Varie, 20 aprile 2004
IAQUINTA
IAQUINTA Vincenzo Crotone 21 novembre 1979. Calciatore. Campione del mondo 2006 (in gol contro il Ghana). Dal 2007/2008 alla Juventus. Prima giocava nell’Udinese • «[...] sbucato da una gavetta fra Reggiolo e Castel di Sangro fu inserito nella lista delle sorprese venute dal Sud America. Persino il sito dell’Udinese ogni tanto si confondeva e scriveva ”Jacquinta”. Poi un giorno il lungagnone calabrese ha deciso di far capire a tutti chi era: campionato 2002-2003, Udinese-Empoli, rigore decisivo al novantesimo, Iaquinta ruba la palla a Pizarro e la piazza sul dischetto. La curva mugola perché non ha ancora confidenza con ”il tucano” (nomignolo appioppato dai compagni causa naso a becco), lui non li guarda nemmeno segna ed esulta. Il nome di Iaquinta è scolpito lì e da quel gol hanno imparato tutto. Sanno che a Catanzaro ci è solo nato perché è cresciuto in Emilia, che a quattordici anni piangeva confinato a Rimini lontano da mamma e papà, che allora pensava che il calcio da girovaghi non fosse affare suo e invece tre anni dopo è diventato professionista con il Padova. [...] abituato a prendersi quel che vuole senza aspettare. Anche sua moglie l’ha scelta così, al volo. Erano fermi in un Autogrill a fare benzina e non si erano mai visti prima, lui ha sorriso, Arianna ha risposto e via all’attacco. Si è preso numero di telefono e promesse per la vita. Solo uno dei tanti raptus: nel 2001, partita contro il Perugia, l’Udinese è sotto 3-0, rimonta e Paparesta assegna un rigore che diventerà il 3-3. ”Non sono riuscito a trattenermi, l’ho preso in braccio”. [...]» (Giulia Zonca, ”La Stampa” 21/1/2005). «’Il primo a credere in me è stato mio padre: pur di farmi allenare, non mi voleva nemmeno mandare a scuola. Che litigi, con la mamma, ma spesso la spuntava lui...”. Sono passati circa quindici anni, da quei battibecchi fra papà Giuseppe e mamma Vittoria. – ra la più assatanata, quella che guai a chi mi sfiora in campo, provate un po’ a indovinare chi è”. Parole del figlio, Vincenzo. Famiglia Iaquinta. Un buon giocatore di calcio nasce anche così. Quando un genitore fa di tutto per farlo diventare tale. Papà Giuseppe ce l’ha fatta. [...] il Brescia [...] ai lombardi ha segnato anche il primo gol nella massima serie. Era il 1? ottobre 2000 ed era la sua prima partita di A, dopo due stagioni trascorse in C1 nel Castel di Sangro. Storia che si ripete. Scavando ancora un po’ a ritroso nel tempo, viene infatti a galla un exploit altrettanto degno di nota. Forse di più. L’8 febbraio 1998, Vincenzo infilzò il Toro, regalando al Padova la vittoria, e a se stesso la prima rete in serie B. Anche quella volta era al battesimo in categoria. E appena qualche mese prima sgomitava fra i dilettanti emiliani, nel Reggiolo. Salti da vertigini. Torricelli docet, o quasi. Favola? Miracolo? Nulla di tutto ciò. Come spesso avviene in questi casi, basta buon fiuto. Quello dell’allora d. s. del Padova, Piero Aggradi, che lo scovò nei meandri del Cnd durante un Reggiolo-Trento. Vincenzo, poi, ci ha ovviamente messo del suo. Per lui, calabrese di Crotone ”solo per volontà dei miei, che vivevano a Reggiolo ma volevano farmi nascere giù e mi hanno portato in Emilia dopo due mesi di vita”, le mezze misure, almeno in campo, non esistono. Con Iaquinta il pallone o finisce in curva, oppure va a ”togliere la ragnatela” sotto il sette. Prendere o lasciare. Non fa parte di quei giocatori che tutto sommato stan bene in campo con qualsiasi tempo. No, o te ne innamori accettandone le conseguenze, oppure non riesci a digerirlo. Questo ragazzone che aveva in camera il poster di Van Basten e si ispira a Vieri è migliorato nella tecnica, come spiega lui stesso: – Mi rendo conto di aver fatto molti progressi, e questo grazie a Spalletti, che mi sta facendo svolgere un lavoro mirato”. Tradotto: una parte di allenamento è sempre dedicata ai ”fondamentali”. Venti minuti, mezz’ora passata a stoppare e dare di piattone da pochi metri. Succede anche in serie A, certo, non c’è nulla di che scandalizzarsi. ”Mi sto accorgendo che devo migliorare nelle cose semplici, perché quelle più complicate mi vengono quasi naturali”. [...] ”La mia migliore caratteristica è la statura abbinata alla velocità, cosa abbastanza difficile da trovare. Poi, sono abile con la palla e in campo so svariare”. [...] ”Mi sono dato due anni per arrivare al top, per la completa maturazione. Sento di poter essere un attaccante da 15 gol a stagione, e di poter ambire a un grande club. Non ho particolari preferenze, diciamo però che da piccolo facevo il tifo per il Milan...”» (Marco Pasotto, ”La Gazzetta dello Sport” 7/4/2004).