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 2004  aprile 21 Mercoledì calendario

Manzano Jesus

• Nato a Madrid (Spagna) il 12 maggio 1978. Ciclista. «Con le sue rivelazioni sul doping nel ciclismo al quotidiano sportivo iberico ”As” e sulla sua personale esperienza aveva fatto scoppiare un caso clamoroso e alimentato tante polemiche [...] Le tappe di questa ”confessione” partono da un mese e mezzo prima del Giro d´Italia del 2001, quando Manzano sarebbe stato sottoposto a iniezioni sottocutanee (all´addome per non lasciare segni visibili) di Eprex (eritropoietina) cui sarebbe seguita l´assunzione di un ormone femminile prima delle tappe in pianura e di un altro farmaco prima di quelle di montagna. ”I medici - ha messo a verbale il ciclista - facevano piani di assunzione dei farmaci e programmi di terapia da svolgere sotto il loro controllo”. Doping organizzato, dunque, di squadra. L´anno successivo, poi, ecco anche il nandrolone, somministrato prima del Giro non per via intramuscolare (’Così lo prendevano i calciatori, che però venivano scoperti ai controlli”), ma per bocca. Un prodotto proibito, ma di facile uso nella pratica, visto che il limite di tolleranza nel ciclismo è di ben 5 nanogrammi (solo 2 per il calcio e il Cio). All´elenco dei farmaci Manzano ha aggiunto anche le vecchie pratiche come l´autoemotrasfusione (proibita ma non rilevabile ai test) che il ciclista avrebbe detto di aver cominciato con alcuni compagni di squadra. Lo spagnolo ha poi raccontato che tutte le sere, dopo le gare, gli sarebbero state praticate quattro iniezioni ”per il recupero fisico”. Dopo cena il medico si presentava in camera e misurava il livello di ematocrito (la percentuale dei globuli rossi)e: ”Se non era superiore a 46% - 47%, mi dava ancora un po´ di Epo russa”. Il ciclista spagnolo ha anche parlato di una ”polvere bianca” che veniva preparata prima delle tappe in montagna: una sostanza che ”addormentava” la bocca e la gola e faceva addirittura cambiare il tono di voce, ”Ma quando eri sulla bici sembrava di volare”. Manzano ha ricordato anche le due occasioni in ci ha rischiato di morire: al Tour de France del 2003, quando svenne dopo la somministrazione di un nuovo tipo di farmaco. E, successivamente, dopo una ulteriore trasfusione di sangue. Dal suo "diario" è emersa una fitta rete di rapporti: fornitori, "pusher", "amici" condiscendenti, un universo insomma, che ruota e opera attorno al doping» (Erika Petromilli, ”la Repubblica” 7/4/2004).