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 2004  aprile 01 Giovedì calendario

«E’

successo di tutto, nell’ aula "sorda e grigia" che Mussolini minacciava di trasformare in un "bivacco per i suoi manipoli": nei suoi quasi sessant’ anni di storia repubblicana alla Camera sono volati pugni, ceffoni, insulti, risme di carta, oggetti di ogni genere. Sono apparse bandiere della pace e striscioni beffardi, si sono visti deputati estrarre un megafono e iniziare estemporanei comizi, o esibire magliette decorate con slogan politici. Ma le occupazioni vere e proprie si contano sulle dita di una mano. I vecchi frequentatori di Montecitorio ne ricordano una all’inzio degli anni ’80, legata anche quella ad un voto di fiducia, che costrinse l’allora presidente del Consiglio Francesco Cossiga a salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni del suo governo. E un’altra dell’84 rievocata ieri da Ignazio La Russa con un filo di malcelato compiacimento: i deputati del Movimento sociale, allora all’opposizione, compresi La Russa e Fini, si erano rifiutati di abbandonare l’ aula dopo una vivace protesta e la presidente Nilde Iotti aveva aggiornata la seduta al mattino seguente, facendo chiudere i battenti del palazzo. Così i missini erano rimasti tutta la notte a bivaccare all’interno della Camera, fino al mattino. Nessuno oggi ricorda però quanti avevano scelto di andarsene a dormire a casa e quanti invece avevano scelto la resistenza ad oltranza. Risale invece al 1993 quella che venne definita come la prima occupazione "in corso di votazione". Si discuteva la legge sull’elezione diretta del sindaco, e anche quella volta ad inscenare la protesta erano stati i deputati dell’Msi, al grido di "vergogna". Il presidente della Camera, Giorgio Napolitano, aveva sospeso la seduta per due volte, senza però riuscire a far sgombrare l’aula. "Siete voi che impedite la libertà di questo Parlamento, vergognatevi!", aveva tuonato Napolitano. Alla fine, tutti gli emendamenti presentati alla legge dai missini erano stati comunque bocciati. Due anni dopo un’altra occupazione notturna, ad opera di una quindicina di deputati del Polo (guidati da Pietro Di Muccio di Forza Italia e Teodoro Buontempo di An). La protesta era nata come contestazione del vicepresidente di turno, il popolare Lorenzo Acquarone, e alla fine aveva ottenuto il plauso postumo di Silvio Berlusconi: "Fate un applauso ai nostri ragazzi, protagonisti di questa iniziativa", aveva detto ai suoi» (Giuliano Gallo).