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 2004  aprile 04 Domenica calendario

e modalità della morte del tiranno diventano spesso la cifra che resta per sempre di una dittatura

e modalità della morte del tiranno diventano spesso la cifra che resta per sempre di una dittatura. Mussolini appeso per i piedi rende indiscutibile che il fascismo abbia precipitato l’Italia nella guerra civile. Hitler suicida e il suo corpo bruciato di nascosto hanno sottratto al mondo, per sempre, l’oggetto tramite il quale esorcizzare l’orrido incubo che ha sfregiato l’Europa. Franco tenuto in vita a forza ha consentito di trovare tempo e modo per traghettare la Spagna alla democrazia senza traumi. E allora che dire della fine di Stalin, che non a caso non segnò la fine del comunismo? Come spiegare l’oceano di moscoviti in lacrime che sfilano accanto alla bara del mostro sterminatore dei kulaki, signore dei gulag, artefice di carestie provocate per sterminare intere etnie, responsabile di decine di milioni di morti? Guardare quelle immagini toglie ogni dubbio: quella è commozione vera, quel cordoglio è autentico, non c’è mobilitazione di partito che spieghi la massa dolente che rende doloroso omaggio al proprio carnefice. Nulla di similmente inspiegabile è stato documentato per le esequie di Lenin, irrigidite dalla nuova liturgia della rivoluzione diventata istituzione. E allora cosa si nasconde nel fascino oscuro che le tirannie esercitano sulle folle? Quantomeno che quelle russe non potevano fare a meno di uno zar, meglio se feroce.