Aldo Carboni, Il Sole-24 Ore 18/4/2004, pag. 7., 18 aprile 2004
«Un indigeno di Antigua ebbe un’idea fulminante, andò dal suo re e gli disse: "Signore, dammi viveri e una piroga, sono sicuro, al di là dell’oceano c’è un grande continente"
«Un indigeno di Antigua ebbe un’idea fulminante, andò dal suo re e gli disse: "Signore, dammi viveri e una piroga, sono sicuro, al di là dell’oceano c’è un grande continente". Il re lo guardò come si guarda un matto; ma in fondo chiedeva poco, glielo diede. L’indigeno remò, dieci lunghissimi anni, finché non vide terra, approdò: era il porto di Palos, in Spagna. Aveva scoperto l’Europa. Ma l’entusiasmo durò poco; gli europei erano gente rudimentale, pieni di pregiudizi: gli toccò anche smettere di girare nudo. Gli venne in mente il suo Paese, gli usi e i costumi; insomma, ebbe nostalgia della civiltà. Ma rifarsi l’oceano a remi, due palle. Con una raccomandazione si fece ricevere da Isabella di Castiglia, la convinse che dall’altra parte del mare c’era un continente da scoprire. Gli bastavano tre caravelle. In fondo, era poco: gliele dette. L’indigeno fece un inchino, rinculò, stava per uscire. "Tu - gli gridò la regina - come ti chiami?". "Cristoforo Colombo", rispose col primo nome che gli venne in mente, a caso. La stessa sera partì. Era il 3 agosto 1492 (paradosso di Achille Campanile raccontato da Diego Cugia).