Varie, 24 aprile 2004
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Spaziani Maria
• Luisa Torino 7 dicembre 1924. Poetessa • «’Era il 1954, mezzo secolo fa. Mi sono ritrovata nello Specchio di Mondadori fra Saba e Ungaretti, io, giovane, femmina e inedita. Avevo mandato - nessuno ci crede, ma è vero - il manoscritto alla casa editrice senza nemmeno una lettera di accompagnamento. E dopo pochi mesi, ecco il contratto [...] Mio padre fabbricava macchine per costruire dolci, e a casa mia, a Torino, di cioccolata ce ne è sempre stata tanta [...] fa bene all´umore. E il buon umore fa bene alla poesia, che ha sempre coinciso con la mia vita [...] quando ricevetti il contratto per quel mio primo libro Le acque del sabato (ero a Parigi con una borsa di studio) ne fui così felice che la parte più interessante la scrissi dopo il contratto, appunto. Io credo di riuscire a creare unità fra la voglia di mordere la vita e un´idea - sempre indispensabile per la poesia - che può coincidere con l´idea di un´altra persona, creando un incontro [...] Tempo fa su un treno, un signore anziano mi riconobbe. Mi disse: ”io so a memoria alcuni suoi versi del ’66”. La poesia sta fra la terapia e la religione, è un modo per guardare in alto, oltre il perimetro delle cose, nel loro significato segreto. Ed è anche la ricerca di sensibilità particolari che possono essere risvegliate anche quando non si sa di averle. Per questo quello sconosciuto mi fece felice. [...] I contratti con Mondadori si sono ripetuti fino a raggiungere 13 titoli. La granitica fedeltà a quest´editore (solo per la poesia, ma è già molto)” [...] La fortunata carriera di Maria Luisa Spaziani si è espansa anche al di fuori della poesia: critica, saggistica, traduzione, teatro. Le acque del sabato fu subito premiato (premio internazionale Byron di Londra), e fu il primo dei 31 premi (fra cui un Viareggio nell´81 per Geometria del disordine) che la scrittrice ha ricevuto nella sua intensa vita letteraria. Ha insegnato per trent´anni letteratura francese a Messina, ”e me li sono goduti. Soprattutto per aver potuto fecondare altre fantasie, altre immaginazioni. Ancora oggi moltissimi ex allievi vengono a trovarmi”. [...] ”Io sono come scissa: da un lato la sacralità della poesia, dall´altro il teatro comico, appunto. In una mia pièce, La vedova Goldoni, ho anche recitato, con Francesca Benedetti, a Lisbona, nel ’97. La vedova Goldoni sta a Parigi da sola nel suo appartamento quando la vicina, una vecchia puttana, le chiede due uova in prestito. Fanno amicizia, e la puttana, esterrefatta, riceve una autentica lezione di erotismo, basata sul fatto - che mi risulta scientificamente provato - che nelle donne può provocarsi un orgasmo anche senza sollecitazioni, sessuali o mistiche o altro. Alla vedova era capitato tre o quattro volte, e non l´aveva mai confessato a nessuno dei suoi infiniti confessori. Lo considerava ”un regalo personale che mi ha fatto Dio”, e ne parla all´altra. Mi piaceva da morire quella parte. Mi tiravo su le gonne, mi grattavo le cosce... Gassman, una volta che vide lo spettacolo, mi disse: ”ma tu hai un mestiere pronto”. Chiesi: ”Quale? L´attrice o ??” [...] Una volta, a Milano, andai a prendere Montale al ’Corriere’. Da buon ligure, era un po´ tirato sui soldi. Mi dice: ’se di tanti ammiratori che incontro, almeno qualcuno, invece di parlare tanto, mi invitasse a pranzo...’. Giù in strada, lo ferma una signora. Dopo i soliti complimenti, aggiunge: ’Ho una pensione, la domenica faccio un pranzo speciale per gli ospiti. Che onore sarebbe se lei venisse...’ Lui ringrazia e io, dopo, gli dico: ’un tuo desiderio è appena stato esaudito. Per gli arabi questo capita una sola volta nella vita. Vacci’. Lui ci va ma fa passare una domenica. Andarci subito gli pareva maleducato. Compra un mazzo di violette (e per lui non era poco) e si presenta. Fuori della porta vede altri signori con violette e fiori vari. Suonano. Apre una giovane in lacrime. ’La mamma è appena morta...’. Io commentai: ’T´avevo detto che capita solo una volta nella vita. Dovevi andarci subito’ [...] Nel ’49, a Torino. Era venuto per una conferenza. Io sapevo a memoria Ossi di seppia ma non volevo conoscerlo, m´avevano detto che era antipatico. Finita la conferenza, mi pregano di restare. ’Vogliamo presentargli delle giovani scrittrici...’. Resto. Ero l´ultima della fila. Lui nemmeno le guardava. Teneva gli occhi bassi, e continuava a ripetere meccanicamente ’piacere, piacere’. Arrivato a me, quasi grida: ’ lei!’ Sì, rispondo, ’le parrà strano ma sono proprio io in persona’. Allora dirigevo una rivista, Il dado. Una piccola cosa, anche se ci scrivevano bei nomi. Lui disse: ’Lei non mi ha mai invitato a collaborare. Sapesse come ho aspettato...’. E io: ’Venga a colazione da me domani’. Accettò. Il pittore Enrico Paolucci disse: ’Eugenio, domani dobbiamo andare dai Camerana...’. E lui: ’Non posso perché sono invitato dalla signorina’. Io torno a casa con le ali ai piedi. Era tardi, i miei genitori erano a letto, ma la luce dalla parte di mia madre era accesa. Le dico: ’Domani viene Montale a pranzo’. In quell´epoca parlavo sempre di Proust. Mia madre disse: ’meno male che Proust è morto’. In seguito, in quei quattordici anni di vita quasi in comune, quando lui veniva dai miei, le ripeteva: ’Signora, Proust è morto, ma io, purtroppo, sono ancora vivo...”" (Laura Lilli, ”la Repubblica” 24/4/2004).