Carlo Bonini, Giuseppe D’Avanzo,La Repubblica, lunedi 23 marzo 2004, 23 marzo 2004
Affrontiamone ora le ragioni. In cima alla lista, c’è la mancanza di «mezzi propri». Tanzi, di suo, non ha il becco di un quattrino da investire
Affrontiamone ora le ragioni. In cima alla lista, c’è la mancanza di «mezzi propri». Tanzi, di suo, non ha il becco di un quattrino da investire. Come sanno i banchieri che lo hanno «portato» in borsa, non ha capitali da conferire alla società. Quando versa le sue quote capitale, si indebita. Quando non le versa, crea una ricchezza virtuale, falsificata nei rendiconti. Secondo il bilancio consolidato della Parmalat al 31 dicembre 2002, approvato dall’assemblea del 30 aprile 2003, i fondi versati dall’azionista ammontano a 872 milioni di euro. La finanziaria di famiglia, la Coloniale, controlla il 50,1 per cento della Parmalat. Avrebbe dunque dovuto versare 436 milioni di euro. Tanzi non li ha. Può reperirli soltanto Tonna «il mago» con un qualche artificio contabile. stato quindi creato un indebitamento di 436 milioni di euro. L’indebitamento ci obbliga finalmente a comprendere che cosa diavolo è l’interesse composto. meno complicato di quanto non lasci pensare la formula: nell’interesse composto, gli interessi si sommano al capitale per produrre a loro volta interessi. un’esposizione che, nel tempo, diventa esponenziale e così quei 436 milioni di euro che Tanzi non versa, diventano l’anno successivo 745 milioni.