Simona Lambertini, Macchina del Tempo, aprile 2004 (n.4), 17 aprile 2004
Atmosfere di un bianco pallido, paesaggi immobili addormentati in un silenzio impenetrabile dove il ghiaccio regna sovrano, ammantando ogni cosa di un’aura candida che sembra avere la meglio sulla natura
Atmosfere di un bianco pallido, paesaggi immobili addormentati in un silenzio impenetrabile dove il ghiaccio regna sovrano, ammantando ogni cosa di un’aura candida che sembra avere la meglio sulla natura. Sono le terre polari, le regioni più estreme del nostro pianeta, avvolte da un ghiaccio millenario, ora, secondo le ultime ricerche, minacciate da un incombente pericolo: entro la fine di questo secolo il Polo Nord, o Artide, potrebbe non esistere più; anche il Polo Sud, o Antartide, sta cominciando a mostrare i primi segni di cedimento. la Nasa a lanciare l’allarme per il Circolo polare artico: dal confronto di dati satellitari registrati tra il 1978 e il 2001, emerge, infatti, che l’estensione della calotta polare è diminuita del 9% ogni dieci anni (1,2 milioni di chilometri quadrati, quasi quattro volte l’Italia, spariti nel nulla), e il suo spessore del 42% negli ultimi trent’anni. Se quest’andamento dovesse continuare, l’aumento della temperatura terrestre e l’azione dell’acqua circostante, più calda, li avrà fatti scomparire del tutto entro il 2100. All’altro capo del mondo, il Circolo polare antartico non sembra godere di migliore salute, almeno stando alle stime riportate sulla rivista ”Science” dei climatologi della Divisione antartica australiana: in questa regione, dagli anni 50, i ghiacci si sarebbero ridotti del 20%. E la colpa? Del famigerato surriscaldamento globale, forse reso più acuto dai gas a effetto serra prodotti dalle attività umane. Il deterioramento delle calotte polari avrebbe immediate ricadute sui suoi abitanti: orsi polari, foche e trichechi vedrebbero irrimediabilmente modificata la propria catena alimentare, con terribili conseguenze per la loro sopravvivenza. Dati plausibili o catastrofismo? «La comunità scientifica internazionale» precisa Daniele Cat Berro, della Società meteorologica italiana, «concorda nel ritenere che la temperatura stia aumentando ma non ci sono ancora certezze sul quanto: si stima un incremento tra 1 e 6 gradi entro il 2100». Sembra poco, ma parlando di temperatura globale è tantissimo: «Basti pensare» continua Cat Berro «che ”6 gradi fa” c’era il ghiaccio anche in Pianura Padana». Nella peggiore delle ipotesi, l’aumento di 6 °C, i ghiacci polari fonderebbero, tanto da provocare un innalzamento del livello dei mari di settanta centimetri. Questo vuol dire che zone costiere come quelle della laguna veneta andrebbero incontro a seri problemi. Inoltre, lo scioglimento anche parziale dei poli avrebbe ulteriori conseguenze sull’aumento della temperatura: «In un meccanismo a feed-back positivo» precisa Cat Berro «la minor estensione dei ghiacci polari causerebbe una minor riflessione della radiazione solare, cosa che si ripercuoterebbe in un ulteriore aumento della temperatura». Subito a rischio sarebbero gli animali di quelle zone, ma poi le ricadute sarebbero globali, in particolare a pagarne le spese sarebbe la specie meno adattabile ai cambiamenti: l’uomo. Artide e Antartide possono quindi essere considerate delle sentinelle del clima, perché su di loro si manifestano i segni più evidenti dei cambiamenti termici. Oltre al ghiaccio, però, hanno ben poco in comune. Se il Polo Nord è un mare ghiacciato circondato dai lembi più settentrionali di molti continenti, il Polo Sud è un vero e proprio continente di ghiaccio circondato da un mare altrettanto ghiacciato. Ciascuna di queste regioni ha delle peculiarità uniche, anche dal punto di vista del clima, delle caratteristiche geomorfologiche, della flora e della fauna. Intraprendiamo quindi un viaggio alla scoperta dei poli, regni di una natura estrema e per la maggior parte ancora incontaminata, nella speranza che le previsioni negative non si avverino e di poterli visitare così come sono anche tra duecento anni.