Lucrezia Dell’Arti, Macchina del Tempo, aprile 2004 (n.4), 16 aprile 2004
Gli esseri umani sono coperti da cinque milioni di peli. Sembra un gran numero, ma non lo è. Niente di paragonabile ai nostri antenati che popolavano le foreste africane: erano simili alle scimmie, ricoperti da una pelliccia, che con l’evoluzione si è trasformata in peluria
Gli esseri umani sono coperti da cinque milioni di peli. Sembra un gran numero, ma non lo è. Niente di paragonabile ai nostri antenati che popolavano le foreste africane: erano simili alle scimmie, ricoperti da una pelliccia, che con l’evoluzione si è trasformata in peluria. Eppure da quando esiste la civiltà l’uomo ha sentito il bisogno di depilarsi. Come mai siamo l’unica specie a essersi evoluta in questo modo? Perché sentiamo il bisogno di raderci, visto che i peli fanno parte della nostra natura? Per molti decenni la spiegazione più convincente sulla trasformazione dei nostri peli è stata quella che la legava alla temperatura corporea. I primitivi persero la pelliccia quando uscirono dalle foreste africane per riuscire a sopportare il caldo. Ma allora perché nessun altro mammifero ha perso il suo manto? Secondo una recente teoria degli scienziati Mark Pagel (Università di Reading) e Sir Walter Bodmer (John Radcliffe Hospital di Oxford) non è stata colpa del caldo, ma dei pidocchi. «La perdita di peli sul corpo» hanno detto i due studiosi «sarebbe un espediente difensivo per ridurre il rischio costituito da ectoparassiti, insetti e organismi». D’altra parte ci sono prove che gli uomini delle caverne si strappassero i peli dal viso per ragioni molto simili. Come pinzette usavano due conchiglie, avevano anche rasoi in silice e in corno. La teoria dei parassiti aiuta forse a capire perché le donne sono meno pelose degli uomini. Secondo Pagel e Bodmer, infatti, gli uomini hanno cercato di accoppiarsi con le donne meno pelose. Inconsciamente erano attratti da quelle meno esposte ai parassiti, quindi in grado di garantire una prole più sana. A parte i cavernicoli, le prime tracce di depilazione risalgono all’antico Egitto. I sacerdoti egiziani si depilavano completamente: per loro mostrare i peli era immorale. Usavano rasoi di rame, di bronzo e di ottone. Le donne si servivano di una pallina di resina molto appiccicosa che passavano sulla zona da depilare. Gli uomini non avevano barba, e, se ce l’avevano, era finta. La barba era considerata un handicap nei combattimenti, un punto debole a cui l’avversario si sarebbe potuto aggrappare. Per i romani eliminare i peli era una questione di pulizia e igiene. Prima di entrare alle terme, i romani dovevano depilarsi. Uno schiavo era incaricato di fare solo questo. I primi manuali di cosmesi risalgono all’antica Grecia: Aspasia di Mileto (studiosa e donna politica) scrisse due volumi, ritenuti molto importanti. Tanto che alcune delle ricette che vi aveva inserito furono incise su lastre di bronzo e murate nel tempio di Esculapio accanto a quelle di Ippocrate. I giapponesi si strofinavano sulle gambe pezzi di pelle di pescecane essiccata che disintegrava la peluria. Ma c’è chi la pensa diversamente: tra le popolazioni del Nord gli uomini molto villosi erano considerati ”prestanti e lussuriosi”, quelli glabri ”casti e impotenti”. Fra i Sikh indiani, il pelo è a tutt’oggi un obbligo religioso: tagliarsene anche uno solo equivale a danneggiare il proprio campo magnetico. Mode e modi di depilarsi si sono protratti per tutta la storia degli uomini: nel Medio Evo i canoni di bellezza imponevano alle donne una fronte liscia e bombata, e le signore si depilavano l’attaccatura dei capelli. Verso gli Anni Venti, quando le gonne hanno iniziato ad accorciarsi, è diventata di moda anche la depilazione delle gambe. Ma resta una questione difficile da spiegare. L’uomo con l’evoluzione ha perso i peli ovunque: perché ne sono rimasti così tanti in testa, sotto le ascelle e sul pube? La risposta è il sesso. David Stoddart, un biologo dell’olfatto, spiega che i peli sono concentrati nei punti dove si trovano le ghiandole che emanano più odori, proprio per esaltarli. una specie di avvertimento, come dire: attenzione, qua sotto c’è qualcosa di interessante. Lucrezia Dell’Arti