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 2004  aprile 21 Mercoledì calendario

Lowen Alexander

• New York (Stati Uniti) 23 dicembre 1910, 28 ottobre 2008 • «Il fondatore dell’analisi bioenergetica [...] Bioenergetica s’intitola uno dei suoi libri di maggiore successo, uscito in America nel 1975 [...] è stato allievo di Wilhelm Reich, di un genio per molti versi, ma dalla personalità disturbata se nella parte finale della sua vita identificava sé stesso con un messia e l’energia sessuale con Dio. [...] È nell’autunno del ’40 che Lowen s’iscrive a un corso tenuto da Reich sull’analisi del carattere, e più precisamente sul legame tra la tensione muscolare cronica - definita body armor, armatura corporea - e la personalità nevrotica. Sono teorie nuove, eterodosse rispetto all’impalcatura complessiva del pensiero freudiano, e Lowen ne è così affascinato da intraprendere una terapia con Reich che durerà tre anni, dal ’42 al ’45. I rapporti tra i due, mai davvero stretti e mai apertamente conflittuali, non saranno comunque destinati a un lungo idillio intellettuale: mentre Reich si allontana dall’analisi del carattere, preso dai suoi esperimenti sull’"orgone", Lowen prende le distanze dal suo antico mentore, si laurea in medicina a Ginevra, continua la sua formazione personale e nel 1956 fonda l’International Institute for Bioenergetic Analysis di New York. [...] “Gli devo molto. E’ stato il mio maestro e il mio terapeuta. Non il solo, ma non sarei dove sono oggi, se non ci fosse stato lui? Alla fine della sua vita, non ci stava più tanto con la testa, su questo non c’è dubbio. Ma succede ai geni, e secondo me anche oggi ci vorrebbe un pazzo per vedere la follia della nostra cultura [...] Reich rimane il punto di partenza, ma fondamentalmente la mia terapia è stato un viaggio di autoscoperta: ho sviluppato l’analisi bioenergetica per applicarla a me stesso prima che ai miei pazienti. In fondo i problemi che avvertivo non erano così diversi da quelli di tanti altri? [...] progressivamente mi sono sentito sempre più in pace con me stesso [...] Per me, stare bene vuol dire soprattutto avere un senso di vitalità e di allegria nel corpo, sentirsi a proprio agio. Ma per ottenere un risultato del genere, occorre un lavoro molto lungo, e a volte non basta l’intera vita”. La clinica bioenergetica ha la caratteristica di non basarsi esclusivamente sulla parola, ma di coinvolgere il corpo. [...] “La nostra è una terapia che ha la componente analitica verbale e il lavoro corporeo, e tende ad armonizzarli. Il terapeuta, per certi aspetti, rappresenta il sostituto di un genitore. Si può essere dei bravi genitori se si ha paura di toccare i propri figli? Io non lo credo, ma si può essere pessimi genitori, estremamente distruttivi, se toccare i figli assume connotazioni sessuali? Ecco, il terapeuta che non sa controllare il modo in cui tocca un paziente non dovrebbe mai farlo. Se i pazienti possono fidarsi di te, allora il contatto fisico non è una violazione della fiducia, se invece non possono fidarsi di te, non li toccare! [...] ci vuole metà della vita per imparare come si fa la bioenergetica: non sono consentite improvvisazioni. Servono diverse esperienze che si acquisiscono lentamente, innanzitutto con il lavoro davvero interminabile su sé stessi, sui propri problemi. In ogni caso, non potrei mai convincere i miei detrattori, perché in realtà nelle loro critiche proiettano un’ansia profonda, procurata dall’idea stessa del contatto fisico [...] Per quanto mi riguarda, è importante parlare poco, quanto basta per capirsi, e concentrare gli sforzi sugli esercizi fisici, a cominciare dal modo in cui il paziente respira. È fondamentale che lo faccia correttamente, per il rapporto strettissimo che esiste tra le inibizioni psichiche e l’insufficienza delle funzioni respiratorie. Un paziente può raccontarmi la sua storia per anni, parlare a lungo delle sue difficoltà emotive, ma non è detto che comprenda mai quali siano realmente queste sue difficoltà, né che sia io a comprenderle, questo è il punto[...] Quando viene da me, il paziente parla, e intanto io lo studio. Cerco di localizzare i suoi problemi guardando i suoi occhi, il viso, le spalle, o anche i piedi, il modo in cui stabiliscono il legame col suolo, con la terra, quella che noi chiamiamo grounding che è la base stessa della vita, come le radici per l’albero [...] La nostra cultura non ci ha reso né più sani né più felici, e comunque se fosse possibile cambiare profondamente le persone con le parole, lo farei senz’altro, ma ho visto che le parole non bastano a trasformare le persone. Se stai male, puoi parlare quanto vuoi, ma è il tuo corpo che dovrà cambiare, con un lavoro che richiede molto, molto tempo. Solo se la tua energi [...] L’unico modo immediato che abbiamo per superare gli eventi tragici della vita è piangere, esprimere il sentimento della sofferenza, liberare la tensione che è in noi, aumentando l’energia del nostro corpo [...] è stato difficilissimo elaborare la perdita di mia moglie, capire che non le avevo dato abbastanza amore e sostegno durante il nostro matrimonio. Il dolore permane, ma nello stesso tempo oggi mi sento più consapevole e riesco a lavorare meglio su di me, sui miei sentimenti”» (Luciana Sica, “la Repubblica” 9/4/2004).