Guido Romeo, Macchina del Tempo, aprile 2004 (n.4), 16 aprile 2004
www.stanford.edu/group/roughlab/ Charles Darwin sbagliava: da un punto di vista biologico le relazioni omosessuali sono tutt’altro che un vicolo cieco
www.stanford.edu/group/roughlab/ Charles Darwin sbagliava: da un punto di vista biologico le relazioni omosessuali sono tutt’altro che un vicolo cieco. Anzi, secondo Joan Roughgarden, biologa presso l’Università di Stanford in California, l’omosessualità può diventare un importantissimo fattore di coesione sociale, molto utile per garantire la sopravvivenza dell’individuo e della comunità alla quale questo appartiene. «Ci sono almeno due inesattezze nelle tesi dell’autore de dell’origine delle specie» osserva Roughgarden. «La prima è che le femmine di ogni specie scelgono sempre i maschi più forti e prestanti nella speranza di trasferire le medesime caratteristiche alla propria prole». Più che ad attrarre il partner, le caratteristiche sessuali come la colorazione delle piume negli uccelli o le spalle larghe di un maschio umano servirebbero soprattutto come segni di riconoscimento, che sanciscono l’appartenenza a un gruppo in cui l’individuo potrà poi riprodursi. «Il secondo punto debole è l’idea della selezione sessuale», prosegue Roughgarden «perché nelle specie sociali, come molti mammiferi, i contatti sessuali non servono tanto ad assicurare direttamente la prosecuzione della specie, quanto a rinsaldare i legami interni al gruppo e a garantire protezione». Questo principio di socializzazione attraverso l’omosessualità è comune ad altre specie oltre a quella umana, come le femmine delle scimmie bonobo che cercano cibo necessario per la prole, i maschi di babbuini africani e alcune balene.