Varie, 21 aprile 2004
Tags : Jamie Cullum
Cullum Jamie
• Essex (Gran Bretagna) 20 agosto 1979. Pianista jazz • «Enfant-prodige del nuovo jazz e titolare di uno dei più ricchi contratti discografici del mondo (unmilione di sterline per l’album d’esordio non è mai stato investito per un artista jazz) Jamie, pur essendo alto un metro e cinquanta, è un gigante [...] capace di infrangere qualsiasi record per un jazzista [...] Cullum, che arriva dalla più normale middle class inglese, fin dai nove anni, come lo Shroeder dei Peanuts, si è piegato sulla pianola ricevuta in regalo a Natale, cominciando a pestare sui tasti bianchi e neri. ”Cercavo - racconta - di tirarne fuori delle note che potessero stare insieme l’una dopo l’altra ma...non andava. Un giorno ho capito che oltre a studiare la musica dovevo creare un mio stile”.La canzone con la quale il ragazzo si è fatto largo sul mercato è una cover di quella Wind cries Mary scritta da Jimi Hendrix parecchi anni fa e da lui considerata uno dei pezzi più belli di sempre. ”Non ho scelto a caso - spiega - Non crediate che sia cresciuto ascoltando jazz e swing ventiquattro ore al giorno. Il pop, l’hip-hop, il rock, la house sono stati i generi che ho vissuto in prima persona e quando è stato il tempo giusto ho voluto mischiare quelle vibrazioni al nuovo jazz [...] Quello che sto facendo è portare un tipo di musica diversa nella cultura pop anche se so che spaventa la comunità jazz più anziana” [...] Jamie percuote l’interno e l’esterno del pianoforte come fosse una batteria, suona coi piedi con le mani, ruba le bacchette al batterista e si mette a pestare sui tamburi» (’La Stampa” 21/4/2004). «’La moda dello swing? Non so proprio cosa dirne: io amo il rock e il pop. Robbie Williams? Lo preferivo quando cantava il pop. Frank Sinatra? Ascolto solo i suoi lavori giovanili”.Jamie Cullum [...] è un concentrato di energia; un furetto che prende a calci il pianoforte, che si rotola sul palco, che percuote ogni oggetto pur di cavarne un suono. ”Lo facevo anche a scuola, tamburellavo in continuazione sul banco e i miei insegnanti se ne lamentavano nelle note per i miei genitori”.Il suo approccio al jazz potrebbe essere interpretato come una furia iconoclasta, tale è la libertà che Cullum si prende rispetto agli originali: ” questo il motivo per il quale ho scelto di esibirmi come solista: da solo posso scegliere tutti i generi di musica che voglio, il jazz degli anni Quaranta accanto alle canzoni dei Radiohead o di Jeff Buckley”.E ogni volta li rilegge con capacità e stile. Piccolino di statura [...] una voce di grande timbro ma con poche sfumature, piuttosto ferma nei toni bassi e spesso oltre misura in quelli alti, quasi senza loudness rispetto a quella ascoltata nel disco Twentysomething. Ma Cullum ha una grande capacità di attraversare la storia del jazz, da Cole Porter a Gershwin, e allo stesso tempo di rileggere un brano di Jimi Hendrix trasformandolo in un suggestivo affresco jazz-blues. [...] ” dura per me essere ogni volta paragonato a Bublè: è un mio amico, non posso parlarne male. Ma prima di questo disco io ne avevo realizzati altri due da indipendente, pagandomeli da solo. Quando sono stato messo sotto contratto, a Londra ero già in attività da tre anni: suonavo nei locali, nei pub, nelle feste di matrimonio, ovunque, e ho continuato anche dopo. Forse qualcuno dell’Universal mi ha sentito e ha apprezzato la mia musica [...] Non sono il primo giovane ad avere successo. Britney Spears, che è una delle mie artiste preferite con Beyoncè, l’ha avuto a 16 anni. Al contrario, direi che mi è facile perché la musica è sempre stata al centro dei miei interessi [...] Ascolto la buona musica: è una generalizzazione ma assolutamente vera. Ascolto il jazz ma i dischi che compro sono rock, pop, dance, hip hop. E amo suonare il jazz perché è come una piattaforma sulla quale puoi portare tutte queste influenze diverse”» (Carlo Moretti, ”la Repubblica” 22/4/2004).