Carlo Bonini, Giuseppe D’Avanzo,La Repubblica, venerdi 26 marzo 2004, 26 marzo 2004
Tanzi ascolta (o forse fa finta di ascoltare), prende tempo spiegando che l’ultima parola dovrà essere di Tonna
Tanzi ascolta (o forse fa finta di ascoltare), prende tempo spiegando che l’ultima parola dovrà essere di Tonna. Di fatto scarta, perché non vuole o non può fare altrimenti, quelle indicazioni e la giostra del debito continua a girare. Jp Morgan-Chase si ritira dalla competizione e nel 2000 cura l’ultimo collocamento di bond Parmalat (che porterà poi la data del 10 gennaio 2001). Lasciando nella partita contabile con Collecchio una sola, modesta, sofferenza di 50 milioni di euro. Denaro prestato alla ”Coloniale”, la finanziaria della famiglia Tanzi, nel 1999 e con rimborso previsto nel 2005. La corsa verso il precipizio, come racconta Tonna, è ai suoi ultimi passi: «La situazione di reale dissesto del gruppo Parmalat si può ritenere esistente già agli inizi del 2001» (verbale del 7 gennaio). Ma quel dissesto viene trascinato in avanti per altri trentasei mesi, durante i quali Collecchio collocherà altri 2,8 miliardi di euro in bond. Chi traina questa ultima fase dell’agonia? Un altro colosso del credito americano che si è mosso a lungo sullo sfondo, Bank of America. Che fa presto di Parmalat il suo primo cliente in Italia.