Varie, 18 aprile 2004
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DHORASOO Vikash Harfleur (Francia) 10 ottobre 1973. Calciatore. Nel 2004/2005 al Milan. A vent’anni a Le Havre, club con il quale ha esordito nella prima serie francese l’11 agosto 1993 (Le Havre-Saint Etienne 0-0)
DHORASOO Vikash Harfleur (Francia) 10 ottobre 1973. Calciatore. Nel 2004/2005 al Milan. A vent’anni a Le Havre, club con il quale ha esordito nella prima serie francese l’11 agosto 1993 (Le Havre-Saint Etienne 0-0). Nel 1998 venne ingaggiato dal Lione, che nel 2001-2002 lo mandò in prestito al Bordeaux. Ha vinto una coppa di Lega (una l’aveva già vinta con il Lione) con i girondini, e un titolo di campione di Francia con il Lione, che lo riportò a casa l’anno successivo. Con i bleus non ha avuto grande fortuna. «Nessun soprannome, perché è uno troppo stiloso già così. Nato a Le Havre da genitori delle Mauritius, diplomato, studi universitari in scienze economiche, appassionato di matematica, buon lettore di libri, buon ascoltatore di reggae e trip-hop, chitarrista dilettante, frequentatore di ottimi ristoranti, allergico alla televisione (in Francia non aveva sintonizzato neppure Tf1 sull’apparecchio, guardava solo Arte) [...] Ha dichiarato, più o meno: «Non vedo l’ora di smettere di fare il calciatore, così potrò fare quello che veramente voglio, lo scrittore». Poi è sparito. Letteralmente. All’’Equipe”, che ha fatto pure un’inchiesta su questo, la milanologa della ”Gazzetta” spiegò che Dhorasoo ”non si era mai voluto far intervistare, né in francese e né in inglese”. In effetti l’eccentrico giocatore non rispose neppure all’’Equipe”, che aveva cercato il suo parere. Calciatore diverso, silenzioso, poco incline a far spogliatoio - il mensile superfichetto ”Technikart” lo ha messo in una lista di nuovi alternativi, novos alternos - Dhorasoo ha pure dovuto pagare qualcosa per questo. Nel 2001, quando era al Lyon, un pesante litigio pubblico con l’allenatore Jacques Santini e il portiere Gregory Coupet si concluse con un anno di esilio al Bordeaux e l’eliminazione pressochè permamente dalla nazionale guidata dallo stesso Santini (ma si disse anche che c’entrava un doppio tunnel infilato in allenamento a Leboeuf...). Dhorasoo si supera a sinistra quando nelle interviste pretende di parlare solo di calcio. ”Differente? - disse una volta all’’Humanitè” - Io non mi sento differente”. In una chat su internet, un anonimo tifoso centrò il problema: ”Sembra sempre che prendi in giro tutti, nelle interviste”. E lui: ”Per forza, mi fanno solo domande sceme”. [...] uno che chiamavano ”piccolo Maradona”, per la statura e il buon bagaglio tecnico. Scuola minimalista, gran geometria. Detta in covercianese: ”Salta l’uomo, fa la differenza a centrocampo”» (Alberto Piccinini, ”il manifesto” 24/11/2004). Era il «più enigmatico tra i calciatori della Ligue 1, considerato un intellettuale e, soprattutto, un individualista. Dhorasoo è un personaggio atipico. Ama il cinema e la musica - suona la chitarra - e mette la lettura al primo posto tra i suoi hobby. Dopo il diploma, ha seguito un corso di scienze economiche all’università perché gli piace l’idea di diventare procuratore, anche se non esclude una futuro da scrittore. Arrivato a Lione nel 1998, per 4,9 milioni di euro, dopo essersi messo in luce nel Le Havre, Dhorasoo non ha avuto vita facile con Jacques Santini che nell’agosto del 2001, per evitare di sfaldare il gruppo, preferì spedirlo, in prestito, a Bordeaux. Il centrocampista non si scompose e rispose trascinando