Macchina del Tempo, aprile 2004 (n.4), 14 aprile 2004
Scrivo in riferimento all’articolo ”Il segreto della musica”, apparso nel numero 3 - Marzo 2004
Scrivo in riferimento all’articolo ”Il segreto della musica”, apparso nel numero 3 - Marzo 2004. L’articolo in questione dal punto di vista scientifico è ineccepibile e ben realizzato, ciò che mi ha infastidito è il solito, annoso, secolare atteggiamento di chi vuole sempre per forza operare una distinzione tra musica ”colta” e musica ”popolare”. Si dice che i giovani non si avvicinano alla musica classica, però allo stesso tempo si continua a discriminare tra musica ”alta” e musica ”bassa”. Eppure la musica popolare esiste da quasi un secolo: si è evoluta in così tante sfaccettature che forma un insieme eterogeneo che andrebbe considerato come un qualcosa di ”colto”. La ”classica” è forse tutta bella e artisticamente riuscita? Se la stragrande maggioranza delle persone preferisce ascoltare musica popolare, mentre solo una piccola élite preferisce la classica, non sarà perché la prima arriva dritta al cuore e quindi probabilmente è più geniale sotto questo punto di vista? Maurizio Tecli (via e-mail) Gentile signor Tecli, grazie per i complimenti e ci scusi se siamo stati costretti a ridurre la sua lettera per motivi di spazio. La distinzione non è una questione di ”razzismo musicale”, ma ha una radice storica e sociale. Come tutte le arti, anche la musica ha sempre presentato una distinzione fra ”alta” e ”bassa”, sulla base della sua diffusione negli strati sociali della popolazione. La musica popolare (il termine ”leggera”, in effetti, è improprio: chi se la sentirebbe di definire ”leggera”, ad esempio, la musica di Fabrizio De André o di Bob Dylan?) nacque tra le classi meno agiate, prodotta da autori anonimi e tramandata oralmente. Non veniva scritta per essere venduta, ma si esauriva nell’ambiente in cui era nata. Veniva suonata, cantata e ballata nelle feste, in occasione di qualche avvenimento triste o lieto. La musica classica, invece, veniva trascritta sul pentagramma e ascoltata dalle classi socialmente più elevate: ecco perché si è imposta come ”musica colta”. Una distinzione terminologica che sussiste ancora oggi. Al di là delle emozioni.