Macchina del Tempo, maggio 2004 (n.5), 24 aprile 2004
Washington - Bocca piccola e testa fina. questa l’ultima e più provocatoria tesi avanzata da un’équipe di biologi e chirurghi plastici dell’Università della Pennsylvania e del centro pediatrico di Philadelphia apparsa sulla rivista ”Nature”
Washington - Bocca piccola e testa fina. questa l’ultima e più provocatoria tesi avanzata da un’équipe di biologi e chirurghi plastici dell’Università della Pennsylvania e del centro pediatrico di Philadelphia apparsa sulla rivista ”Nature”. Secondo i ricercatori americani sarebbe infatti una mutazione genetica che 2,4 milioni di anni fa ha modificato la proteina Myh16 (uno dei motori dei muscoli della mandibola) ad aver innescato l’evoluzione dei nostri progenitori Homo habilis. Si sarebbe così arrivati all’uomo moderno, diverso dalle altre specie di primati come gorilla e scimpanzé (a destra le foto di un giovane Homo sapiens e di un gorilla). Tutti gli esseri umani sarebbero portatori di questo difetto genetico, assente invece nei muscoli mandibolari delle scimmie. L’indebolimento della potente muscolatura necessaria per frantumare foglie e altri alimenti molto fibrosi avrebbe permesso al cranio dei nostri progenitori di aumentare di volume, lasciando così spazio a un cervello più grande. L’ipotesi ha attirato l’attenzione di molti scienziati perché la data della mutazione genetica si sovrappone perfettamente a quella dello sviluppo di denti più piccoli, crani più tondi e mandibole più deboli, che restano uno dei tratti che ancor oggi più ci differenziano dalle grandi scimmie (vedi schema). Il cranio dei primati non umani è dotato di grandi mandibole e sulla parte superiore è ben evidente una cresta ossea sulla quale si inseriscono i potenti muscoli addetti alla masticazione. Molti antropologi, però, hanno obiettato che una mutazione genetica non basta per fare un uomo e hanno sottolineato che l’aumento del volume del cranio non è sufficiente per spiegare l’evoluzione della complessità del cervello umano e delle sue funzioni e di almeno altre 250 differenze morfologiche che ci distinguono dagli altri primati.