i nuovi compagni di squadra alla conquista della coppa di Lega, mentre il Lione si laureava per la prima volta campione di Francia. Partito Santini, chiamato a rimettere in piedi la nazionale uscita con le ossa rotte dal mondiale asiatico, Dhorasoo è rientrato a Lione l’anno dopo, conquistando la fiducia di Paul Le Guen, succeduto a Santini, e vendicando l’annata di punizione con una stagione strepitosa, culminata con la conquista del secondo titolo. [...] Amato dai tifosi, Dhorasoo non è un animale da spogliatoio. Questa reputazione gli ha impedito di entrare nel giro della nazionale [...] Esordì con i bleus il 27 marzo 1999, entrando a fine partita nel pareggio (0-0) contro l’Ucraina. Il 9 giugno dello stesso anno, Dhorasoo cedette il posto a Pires dopo un’ora di gioco, nella partita vittoriosa contro Andorra (0-1)» (Alessandro Grandesso, ”La Gazzetta dello Sport” 16/4/2004). «’I cantieri navali di Le Havre, agli inizi degli anni Settanta, cercavano manodopera sull’Isola di Mauritius. Per un mauriziano, l’Europa, il mondo occidentale, erano un’attrazione irresistibile”. Papà Dhorasoo accettò e oggi dobbiamo a lui la presenza a Milanello di un francese (è nato a Harfleur, in Normandia) di origini mauriziane (’Tutti i miei parenti vivono là: loro mi parlano in dialetto telegu e io rispondo in francese”) con sangue indiano nelle vene: ”La mia famiglia è originaria dell’Andhra Pradesh, una regione che si affaccia sul Golfo del Bengala: alla fine del XIX secolo i Dhorasoo si trasferirono a Mauritius per coltivare la canna da zucchero”. [...] Il padre è stato presidente di un club mauriziano, il calcio, insieme al curry (’Lo metterei dovunque, adoro preparare piatti indiani: quando cucino non penso a niente”), è entrato in casa quando Vikash era un bambino: ”Il mio ricordo più antico risale a un doposcuola con la palla tra i piedi”. un brevilineo, un peso leggero in un centrocampo di poeti e muscolari. Velocità e tecnica sono le sue armi: ”Piuttosto che passare una merda a un compagno, preferisco fare un tocco in più e passare un buon pallone” disse [...] all’’Equipe”. [...] ”se penso alla strada che ho percorso da quando ero bambino mi stupisco io stesso. Certo mi piacerebbe giocare di più, ma se guardo il quadro d’insieme della mia carriera, allora penso che sono obbligato ad essere felice”. Il mix di culture nel quale è cresciuto (’Ma io sono e mi sento francese” sottolinea), gli ha regalato una libertà di pensiero rara nel mondo del calcio. Da ragazzo, quando frequentava il liceo scientifico, ha manifestato per i sans-papiers. Oggi dice che ammira tanto Gandhi ”che ha liberato l’India senza ricorrere alla violenza” e che il razzismo va combattuto alzando la voce: ”Mi piace chi è attivo, chi fa seguire alle parole i fatti. Mi piacciono gli uomini d’azione, quelli che s’impegnano per cambiare le cose”. Ha vissuto il problema della discriminazione razziale sulla sua pelle, in Francia, quando era un adolescente: ”A scuola, in discoteca... Ma poi sono cresciuto e, nel mio piccolo, sono diventato un po’ famoso. E quando il tuo nome comincia a girare, quando non sei più uno qualsiasi, allora le differenze si annullano e non sei più né nero, né bianco, né blu...”.
Ignorato da Lemerre e Santini, i selezionatori della nazionale francese, Vikash è tornato in squadra grazie a Domenech, senza spiegarsi un ostracismo durato anni: ”Il mio calcio non è cambiato, quindi l’unica ragione della mia convocazione è il cambio di c.t.”. [...]» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 3/12/2004).