Marina Martinetti, "Economy" 19/3/2004, 19 marzo 2004
SITUAZIONE FINANZIARIA DEI PARTITI ITALIANI
Organizzano il consenso e il dissenso. Gestiscono il potere. Muovono le idee. I partiti in Italia sono il collante tra il popolo e le istituzioni. Ma anche una camera di compensazione tra diversi interessi. un lavoro complicato, impegnativo e costoso. Che ha bisogno di persone capaci, strutture adeguate e denaro. Perché i partiti, come un’azienda, devono impegnarsi per ottenere quote sul mercato dei votanti, valutando se i propri investimenti hanno reso in termini di consensi. E, quasi come un’azienda, sono retribuiti (dallo Stato) in base ai risultati che ottengono.
Quanto? In pratica un euro a elettore per ogni anno di legislatura come rimborso pubblico delle spese elettorali. Un euro all’anno per la Camera, uno per il Senato, uno per le elezioni regionali e uno per quelle europee. Un euro anche per chi alle urne non c’è andato. In tutto 987 milioni in cinque anni, ai quali vanno aggiunti 130 milioni di finanziamenti ai giornali di partito, cioè 1.117 milioni che ogni lustro escono dalle casse dello Stato. Che si sommano agli scarsi risultati del tesseramento (75 milioni) e ai risicati contributi privati (circa 150 milioni di euro) per un totale di 1,342 miliardi in cinque anni.
Sono 286,4 all’anno solo per le strutture centrali (escluse le sezioni e le federazioni locali), che – sottratte le spese – nel 2002 hanno dato un risultato positivo di 72 milioni. Ma se il sistema dei partiti è in attivo, significa che (a sorpresa) la politica rende. Sarà vero? Dopo le confessioni di Calisto Tanzi sui soldi ai parlamentari e alla vigilia delle elezioni di giugno, Economy ha fatto i conti in tasca alle forze politiche italiane. Nessuna esclusa.
L’AUTOTASSAZIONE DI FORZA ITALIA
>Voti alle politiche: 10.923.431
>Dipendenti: 57
>Rimborsi 2002: 80,1 milioni
>Entrate totali: 91,91 milioni
>Spese: 35,69 milioni
Il partito che ha raccolto più consensi alle elezioni politiche del 2001 ha chiuso il 2002 in attivo di quasi 48 milioni di euro. Anche se, a fine anno, Forza Italia ne doveva ben 100,4 alle banche. "Oggi li abbiamo già ridotti di circa 35 milioni" precisa il tesoriere Rocco Crimi "e comunque sono garantiti dalle fideiussioni per oltre 150 milioni rilasciate dal presidente Silvio Berlusconi". Non solo: nel 2002 il movimento ha restituito al premier 775 mila euro più altri 767 mila di interessi del prestito da 16 milioni concesso dalla sua società Dolcedrago. "Fortunatamente ci sono i rimborsi elettorali per politiche e amministrative, che sono la voce più importante nel nostro bilancio: ben 80 milioni di euro". Altri 9,4 arrivano dai tesseramenti.
Poi ci sono le cene con Berlusconi: quella al Principe di Savoia a Milano il 13 febbraio, costata intorno ai 2 mila euro per ogni commensale, ha fruttato più di 1 milione di euro. E per la prima volta nel 2003 anche Forza Italia ha deciso di autotassare i propri eletti: "Ogni parlamentare d’ora in poi verserà circa 500 euro al mese. E i consiglieri regionali ne daranno poco più della metà". Non molto, per la verità. D’altronde "abbiamo solo 57 dipendenti, pochi costi fissi e una piccola società controllata, la Quadritalia, che stiamo chiudendo; si può dire che il nostro è un partito che costa poco" ribadisce Crimi. Nel 2002, però, Forza Italia ha dovuto sborsare più di 36 milioni di euro. "Spendiamo in propaganda" si giustifica Crimi "perché con questa legge sulla par condicio ogni volta che il presidente parla ci sono almeno dieci repliche degli altri. E non si riesce a comunicare".
