Varie, 23 aprile 2004
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VANUNU Mordechai Marrakech (Marocco) 13 ottobre 1954 • «Il tecnico della centrale atomica di Dimona che nell´ottobre del 1986 rivelò al ”Sunday Times” e, dunque, al mondo, i segreti nucleari d´Israele
VANUNU Mordechai Marrakech (Marocco) 13 ottobre 1954 • «Il tecnico della centrale atomica di Dimona che nell´ottobre del 1986 rivelò al ”Sunday Times” e, dunque, al mondo, i segreti nucleari d´Israele. Non tutti s´intende. Per esempio, Vanunu, pur descrivendo nei minimi dettagli i processi produttivi della ”fattoria” di Dimona, non parlò mai di armi atomiche. Precisò anzi di non averne mai vista una. Ma questo non bastò ad evitarli una condanna a 18 anni di carcere. Una pena applicata in modo rigorosissimo con quasi 12 anni di isolamento dall´esterno, il completo isolamento interno, vale a dire niente contatti con gli altri detenuti, fino alla fine, e la privazione, fino a poco tempo fa, della stessa ora d´aria. Eppure, nonostante Vanunu abbia scontato la sua pena fino all´ultimo giorno; nonostante sia stato osservato, fotografato e registrato giorno e notte senza che mai sia affiorato nulla di così grave da provocare una revisione in peggio del giudizio, c´è chi, negli apparati della Difesa e dell´Interno, considera che [...] rappresenti tuttora un rischio per la sicurezza dello Stato.[...] nato in Marocco da famiglia sefardita s´è convertito da adulto alla religione anglicana» (Alberto Stabile, ”la Repubblica” 22/4/2004). « l’uomo che svelò il segreto di pulcinella: Israele ha l’atomica. Ma, avendo lavorato alla centrale nucleare di Dimona, nel profondo del deserto del Neghev, lui aveva pure le foto e le prove. Il tutto finì sulla prima pagina del ”Sunday Times”, uno scoop di cui il giornalista Peter Hounam non ha mai smesso di essergli riconoscente [...] Anche l’Italia ha avuto la sua parte nella storia della spia che, come da copione di Ian Fleming, si lasciò sedurre da un’altra spia e dalla promessa di un’indimenticabile vacanza romana. Nella città eterna lo aspettavano, con intenzioni poco romantiche, altri agenti del Mossad. Il tecnico chiacchierone fu imbarcato su una nave in partenza per Israele con i suoi angeli custodi, che preferivano evitare spiegazioni alla frontiera. Ma era già troppo tardi: cinque giorni dopo il giornale britannico era in edicola, con tutti i particolari sull’inconfessato armamento israeliano. Vanunu non sparì nel nulla, come avrebbero desiderato i servizi segreti del suo Paese. Vulnerabile al fascino femminile ma astuto, scrisse sul palmo della mano di essere stato ”rapito a Roma il 30 settembre 1986” e la mostrò ai fotografi dietro al finestrino dell’auto che lo portava a trascorrere la prima delle sue 6.413 notti di reclusione. Senza essere riuscito, con queste, a saldare il suo debito con lo Stato israeliano» (Elisabetta Rosaspina, ”Corriere della Sera” 22/4/2004). «Già da tempo il Mossad, quando Vanunu venne catturato, era sulle sue tracce: Vanunu, che aveva cercato di diventare un agente dello Shin Bet nel 1976, lavora a Dimona, e dall’82 lo si considera un tipo sospetto ma si decide di non licenziarlo. Dall’85 Vanunu viaggia per il mondo; nell’85 in Thailandia medita una conversione al buddismo, nell’86 in Australia si converte al cristianesimo. Nell’86 confida a un amico giornalista che ha una intera pellicola di scatti su Dimona: le foto dopo vari rifiuti vengono vedute al ”Sunday Times”. Là una bella fanciulla, Cindy, agente del Mossad (ma secondo Vanunu agente della Cia) lo scova. I suoi capi decidono di rapirlo a Roma e di portarlo in patria per essere processato. Il rapimento avviene nell’ottobre dell’86 a Roma, dove Cindy lo conduce con l’ipotesi di andare a vivere insieme, mentre il ”Sunday Times” pubblica le foto dell’arma segreta israeliana. Vanunu viene condannato a 18 anni, dopo un drammatico rapimento nella capitale (fa il giro del mondo la foto scattata attraverso il finestrino dell’auto, che mostra una mano su cui il sequestrato ha scritto ”mi ha rapito il Mossad”). Durante questo periodo Vanunu ha vissuto quasi sempre in isolamento (’sono barbari ma non sono riusciti a spezzarmi” ha detto), e intorno a lui si è costruito un movimento che ne ha fatto un leader pacifista e un oggetto di amore e ammirazione. Ha anche una coppia di genitori adottivi , Nick e Mary Eolof, di St Paul, Minnesota. Nessuno di loro probabilmente si ricorda che quando Israele distrusse il reattore nucleare di Ozirak in Iraq, l’antinucleare Vanunu protestò contro l’azione del suo Paese, che non gli è mai stato molto simpatico. ”La cosa che più desidererei è andarmene subito” ha detto» (Fiamma Nirenstein, ”La Stampa” 22/4/2004).