Giovanna Dall’Ongaro, Macchina del Tempo, aprile 2004 (n.4), 16 aprile 2004
Negli ultimi tre anni, in Europa, il mercato di creme depilatorie, rasoi e cerette è aumentato del 15%
Negli ultimi tre anni, in Europa, il mercato di creme depilatorie, rasoi e cerette è aumentato del 15%. E lo si deve soprattutto alle donne italiane: il 77% di queste ricorre infatti regolarmente alla depilazione, contro il 61% della media europea. Un oceano di pinzette, rasoi, cerette a caldo e a freddo. Ma perché? Una civiltà aliena, ignara delle nostre abitudini, li giudicherebbe strumenti di tortura. E per certi versi non avrebbe torto, perché liberare il corpo dalla presenza di peli giudicati superflui a volte prevede un certo grado di sofferenza. Non tanto però da scoraggiare uomini e donne a sottoporsi al particolare rito ”liberatorio”. Ma quali sono le ragioni di questa esigenza? Che cosa spinge un uomo a radersi il volto tutte le mattine o una donna a combattere per avere braccia e gambe liscissime? «C’è senza dubbio una spiegazione di tipo igienico all’origine della rasatura» afferma Filippo Petruccelli, direttore dell’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie e docente di Psicologia dello sviluppo all’Università di Cassino. «Un corpo privo di peluria viene considerato pulito, senza imperfezioni. Per questo diventa importante per molte donne eliminare i peli da luoghi come inguine o ascelle, ritenuti sporchi perché maggiormente esposti alla sudorazione». La regola però ha le sue eccezioni. Se barba e baffi non sono sempre ben visti sul volto degli uomini, per i capelli non si discute: devono esserci e se sono tanti è meglio. «Il richiamo di una bella chioma è facilmente comprensibile in termini di psicologia evoluzionistica» prosegue Petruccelli. «Nella scelta del partner i nostri antenati hanno puntato molto sulla salute e una folta capigliatura veniva considerata sinonimo di buone condizioni fisiche. Oggigiorno risentiamo ancora di questo retaggio». Nell’’in & out” della peluria i capelli quindi sembrerebbero resistere alle oscillazioni della moda, che invece non risparmia altre parti del corpo, sia maschile che femminile. «Chi si priva della capigliatura rasandosi a zero» dice Massimo Canevacci, docente di Antropologia culturale all’Università La Sapienza di Roma, «come gli skin-head (di destra, solo uomini) o i red-skin (di sinistra, anche donne), lo fa per sottolineare una posizione d’irregolarità, non certo per seguire una tendenza. invece dovuta esclusivamente ai dettami della moda la prassi di depilarsi le zone inguinali per indossare il bikini. Inoltre bisogna ricordare che la depilazione femminile varia molto da Paese a Paese. Le donne del Nord Europa non si depilano come quelle mediterranee. Sia perché hanno peli biondi e quindi poco visibili sia per un forte convincimento femminista. Le ragazze di Berlino, per esempio, si rifiutano di assecondare con la depilazione un desiderio maschile». Pelose e virtuose! Potrebbe diventare la bandiera ideologica del femminismo tedesco, il proverbio che dalle nostre parti viene ancora giudicato spudoratamente consolatorio. Nel nostro Paese, infatti, per ora di boicottare la ceretta non se ne parla, anzi adesso anche gli uomini si dichiarano disposti a sperimentarne l’efficacia. «In questa tendenza all’unisex della civiltà occidentale» dice Marcella Delle Donne, docente di Sociologia delle relazioni etniche all’Università La Sapienza di Roma, «assistiamo all’affermazione di una figura sfumata, quasi efebica o angelica, un individuo che non è né maschio né femmina. «Si va verso un’attenuazione delle differenze di genere, per cui la depilazione del corpo, che veniva considerata fino a poco tempo fa un’usanza esclusivamente femminile, oggi riguarda anche molti uomini» prosegue Delle Donne. «Laddove, invece, si vuole sottolineare la distinzione tra sessi, ecco allora che compare la barba come simbolo dell’autorità maschile. Non è un caso che alle donne musulmane venga richiesto di indossare un velo che nasconda i capelli. Lo si fa per ribadire che la peluria è prerogativa esclusivamente maschile». Un volto barbuto può significare anche l’appartenenza a una determinata comunità religiosa. Lo sa bene Luc Ferry, ministro dell’Istruzione francese, che ha inserito, oltre al velo femminile, anche la ”barba integralista”, nella lista dei nemici della laicità. «In effetti per gli ebrei ortodossi, che portano barba e capelli lunghi, per i musulmani e anche per alcuni cristiani come i sacerdoti ortodossi, la folta peluria del volto significa diventare simili all’immagine di Dio. Che è maschio e come tale peloso» spiega Delle Donne. Ma l’interpretazione varia: «Ci sono invece culture, come quelle aborigene, in cui gli uomini si rasano il volto con pietra e fuoco per ottenere una pelle levigata in modo permanente per avvicinarsi al loro ideale divino che è asessuato». Giovanna Dall’Ongaro