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 2004  aprile 04 Domenica calendario

Hughes Karen

• Parigi (Francia) 27 dicembre 1956. Politico. Collaboratrice di George W. Bush. Dal 2005 sottosegretario agli Affari Pubblici con una missione da far tremare i polsi: sconfiggere i sentimenti antiamericani che albergano nei Paesi musulmani generando l’odio che alimenta i gruppi terroristici. Nel 1994 aveva accompagnato Bush «[...] nella prima avventura per diventare governatore del Texas, poi in quella per la rielezione, e quindi nella corsa frenetica alla Casa Bianca, dove era entrata con l’inauguration del 2001 come consigliere speciale del Presidente. Ma un anno e mezzo dopo Karen aveva stupito l’America, lasciando lo Studio Ovale per riportare la famiglia a vivere in Texas. In realtà non ha mai smesso di lavorare per Bush, “ritoccando il discorso sullo stato dell’Unione in cucina, mentre correggevo i compiti di mio figlio”» (Paolo Mastrolilli, “La Stampa” 4/4/2004). «[...] è una texana di razza, ha studiato alla Southern Methodist University - come la First Lady Laura - a vent’anni lasciò una promettente carriera nel giornalismo in televisione per i repubblicani di Ronald Reagan ed è a fianco di George W. sin dai tempi della prima campagna elettorale per il governatorato di Austin. La simbiosi fra i due avviene soprattutto nel linguaggio. Ogni volta che la comunicazione diventa cruciale per il presidente - dopo l’11 settembre 2001 per dare sicurezza all’America come durante la sfida elettorale con John Kerry per duellare con i liberal più agguerriti - è lei a scendere in campo. Chi la conosce da vicino assicura che quando Bush fa un comizio lei lo segue a distanza, sussurrando il testo parola per parola. Nel 2002 aveva deciso di lasciare la Casa Bianca per dedicarsi a marito e figlio ma dopo la rielezione non ha potuto tirarsi indietro quando George W. le ha chiesto di tornare in campo affidandole la guida della “Public Diplomacy” per conquistare “i cuori e le menti” di oltre un miliardo di musulmani in quella che si annuncia come la più impegnativa battaglia culturale intrapresa degli Stati Uniti dai tempi del duello con il comunismo durante gli anni della Guerra Fredda. Lo sbarco a Foggy Bottom della “donna più potente che abbia mai lavorato alla Casa Bianca” - come la definisce il “Dallas Morning News” - avviene in grande stile. La Hughes ha ricevuto carta bianca dal Segretario di Stato Condoleezza Rice - sua amica ed altra fedelissima del presidente - ed avrà come vice Dina Powell, la trentenne stakanovista egiziano-texana, madrelingua araba, che [...] ha aiutato Bush ad avvicinarsi alla mentalità mediorientale. Potendo contare sul controllo assoluto di due uffici del Dipartimento di Stato ed oltre duecento dipendenti la Hughes è chiamata a confezionare un messaggio capace di dare sostegno ai musulmani moderati ma anche di penetrare nelle moschee fondamentaliste. Dovrà sedurre e convincere ma anche combattere. Prima di lei, dal 2001 in poi, su questo terreno hanno fallito tanto una regina della pubblicità di New York come Charlotte Beers che la navigata feluca Margaret Tutwiler: spot confezionati a Manhattan per le tv arabe, seminari a raffica e nuove stazioni radio e tv che trasmettono dagli Usa hanno modificato di poco i viscerali sentimenti anti-americani che consentono ad Al Qaeda di reclutare kamikaze. Per invertire la tendenza Karen Hughes ha spiegato ai senatori che fermi restando i contenuti, democrazia e riforme, punterà su un metodo opposto: “Prima di decidere cosa dire andrò ad ascoltare - ha detto - voglio sapere di più su di loro, in cosa credono e come vivono, che cosa considerano più importante e che cosa temono”. La sfida è di studiare il mondo musulmano prima di tentare di fare breccia, puntando sulla formula delle quattro “e” di Martin Luther King: “Engagement, exchanges, education, empowerment” (impegno, scambi, educazione, assegnazione di responsabilità). Ciò significa voler iniziare a piccoli passi e con il profilo basso, scegliendo uno stile simile a quello mostrato da Laura Bush nelle [...] visite in Medio Oriente ed Africa. Servirà tempo per poter capire se la texana di ferro riuscirà a vincere le resistenze delle masse dell’Islam. Di certo per i diplomatici americani in giro per il mondo si profila una rivoluzione: se dopo la Guerra Fredda la dissoluzione dell’“Usis” segnò il tramonto del ruolo dei portavoce e dell’impegno pubblico, l’insediamento di Karen Hughes preannuncia nuove disposizioni, a cominciare dalla necessità di scendere in campo, nelle università come nei convegni, per affrontare a viso aperto chi maledice gli yankees e brucia le bandiere a stelle e strisce» (Maurizio Molinari, “La Stampa” 28/7/2005).