varie, 19 aprile 2004
CAMBER
CAMBER Irene Trieste 12 febbraio 1926. Ex campionessa della scherma. Medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1952 (Helsinki) • «Quando vinse le Olimpiadi di Helsinki nel fioretto, tutti dissero, compreso Edoardo Mangiarotti, che era stata una vittoria a sorpresa, inaspettata. Eppure era alla seconda Olimpiade, reduce da importanti vittorie nei mesi precedenti i Giochi, comprese delle vittorie contro la grande Ilona Elek, ungherese, la trionfatrice di Berlino ”36 e poi di Londra ”48. ”La realtà è che la federazione non aveva interesse per la scherma femminile, tanto più che a quei tempi non c’era neanche la gara a squadre. Noi non contavamo niente, invece un argento tra gli uomini era vissuto come una disfatta”. Ma da quei commenti sbrigativi è nata comunque una leggenda, che la Camber fosse apparsa dal nulla e nel nulla fosse ripiombata. Quarant’anni prima delle invincibili Trillini e compagne. ”Ho cominciato a fare scherma a 8 anni nel ”34, a Trieste, anche se non è che mi piacesse molto. Durante la guerra mi dovetti fermare, ne approfittai per diplomarmi in pianoforte: poi nel dopoguerra fui la prima donna a laurearmi in chimica industriale. Nel frattempo avevo ripreso a tirare, e partecipai già ai Giochi di Londra, eliminata in un incontro in cui la giurata era una danese che avevo eliminato io in precedenza. Ma non mi lamentai, non mi sono mai lamentata. E poi, a dire la verità, io non sono mai stata una grande agonista”. I Giochi di Helsinki erano ancora nello spirito delle origini. ”Giochi spartani. Fu la prima volta dei russi: alla cerimonia inaugurale entrarono allo stadio e si fece un silenzio di tomba. Durante la guerra la Finlandia li aveva avuti come invasori. Il nostro campo di gare era fuori Helsinki, in un campo da tennis ricoperto, sotto delle luci che ci ubriacavano. Io seguivo gli assalti, prendevo appunti sulla scherma delle mie avversarie. In mattinata ho superato senza difficoltà i primi turni, mentre le mie compagne venivano eliminate. A mezzogiorno ho chiesto alla mensa una bistecca: non me l’hanno dato, mi hanno risposto che erano contate e che spettavano non ricordo a chi. Allora ho mangiato un uovo e una mela”. Superate anche le semifinali, si ritrovò tra le prime otto. «Guardai il tabellone delle semifinaliste e mi dissi: il quarto posto lo posso fare. Si tirava con il girone all’italiana. Cominciai con due vittorie brillantissime, poi mi ritrovai con due americane dalle braccia lunghissime, Mitchell e Lee York, e ho perso con entrambe. Medaglia d’oro buttata, pensai tra di me. Ma poi batto l’ungherese Kovacs”. Succede anche che la favorita, la Elek, che a 45 anni cercava il terzo oro in dodici anni, perda con la Mitchell. Irene riagguanta la lotta per l’oro battendo proprio la Elek per 4-2. Un barrage tra loro due assegnerà il primo posto, un altro a quattro il bronzo. ”Ero calmissima mentre lei era più nervosa, conosceva la mia forza. Però riuscì subito a mettere dentro due stoccate. A quel punto mi dico: seconda sì, ma non con un cappotto. Cambio gioco, pareggio, ma poi subito dopo lei mette il 3-2. Io riesco di nuovo a fare 3-3, si vinceva al 4. Ricordo il silenzio intorno, le luci che mi davano fastidio. Ripensai a una cosa che mi diceva mio padre che era morto in Albania: sei tu che devi risolvere il tuo problema”. E’ questo il momento di trovare la soluzione al problema. ”Accennai un attacco e la Elek parò. Ripetei lo stesso attacco e lei parò con lo stesso gesto. Io stavo traccheggiando ma mi resi conto che lei rispondeva in modo meccanico, senza grande attenzione. E allora entrai decisa: feci un coupè e le entrai nella pancia”. Il trionfo della non-agonista. La vecchia campionessa non attese neanche il verdetto del giudice. ”Si tolse subito la maschera e mi fece le congratulazioni. Da li nacque la nostra amicizia. Era una donna di un’intelligenza straordinaria. In passato si era allenata anche a Livorno in sala Nadi. Era ebrea ma non le ho mai chiesto come abbia fatto a scampare allo sterminio. Devo a lei se sono entrata nella Federazione internazionale. Gli italiani non mi hanno mai considerato. Aveva anche composto l’inno degli schermidori ungheresi. Noi schermitrici allora eravamo più avanti del resto delle donne”. Come premio, Irene chiese di poter restare fino alla fine dei Giochi. ”Ricordo la smorfia di Zatopek mentre vinceva i 10mila”. Era stata la seconda medaglia d’oro dello sport italiano dopo la vittoria di Ondina Valla negli 80hs a Berlino. ”Arrivai a Trieste con la corriera da Venezia, volevano essere sicuri dell’orario preciso, le 16,45. Fui portata per Corso Italia su una macchina scoperta, ci seguivano le macchine e 300 lambrette. Fu la vittoria di una città. Era l’emozione del momento”. Trieste sarebbe tornata all’Italia due anni dopo. Irene avrebbe saltato Melbourne ”56 per una gravidanza, ma poi fu bronzo a squadre a Roma ”60, quarta a squadre nel ”64. La federazione voleva che tirasse anche a Città del Messico ma non ne aveva più voglia. Non male come carriera per una improvvisata» (Corrado Sannucci, ”la Repubblica” 9/4/2004).