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 2004  marzo 26 Venerdì calendario

«Tra il ’96 e il ’97 - spiega un banchiere italiano a ”Repubblica” - Parmalat è un boccone che fa gola a tutti

«Tra il ’96 e il ’97 - spiega un banchiere italiano a ”Repubblica” - Parmalat è un boccone che fa gola a tutti. Anche se i suoi numeri già cominciano a dare dei segnali di sbilanciamento». Alla fine del ’96, l’indebitamento lordo del gruppo (vale a dire la somma delle sue esposizioni verso le banche e dell’ammontare di bond che circolano sul mercato) ha superato i 2.500 miliardi di lire (circa 1 miliardo e 200 mila euro) e per sostenere la liquidità è stato necessario un aumento di capitale di 370 miliardi di lire, che Calisto - non deve sorprendere, ormai lo sappiamo - sottoscrive, per la sua quota, con soldi che non ha e che questa volta ottiene con un prestito concesso dall’Ubs. Di più: il gruppo fatica a penetrare sui nuovi mercati americani e in Italia vede addirittura ridotta la sua quota di mercato. Ci vorrebbe qualcuno capace di far ragionare il Cavaliere e il suo direttore finanziario Fausto Tonna e invece... «Invece - dice il banchiere - mentre Chase Manhattan, con Imbert, comincia a raffreddare i suoi rapporti con Parmalat, appare sulla scena Citibank. E, come sempre, lo fa in modo aggressivo. Con il piglio da cowboy che le è proprio: con nessuna prudenza, poco discernimento e troppi soldi. Troppi...».