Varie, 23 aprile 2004
ZODERER
ZODERER Joseph Merano (Bolzano) 25 novembre 1935. Scrittore. «Scrittore illuminista e sudtirolese che ama Voltaire e il piacere del dissenso, tanto che nelle sue montagne lo chiamano il ”diavolo rosso”. [...] narratore che da sempre scrive in tedesco e le cui opere sono tradotte in italiano, mettendo al centro delle sue storie la diversità delle lingue e delle culture. Quando i conflitti etnici venivano considerati solo scorie di un passato destinato inevitabilmente a tramontare, Zoderer li raccontava come agenti culturali inossidabili e drammaticamente operanti. [...] ”Mi sento come un autore di lingua tedesca con un passaporto italiano. Scrivo in tedesco ma sono impregnato fino al midollo di cultura italiana. Qualcuno ha detto di me che sono l’autore tedesco più ”meridionale’ e lo scrittore italiano più ”nordico’. Mi piace”. Eppure in tutti i suoi libri mette a confronto identità che si minacciano l’un l’altra. ”Io le chiamerei storie di estraneità. Il dubbio, la ferita sono l’essenza della letteratura moderna. Uno scrittore contemporaneo è un emigrato permanente. Per questo per scrivere un nuovo romanzo emigro in città che non conosco bene, come adesso Lisbona, che racconto come una specie di terra-mito in cui non si approderà mai. Per capire le realtà è necessario uscire dal proprio ambiente. Avevo solo quattro anni quando i miei genitori sono stati costretti dal fascismo ad emigrare e ad abbandonare Merano per Graz, in Stiria. Fuori casa parlavo il dialetto locale ma quando mi chiudevo la porta alle spalle mi sentivo sudtirolese. Avevo tanti amici che non sempre erano tali e quando litigavamo mi chiamavano ”mangiatore di spaghetti’ e mi sputavano addosso. E’ nato così un senso di estraneità e anche di ferita che ha avuto i suoi risvolti positivi alimentando la mia capacità di indagare una situazione ponendomi come un ”estraneo’”» (Mirella Serri, ”La Stampa” 21/4/2004). «[...] Il dolore di uscire dalla pigrizia e aprirsi all’altro: a un’altra lingua, a un’altra cultura: è la vocazione poetica di un autore che scrive romanzi duri e affascinanti come L’italiana, uscito in Germania nell’82, (da noi nell’85), il libro che lo impose all’attenzione internazionale. uno scrittore tedesco con passaporto italiano, situazione abbastanza particolare. uno scrittore di frontiera, che anziché trasferirsi in Austria o in Germania ha deciso di vivere in Sudtirolo, la terra dov’è nato [...] proprio perché questa è la condizione per trovarsi a contatto con le due culture. ”Sono diventato senza volerlo uno specialista dell’estraneità [...] Non cerco mai il lieto fine. Detto questo la mia filosofia di vita è semplice: dobbiamo conoscere e amare le nostre radici ma possiamo e dobbiamo aprirci agli altri. Ogni cambiamento è ”in meglio’, eccezion fatta per la morte. La gente cade nella trappola dell’identità, del richiudersi in se stessa, perché siamo pigri, non vogliamo muoverci. E farlo comporta un dolore [...] L’arte è sempre un confrontarsi con la morte. Il problema è il ”come’. [...] non sarei diventato quello che sono, come scrittore, senza aver vissuto un’esistenza di confine. Per i tedeschi sono ”italiano’, e per gli italiani, ovviamente, un ”crucco’. Questo plasma la mia quotidianità, e per me è positivo: in caso contrario non mi sarei mai ritirato su queste montagne, io che sono un amante delle città, un viaggiatore, un ”urbano’ [...] Dicono che nei miei libri si sente il sapore del Mediterraneo. Ed è vero. E poi perché gesticolo come un napoletano. Al di là degli scherzi, questa è la situazione che mi permette di essere lo scrittore che sono [...] Forse avrei preferito essere nato in Andalusia o in un deserto, perché questa zona è troppo bella: e nel mondo moderno la vera comprensione, il capire, si esercita più sulla tragedia che sulla bellezza idilliaca. Io sono tra i fortunati...” [...]» (Mario Baudino, ”La Stampa” 18/5/2005).