Marco Burini, Macchina del Tempo, aprile 2004 (n.4), 14 aprile 2004
Vittorio Messori ha dedicato molti anni e una dozzina di libri allo studio dei documenti che descrivono la passione, morte e resurrezione di Cristo
Vittorio Messori ha dedicato molti anni e una dozzina di libri allo studio dei documenti che descrivono la passione, morte e resurrezione di Cristo. Ecco un estratto tratto dal libro ”Dicono che è risorto” (SEI Frontiere, 2000, e 15,50), pagina 65. Così come la conosciamo dagli Atti degli Apostoli e dalle Lettere apostoliche, tutta la predicazione primitiva è subito come sbilanciata sul fatto della resurrezione. Per Paolo, soprattutto, questo evento è divenuto una sorta di fuoco che ha divorato l’interesse per ogni altro aspetto della vita terrena del Maestro. L’Apostolo grida che, poiché Gesù è risuscitato, «anche se lo abbiamo conosciuto secondo la carne, ora non lo conosciamo più così» (2 Cor, 5,16). Addirittura, secondo alcuni studiosi, i vangeli sarebbero stati scritti proprio per richiamare l’attenzione dei fedeli su ciò che era avvenuto prima della resurrezione: dunque, quasi per calmare un po’ l’entusiasmo al calor bianco che Paolo manifesta, alla pari di tanti cristiani primitivi. Se, come pensano molti, la credenza nella resurrezione si fosse formata pian piano, riflettendo sulle profezie e basandosi magari su qualche allucinazione, essa ci apparirebbe come una specie di ”aggiunta” finale al vangelo. Non apparirebbe come questa sorta di squilibrio che porta gli apostoli ad annunciare la ”seconda vita” del Cristo, dimenticando quasi la ”prima vita” dell’uomo Gesù. Come scrive l’esegeta inglese Charles Harold Dodd: «La resurrezione non è una credenza in più sviluppatasi all’interno della Chiesa. è il credo attorno al quale tutta la Chiesa stessa si è formata. è il dato di fatto sul quale e attorno al quale tutto l’edificio della fede si fonda e si appoggia».