Diletta Grella, Macchina del Tempo, aprile 2004 (n.4), 14 aprile 2004
Biblista, teologo, prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, mons. Gianfranco Ravasi si è occupato della resurrezione di Cristo in numerosi suoi scritti
Biblista, teologo, prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, mons. Gianfranco Ravasi si è occupato della resurrezione di Cristo in numerosi suoi scritti. Monsignore, perché la resurrezione è un mistero centrale della fede cristiana? Per due ragioni. La prima è teologica: la resurrezione è il segno ultimo dell’incontro tra Dio e l’uomo. Il Dio cristiano, infatti, ha in sé la duplice natura umana e divina. L’umanità emerge dal fatto che Dio muore, la divinità dal fatto che risorge. L’altro valore della resurrezione è antropologico: creando l’uomo, Dio lo ha fatto diverso da sé, ma non lo ha abbandonato. Facendosi uomo e poi risorgendo, Dio si è fatto vicino all’uomo, è entrato insieme a lui nella storia, per poi uscirne, dopo averla trasformata grazie alla sua divinità. Propio come ha scritto il filosofo Kierkegaard, ”Dio e l’uomo andavano sulle loro orbite, che in Cristo sono entrate in collisione. Ma la collisione non è stata per un’esplosione ma per un abbraccio”. In altre religioni esiste la resurrezione? Nel mondo babilonese, durante la festa di Capodanno, il re veniva fatto morire virtualmente e poi risorgere, a ricordare il ritmo di nascita e morte della natura. C’è qualcosa del genere nelle religioni indiane. La differenza è che questa resurrezione è legata ai ritmi della natura. La resurrezione cristiana, invece, è un incontro di Dio con l’uomo nella storia. Anche gli ebrei credono alla resurrezione dei corpi: a risorgere, però, non è Dio fatto uomo, ma l’essere umano, sia pure per opera di Dio. Ci sono prove storiche della resurrezione di Cristo? Un indizio che dovrebbe farci riflettere è il fatto che, nei vangeli, le prime a raccontare di avere trovato il sepolcro vuoto sono le donne. Soggetti che nel mondo semitico non avevano valore giuridico. Se davvero gli evangelisti avessero voluto ”inventare” la resurrezione, non avrebbero fatto riferimento alle donne. Poi bisogna tenere presente la continua testimonianza data da tutto il mondo che ruotava intorno a Gesù. Gente che ha rischiato, e in alcuni casi perso la vita, per testimoniare questo mistero. E, infine, ricordo un passo di Giuseppe Flavio, uno storico giudeo-romano del I secolo, che fa un riferimento indiretto alla resurrezione. Certo è che la resurrezione, proprio perché è un mistero, non può e non deve essere raggiunta solo con la ragione, ma con la fede. Quella stessa fede che, come dice San Paolo «senza la resurrezione, sarebbe vana». Diletta Grella