Michele Anselmi, "il Giornale" 1/4/2004 pagina 33, 1 aprile 2004
Per Gillo Pontecorvo, Marlon Brando sul set di Queimada era «ombroso come un cavallo da corsa. Bastava che i suoi occhi incrociassero lo sguardo di un macchinista perché urlasse:"Stop!"
Per Gillo Pontecorvo, Marlon Brando sul set di Queimada era «ombroso come un cavallo da corsa. Bastava che i suoi occhi incrociassero lo sguardo di un macchinista perché urlasse:"Stop!". Pretendeva che mi nascondessi dietro la macchina da presa: non sopportava il mio sguardo critico». Il rapporto tra il regista e l’attore, nei cinque mesi della lavorazione, fu burrascoso: «Brando sfoderò una totale disistima nei miei confronti. Pensavo che fossi un sadico, un dittatore, un paranoico. Solo perché lo tenevo sotto il solo, insieme alle comparse, per rifare una scena finché non veniva bene. Un’ingiustizia per lui. Mi diede pure del razzista, dicendo che maltrattavo i figuranti di colore. Sciocchezze. La verità è che si annoiava a Cartagena».