Varie, 21 aprile 2004
MARINELLA
MARINELLA Maurizio Napoli 31 dicembre 1955. Imprenditore. Delle cravatte. Ha giocato a pallanuoto in serie A • «’L’abbiamo messa al collo a tutti i Presidenti della Repubblica da Enrico De Nicola in poi. E a tutti presidenti degli Stati Uniti a partire da John Kennedy”. La parola ”cravatta” è sottintesa, l’orgoglio esplicito. Ma tradotto in modi e toni pacati, come lo sono i gesti di Maurizio Marinella alle 6.30 del mattino nel sollevare la saracinesca del negozio, un occhio di bottega in Riviera di Chiaia con due piccole vetrine bombate che invitano ad affacciarsi. Il rito si ripete ogni giorno, quando piazza Vittoria lì davanti è ancora silenziosa, perpetuando la tradizione di Eugenio Marinella (fondatore dell’impero e nonno di Maurizio), il cui spirito aleggia in questo scrigno napoletano fin dall’insegna: E. Dentro, in quei 20 mq di negozio, i mobili inglesi e gli arredi sono rimasti gli stessi del 26 giugno 1914, giorno dell’apertura. ”Ho raccolto un testimone importante da mio nonno e da mio padre Luigi. Forse la nostra forza è stata quella di essere rimasti sempre qua dove regna una specie di magia. Il giorno dell’inaugurazione Matilde Serao, nella sua rubrica sul ”Corriere di Napoli’ ”Api, mosconi e vespe’, paragonò questo negozio alla farmacia di paese dove alla sera arrivano i notabili a commentare la giornata. Adesso la chiacchiera della sera s’è persa, ma io questa atmosfera la rinnovo aprendo alle 6.30. Da quel momento fino alle 9 vivo il rapporto coi clienti di mio nonno e mio padre: la gente viene, chiacchiera, poi alla fine qualcuno compera anche una cravatta, ma non è importante. Dopo le 9 la magia finisce: la gente ha fretta, parcheggia la macchina in terza fila, diventiamo un negozio normale” [...] ”ompro i tessuti in Inghilterra, così come facevano mio nonno e mio padre. Per ogni disegno – racconta Maurizio Marinella – acquisto soltanto due tagli standard di 1 metro per 70 centimetri. Servono per realizzare 4 cravatte. In negozio teniamo solo quelle confezionate, ma produciamo anche su misura. In questo caso i clienti scelgono nell’appartamento al piano di sopra. Abbiamo preparato le cravatte per squadre di calcio, per gli azzurri all’Olimpiade di Atlanta, per la federazione monegasca di motonautica, ma soprattutto per squadre di basket. Per Magic Johnson ci vuole il tessuto di tre cravatte standard, quando è venuto in negozio a scegliere abbiamo avuto qualche problema perché la testa si infilava nel lampadario. Anche Kobe Bryant è stato nostro cliente... Piero Ferrari... Liedholm veniva spesso... il grande Napoli: Careca, Giordano, Ferrara... Invece Maradona non l’abbiamo mai visto. Il rapporto con la squadra è sempre stato forte, fin dai tempi di mio padre e del comandante Lauro. A Simoni abbiamo regalato la cravatta col cornetto rosso beneaugurante, piccolo, su fondo blu. La indossa sempre allo stadio [...] Ferrara ha continuato a metterci al collo anche da bianconero. Pure il presidente Franzo Grande Stevens, napoletano, è uno dei più affezionati, ha cominciato ad acquistarle nel – 51... [...] Quando l’avvocato Agnelli mi chiamava era sempre una bella emozione. Mi riceveva nell’ufficio di corso Marconi 10 e mentre sceglieva i tessuti parlavamo di Napoli e di calcio. L’ultima volta che l’ho visto indossava un vestito gessato, ma talmente gessato da risultare importabile per chiunque altro non fosse lui. Assomigliava alla divisa della Juve, eppure Agnelli era elegantissimo. Quella volta mi disse: ’Non ho voglia di scegliere e nemmeno di chiacchierare, scusami. Fammi 12 cravatte nere’. Poco tempo dopo seppi che stava malissimo il nipote Giovanni” [...]