hanno una serie sorprendente di differenti profumi, una fioritura superba, per un tempo estremamente lungo. Non c’è altra pianta in un giardino che possa competere con la rosa. Il segreto, semplicemente, è trarne piacere per quello che è». Cosina Arturi