Varie, 22 aprile 2004
PETACCO Arrigo
PETACCO Arrigo Castelnuovo Magra (La Spezia) 7 agosto 1929. Storico • «I ragazzi del 44 [...] nel lontano ’65 era stato vittima del conformismo e censurato; vent’anni più tardi, divenne il pretesto per una clamorosa polemica editoriale. [...] Petacco vi descrive i turbamenti del giovanissimo protagonista, suo alter ego, di fronte alle brutalità di una guerra condotta senza esclusione di colpi fra partigiani e fascisti in Lunigiana. Agguati, tradimenti ed esecuzioni sommarie sono accomunati da un termine allora tabù e oggi ampiamente adottato dagli storici non solo revisionisti: “guerra civile”. I passaggi di campo, pro o contro la Repubblica di Salò, sono descritti come spesso furono realmente: scelte occasionali, dettate da slanci, equivoci e circostanze fortuite. Soprattutto non fu perdonata al Petacco di allora, quando presentò alle case editrici il suo romanzo, la scelta di descrivere criticamente la Resistenza. Il protagonista de I ragazzi del ’44 entra a far parte di una formazione partigiana nominalmente cattolica, in realtà egemonizzata dai comunisti, ma resta una velleitaria comparsa sul teatro di guerra. Petacco nella sua nota è esplicito: “il contributo dei partigiani alla guerra di liberazione fu modesto”, mentre venne “oscurato l’apporto, quello sì decisivo, della Quinta armata americana e della Ottava armata britannica”. Ne è passata di acqua sotto i ponti, certo, da quell’anno 1965, quando il giovane Arrigo offrì inutilmente a varie case editrici il dattiloscritto; senza immaginare, allora, che gli inevitabili rifiuti avrebbero bruciato la sua carriera di romanziere, spingendolo però verso il giornalismo e la storia. E gli avrebbero fatto conoscere, oltre a successi clamorosi, anche accuse di revisionismo [...] I Ragazzi ci fanno scoprire un Petacco insolito, narratore e ritrattista, letterato senza riserve. Nei saggi successivi quella vocazione artistica sarà relegata sullo sfondo, sempre però segnalata da una certa tensione stilistica e cura nei dettagli, ambientazioni e colori [...]» (Dario Fertilio, “Corriere della Sera” 10/4/2004).