. Qualche anno fa ha rifiutato l’offerta di 100 miliardi di lire per la cessione del marchio. ”Arrivarono a 130 miliardi. Avrei dovuto aprire filiali in tutto il mondo e produrre cravatte in serie. Non è nelle nostre corde: noi realizziamo 120 cravatte al giorno. E stiamo qua, vogliamo stare qua, a Napoli. Qui si respira una magia, un’emozione forte. Facciamo nostra una frase di Confucio: ’Scegli un lavoro che ti piace e non lavorerai mai in vita tua’. Dobbiamo ricevere i clienti e loro non devono sentirsi obbligati a comprare. Mi dissero: Ma uno che abita nel New Jersey come fa ad avere una sua cravatta? Tutti hanno un problema: lui sta nel New Jersey e noi a Napoli. Mandiamo 50 cravatte al mese a New York, a Tokio e a Parigi, non una di più. Tre mesi fa mi hanno regalato un negozio in galleria Colonna a Roma. In cambio l’insegna E. Marinella e l’impegno a mantenerla per 10 anni. Bello, bellissimo. Ma in treno, mentre tornavo a casa, ho deciso che no, non potevo. Marinella è in questo negozio che apre alle 6.30 del mattino e fa parlare di una Napoli che lavora, di una Napoli di qualità”. Anche per questo sotto Natale in piazza Vittoria c’è la fila per entrare: ogni quarto d’ora il cameriere del bar accanto esce con sfogliatelle e cioccolata calda. I giapponesi fotografano. Vengono, i turisti e i potenti. Come mostrano, incorniciati sulla parete, i bigliettini di ringraziamento: il principe di Borbone, Vittorio Emanuele, George Bush (’Bush l’abbiamo messo un po’ defilato perché di questi tempi non si sa mai”) , Bill Clinton, Ranieri di Monaco, François Mitterrand. ”Nel ”94, quando Napoli ospitò il G7, mi ritrovai in negozio Clinton in tenuta da jogging che cercava un fazzoletto da taschino da indossare al ricevimento nella Reggia di Caserta. Con lui la scorta americana – in maglietta, calzoncini e certi pistoloni che mettevano paura – e quella napoletana guidata dal questore Malvano, in evidente difficoltà di fiato”. Chiamano, i potenti. Maurizio Marinella mostra divertito un fax. E’ l’invito a Londra per una scelta di cravatte di Faisal Bin Salman, primo figlio maschio del re saudita Faisal. Sono specificati giorno e ora: 23 marzo, ore 11. Con la precisazione che in seguito sarebbe stato comunicato in quale delle residenze londinesi il principe l’avrebbe ricevuto. ”Ne ha scelte una cinquantina. Era partito sul classico con disegni in campo blu, poi si è scatenato con fondi salmone e qualche giallo”. Una cinquantina, non male. Ma lontanissima dalla richiesta-record. – Berlusconi per l’ultimo Natale ne ha ordinate 3600”. Ne ha fatta di strada il bambino, predestinato suo malgrado a continuare la tradizione dei Marinella. ”Ho sofferto molto. A 5-6 anni i miei amici andavano alla villa Comunale a giocare a pallone mentre io, su ordine del nonno, dovevo venire in negozio per respirarne l’aria. Mi spiegava: tu non devi parlare, tu devi dare la mano solo se te la danno. Ho vissuto un conflitto aspro col negozio fino ai 12 anni quando, senza dire che ero figlio di Marinella, ho cominciato a fare le consegne. Le prime mance mi hanno rimesso in pista rispetto agli altri bambini. Poi mi ha insegnato molto lo sport: pallanuoto, anni di serie A col Posillipo. Mi ha aiutato a combattere, a non darmi mai vinto, a sacrificarmi per un obiettivo. E quell’allenamento resta anche oggi. A me non è mai stata data la possibilità di pensare a una cosa diversa dal negozio. Ho un figlio di 9 anni, sicuramente non gli imporrò questo lavoro, però mi farebbe piacere se continuasse perché gli lascio un bel biglietto da visita e un bel cognome conosciuto nel mondo”. E l’amore per una Napoli di qualità, come la chiama lui. Una Napoli lontana dalla faccia facile della città caciarona dell’arrangiamoci. L’orgoglio di vivere nel posto dove si vuole vivere. Di pensare in grande restando piccoli. Di mantenere le radici nella buona terra» (’La Gazzetta dello Sport” 15/4/2004).