18 aprile 2004
Tags : Maria Denis
DENIS Maria (Maria Ester Beomonte). Nata a Buenos Aires (Argentina) il 22 novembre 1916, morta a Roma il 15 aprile 2004
DENIS Maria (Maria Ester Beomonte). Nata a Buenos Aires (Argentina) il 22 novembre 1916, morta a Roma il 15 aprile 2004. Attrice. «Una fra le più popolari dive del regime. Nata a Buenos Aires nel 1916, trasferitasi tre anni dopo in Italia, fu scoperta dal produttore e regista Amleto Palermi e fu una delle più gettonate ed imitate fidanzatine d’Italia, con la sua aria di bambola di porcellana, il viso paffutello, il capello bruno di ragazzina borghese che dava del filo da torcere ai professori dell’allora popolare filone ”scolastico” come nel famoso Seconda B di Alessandrini nel ’34. Raggiunse l’apice della sua carriera lavorando con un regista raffinato e attento alle psicologie femminili come Ferdinando Maria Poggioli. Con lui visse amori autenticamente infelici, impersonando le vittime designate del romanticismo quotidiano e piccolo borghese, soffrendo prima come sartina abbandonata da Adriano Rimoldi in Addio giovinezza! del ’40 e poi come sfortunata servetta in Sissignora del ’41, al servizio delle sorelle Gramatica. In mezzo ci sta tutto il cinema fascista con i suoi titoli di propaganda come L’assedio del Alcazar di Genina per cui la Denis vinse la Coppa Mussolini a Venezia nel ’40, mentre le platee si commuovevano per la coppia feuilleton formata con Alida Valli nelle Due orfanelle di Gallone, ’42. Molto discussa sul piano politico dopo la liberazione, per la sua stretta amicizia con Pietro Koch, torturatore di partigiani, si racconta che fu l’attrice, complice questo rapporto, a salvare dal carcere il regista e partigiano Luchino Visconti di cui si era innamorata. Tra i volti d’epoca il suo era meno sensuale e pericoloso di quello della Ferida o della Calamai e meno misterioso di quello della Valli. Fra le ragazze della porta accanto fu la più sfortunata. Dopo la guerra lavorò ancora con L’Herbier per la Bohème e poi Blasetti e Cottafavi, si fece da parte ancora giovane. Ma in pochi vorticosi anni di popolarità la Denis, con quel profilo e quell’aria maliziosa, aveva lavorato con i nostri registi più rinomati, da Matarazzo a Righelli, da Bragaglia a Camerini, da Genina e Gallone, abbracciando partner importanti come Cervi e De Sica. Popolò il periodo dei telefoni bianchi di ritratti e profumi di donne a volte a senso unico in un cinema dominato dai signori maschi, ma altre volte portando un sincero contributo di commozione, e affrontando con coraggio donne nate per il melodramma come la popolare Maestrina di Niccodemi. Si identificò in un’epoca di donne appassionate e soccombenti nell’unica eroina gentile ma tragica di quegli anni, da cui si ritirò per vivere quasi mezzo secolo in una villa, spesso da sola, dove forse si era convinta che poteva essere stato tutto un sogno» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 16/4/2004). «Nell’autobiografia intitolata Il gioco della verità, uscita nel 1995, aveva scritto: ”Sono stata un’attrice famosa e, dicono, bella, col nome d’arte di Maria Denis. Il mio vero nome è Maria Ester Beomonte. Sono cresciuta in una famiglia borghese con pochissimo denaro e una morale rigida. Il mio patrigno era ufficiale dei carabinieri. Un giorno, frequentavo la quinta ginnasio, venni catapultata, come Alice, in un nuovo Paese delle meraviglie: il cinema”. E fu il cinema, il cinema degli anni del fascismo, fra il 1933 (quando esordì in un paio di film diretti da Amleto Palermi, Non c’è bisogno di denaro e Creature della notte) e il 1943 (quando interpretò la parte di Anna in Nessuno torna indietro di Alessandro Blasetti, tratto dal romanzo omonimo di Alba De Cespedes), a farne una diva. Una diva discreta, gentile, un poco appartata, dai modi eleganti, dal fascino sottile, d’una bellezza splendente ma non aggressiva, che dimostrò anche buone doti d’attrice, non sfigurando, anzi imponendosi, nel gruppo di quelle attrici che costituirono in quegli anni la struttura portante del cinema italiano e che comparvero, quasi tutte, nel film citato di Blasetti: da Elisa Cegani a Valentina Cortese, Doris Duranti, Mariella Lotti, Maria Mercader, Dina Sassoli, e soprattutto Assia Noris, Alida Valli e Isa Miranda. Era nata, Maria Denis, a Buenos Aires il 22 novembre 1916 da genitori italiani, figlia di un ufficiale. Come scrisse lei stessa, la strada del cinema le si aprì per caso, e i primi film furono alquanto modesti, sebbene già dimostrasse quelle qualità che si riveleranno vincenti. La sua bellezza, più ancora la sua grazia, si coniugava perfettamente con l’ambiente borghese, più spesso piccolo-borghese, in cui erano ambientati i film da lei interpretati. E questa sua presenza familiare, casalinga, la faceva amare dal pubblico, che le decretò un gran successo. I suoi personaggi - studentessa, impiegata, commessa, sartina - sono personaggi quotidiani, realistici, di quel realismo minore che si ritrova in molto cinema italiano di quegli anni. Si pensi a Seconda B (1934) di Goffredo Alessandrini, o al gruppo di film che la vede al fianco di Vittorio De Sica, da Hanno rapito un uomo (1937) di Gennaro Righelli a Napoli d’altri tempi, Partire e Le due madri, diretti nel 1938 da Palermi, a Pazza di gioia (1940) di Carlo Ludovico Bragaglia. Ma si pensi, oltre a Documento (1939) di Mario Camerini, ai film girati durante la guerra, come Addio giovinezza (1940), diretto da Ferdinando M. Poggioli, delicata versione cinematografica della commedia di Camasio e Oxilia, L’assedio dell’Alcazar (1940) di Augusto Genina, L’amore canta e Sissignora, ambedue del 1941, ancora di Poggioli, Le due orfanelle (1942) di Carmine Gallone, al fianco di Alida Valli, o infine La maestrina (1942) di Giorgio Bianchi. Non grandi film, forse, ma opere riuscite, che bene riflettono il clima dell’epoca, in cui la Denis mostra il meglio di sé, come attrice e come donna. Poi ci fu la storia, travagliata e in parte oscura, con Luchino Visconti (di cui lei ci ha dato una versione accurata e documentata nella sua autobiografia) e gli anni bui della fine della guerra. Il neorealismo è alle porte: difficile per la Denis inserirsi nel nuovo cinema. Ancora qualche sporadica apparizione (la si vide in un episodio di Tempi nostri, 1953, di Blasetti), poi il silenzio. Dopo quel film si è ritirata a vita privata» (Gianni Rondolino, ”La Stampa” 16/4/2004).