Varie, 4 aprile 2004
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Clemens Roger
• Dayton (Stati Uniti) 4 agosto 1962. Giocatore di baseball. Pitcher tra i più grandi di tutti i tempi • «In 20 anni, l’intramontabile aveva sempre lavorato per le squadre dell’American League, nella stessa divisione: Boston, Toronto, New York Yankees. [...] Era già un bufalo incontenibile a 9 anni, nei diamanti sotto casa. Aveva (ha) un bazooka per braccio destro: la mattanza — stritolare battitori — era la sua piacevole merenda. Spaventava i coetanei, faceva urlare le mamme del quartiere: “Penso solo a tenere nascosta la pallina nel guantone, girarmela dentro e tirarla perfettamente come un colpo di fucile”. L’effetto è un rumore assordante quando il ricevitore acchiappa la sua pallina scagliata a 96 miglia orarie (155 km/ h): “Lanciare è terrorizzare, per me”. In media, su mille battitori che l’affrontano hanno calcolato che solo 197 riescono a intercettare le sue palline: ora veloci ora slider. [...] Nel 1981 venne selezionato dai New York Mets al termine dell’high school, ma gli scout parevano rassegnati di fronte alla volontà del ragazzo di entrare all’Università del Texas: “Clemens non diventerà mai professionista”. Una profezia che si sgonfierà in appena due anni: avrebbe voluto partecipare ai Giochi dimostrativi di Los Angeles ’84, ma divenne la 19ª scelta al primo giro del draft. I Boston Red Sox lo parcheggiarono, ma dal 15 maggio ebbero bisogno di lui: debuttò in Major League il 15 maggio contro i Cleveland Indians. Eliminò per primo Brett Butler, mentre a Mike Hargrove, che diventerà un grande manager, assestò il primo strike out [...] Per due volte, ne infilò 20 in una sola partita (record): accadde il 29 aprile 86 contro Seattle e dieci anni dopo contro Detroit, nell’ultima stagione con i Red Sox al termine della quale il general manager Dan Duquette gli diede del “bollito”. “È meglio cambiare aria” rispose, e se ne andò a Toronto. Il punto più basso l’aveva raggiunto durante le finali di Lega del ’90: venne cacciato dall’arbitro Terry Cooney, un ex marine. Nel bienno con i Blue Jays, Clemens si gestì a meraviglia collezionando due dei 6 (altro record) l’Oscar dei lanciatori. La franchigia canadese dovette quindi sacrificarlo per mettere a posto i conti [...] e the Rocket approdò agli Yankees “per cominciare a vincere davvero”. Due World Series nel ’ 99 e 2000. Nel derby con i Mets, Clemens fu protagonista di un feroce scontro con Mike Piazza che gli costò una multa di 50 mila dollari. Il 13 giugno 2003, nella stessa notte contro i St. Louis di La Russa, entrò nel Millenium: 300ª vittoria, 1000˚ strikeout. “Ai record non penso molto, anche se mi inorgogliscono”. Ci credete? Passava da un’ovazione all’altra, anche a Boston: che ha ritrovato nelle finali di lega e contribuito ad eliminare come vorrebbe la maledizione di Babe Ruth, dalla cui statua allo Yankee stadium, Clemens passava prima di ogni match: bastava una carezza, serviva come superstizione. Funzionava. Roger si è ritirato a ottobre 2003: ha convocato la famiglia e 50 amici speciali a Miami per l’ultima partenza in gara-4 delle World Series contro i Marlins. Lo strike out a Luis Castillo pareva fosse davvero l’ultimo. In fondo, sarebbe stato il secondo giocatore a ritirarsi in una finale, dopo il suo idolo Sandy Koufax, lanciatore degli Anni 60, del quale ereditò il numero della divisa. Roger prima della stagione era andato in missione in Iraq per una visita al contingente americano: “Ragazzi, prendete questo Saddam e poi Bin Laden”. Una visita autorizzata dal generale Richard Myers, amico del suo procuratore, Alan Hendricks: desiderio espresso perchè il fratello aveva partecipato alla guerra in Vietnam. Da patriota fervente, avrebbe voluto inoltre coronare la carriera lanciando all’Olimpiade di Atene per difendere l’oro di Sydney. Ma gli Usa sono stati eliminati a novembre dal Messico e Clemens l’ha presa proprio male: “È stata una vergogna’. E se ne è andato in vacanza alle Hawaii, con Pettitte nel frattempo accordatosi con gli Astros per tre anni e una riflessione: “New York è il massimo, ma vuoi mettere i tramonti a Houston? Sì, torno a casa”. Dev’essere stata una sirena irresistibile per Clemens: “Andy, vogliono anche me: che faccio? Che penseranno adesso se torno a giocare?”. E il fratello: “Fatti consigliare dal cuore”. Incrociando su un green Michael Jordan, the Rocket ha chiesto lumi all’asso del basket, tornato con Washington dopo l’addio a Chicago: “Sappi che non è lo stesso che giocare in una squadra vincente, non sai come va a finire: comunque bentornato”. Roger ha ceduto alla tentazione il 13 dicembre 2003: per un solo anno, per 5 milioni di dollari, anche se il suo futuro sarà qui per altri dieci anni. “Ho detto sì solo dopo la benedizione di mia mamma, anche per me è un ritorno a casa anche se ho perso il sonno per alcuni giorni”» (Stefano Arcobelli, “La Gazzetta dello Sport” 4/4/2004).