IL TRIANGOLO BANCARIO DEI DS
>Voti alle politiche: 6.151.154
>Dipendenti: 182
>Rimborsi 2002: 8,62 milioni
>Entrate totali: 24,08 milioni
>Spese: 10,21 milioni
Rossa la bandiera dei Democratici di sinistra, in rosso il bilancio. I debiti solo con le banche a fine 2002 erano 184,8 milioni. Più altri 131,2 della controllata Beta immobiliare srl, i cui 261 immobili, del valore di circa 90 milioni, sono serviti per anni soprattutto per garantire crediti da girare all’Unità. Per rialzare le fronde, la Quercia il 29 maggio 2003 ha deciso di liquidare Beta. E Unipol merchant ha organizzato una triangolazione da 88 milioni di euro. Un pool di banche, capeggiato da Carisbo (Sanpaolo-Imi) e comprendente Mps, Capitalia e Intesa, ha accettato 44 milioni a saldo dell’esposizione verso la società immobiliare, portando a perdita gli altri 43,9. Un bel regalo che però si sarebbe configurato come un finanziamento politico ai Ds.
Così per evitarlo è entrato in gioco Giampaolo Angelucci, patron di Tosinvest ed editore di Libero e del Riformista, che si è accollato il debito di Beta e ha ottenuto lo sconto. E il resto? Mps era esposta per altri 18 milioni, ma ha appena ceduto il credito garantito da un’ipoteca sull’ex quartier generale di via Botteghe Oscure, mentre i Ds hanno ottenuto dalle banche una dilazione di dieci anni su una parte delle scadenze, a un tasso fisso del 4% per i primi quattro.
E quindi 120,8 milioni si sono trasformati in mutui, mentre altri 42 milioni saranno pagati in sei rate annuali. Perché in arrivo ci sono 18 milioni l’anno fino al 2005 per i rimborsi elettorali delle politiche 2001 e i 4,4 milioni che i parlamentari versano nelle casse del partito. Ma una parte di questi soldi, circa 10 milioni all’anno, se ne andrà in affitti, stipendi e bollette per far marciare la macchina formata da 182 tra funzionari, impiegati e collaboratori. Senza contare le partecipate: Sevar srl (80% Ds) che organizza congressi e manifestazioni, Festa dell’Unità compresa, ha chiuso il 2002 in rosso di 155 mila euro. E Libreria Rinascita (100% Ds) di 427 mila.
LA MARGHERITA MILIONARIA
>Voti: 5.391.827 (con l’Udeur)
>Dipendenti: 80
>Rimborsi 2002: 15,36 milioni
>Entrate totali: 16,93 milioni
>Spese: 9,9 milioni
L’operazione che ha portato sotto lo stesso tetto i popolari di Pierluigi Castagnetti, Rinnovamento italiano di Lamberto Dini e i Democratici che sostengono Romano Prodi è riuscita non solo dal punto di vista politico. I partiti mantengono in parte un’autonomia organizzativa ed economica, ma la Margherita di Francesco Rutelli ha già intrapreso la strada dell’integrazione. Che sta pagando. L’utile del nuovo soggetto politico è stato di 7,1 milioni di euro nel 2002 e non ci sono debiti con le banche. I suoi dipendenti, invece, sono raddoppiati nel giro di un anno. "Ormai saremo a quota 80" conferma il cassiere Luigi Lusi "perché abbiamo rilevato gran parte del personale dai partiti che ci compongono".
L’apparato costa 10 milioni di euro l’anno, ma le entrate bastano e avanzano. Tanto che Lusi ha messo a frutto i proventi della gestione caratteristica, 16,9 milioni di euro dei quali ben 15,3 di rimborsi elettorali e il resto racimolato fra tesseramenti (637 mila euro), parlamentari (95 mila), manifestazioni (176 mila) e contributi privati (123 mila euro), affidandone 3,5 milioni alla gestione patrimoniale di Ras Bank. C’è di che essere soddisfatti: "Non abbiamo problemi" dice Lusi "e a fine gennaio abbiamo acquisito la testata Europa, che pubblichiamo tramite la nostra società editrice". Si tratta di Dlm Europa, l’unica partecipata dal partito di Rutelli. Per fare i conti, però, è troppo presto: "Siamo ancora all’inizio", spiega Lusi. E soprattutto, per ricevere i contributi dallo Stato, Europa dovrà attendere fino al 2005
L’UDEUR LEGGERO DI CLEMENTE
>Voti: 5.391.827(con la Margherita)
>Dipendenti: 2
>Rimborsi 2002: 1,71 milioni
>Entrate totali: 2,09 milioni
>Spese: 1,79 milioni
Nelle elezioni politiche del 2001 con il simbolo della Margherita correva anche l’Udeur di Clemente Mastella, che poi ha deciso di mantenere una totale autonomia dalla coalizione di Rutelli, sia politica sia economica. E ha raggiunto, a fatica, l’accordo sulla spartizione dei rimborsi elettorali, incassando nel 2003, con qualche mugugno, 2 milioni di euro che in gran parte saranno spesi in propaganda elettorale per le europee. Dove correrà col proprio simbolo. Grazie ai contributi l’Udeur a luglio ha anche saldato i suoi debiti, 296 mila euro in tutto, "perché per legge il segretario amministrativo, cioè io" spiega serio il tesoriere, Tancredi Cimmino, "è responsabile in solido col partito".
E ha chiuso il 2002 con un attivo di 256 mila euro. un partito la cui struttura, con due dipendenti, altrettanti collaboratori e solo 200 iscritti che rendono 2.300 euro l’anno, è ridotta all’osso. Come il bilancio, che lascia fuori i conti delle sezioni locali: "L’ho voluto io per non impazzire" dice Cimmino "preferisco dare un contributo ogni tanto (646 mila euro nel 2002, ndr) che controllarne i conti ed esserne responsabile ". Anche perché Cimmino ha già in carico i conti, in attivo di 16 mila euro, della cooperativa che edita il quotidiano Il campanile nuovo, che sta per incassare 1,6 milioni di euro di contributi pubblici per l’editoria.
I VALORI IMMOBILIARI DI AN
>Voti alle politiche: 4.463.205
>Dipendenti: 34
>Rimborsi 2002: 12,2 milioni
>Entrate totali: 14,96 milioni
>Spese: 10,53 milioni
Alleanza nazionale ha speso tutto l’avanzo del 2002, 4,4 milioni di euro, in propaganda per le elezioni amministrative. E deve fare i conti con il Secolo d’Italia, il quotidiano del partito che, a fine 2002, ha accumulato un deficit di 4,5 milioni, comprendenti la perdita d’esercizio di 849 mila euro. Fortunatamente ci sono i rimborsi elettorali (11,6 milioni l’anno) e le contribuzioni dei parlamentari (1,8 milioni circa). E non ci sono debiti con le banche: "Non siamo certo come Parmalat" ironizza il tesoriere Francesco Pontone "e non ho mai voluto investire in titoli e azioni, perché ritengo inutile immobilizzare liquidi utili per le nostre attività. Gli unici beni mobili che abbiamo sono due Lancia Thesis".
Infatti il partito di Gianfranco Fini preferisce gli immobili: ne ha una trentina in tutto, attraverso due società immobiliari, partecipate entrambe al 99% da An. Si tratta della Italimmobili srl, proprietaria della sede di via della Scrofa e del quartier generale di Venezia, e della Nuova Mancini srl, che possiede il 25% delle sedi locali di An. "Ma la gran parte, una novantina, sono in affitto. Lo paghiamo noi direttamente da Roma" spiega Pontone. Via della Scrofa spende infatti 1,3 milioni in locazioni e più di 1 milione per finanziare di tanto in tanto le proprie appendici territoriali. Che, però, non presentano un bilancio e le cui entrate, quindi, non rientrano nel rendiconto ufficiale di An. L’unico dato certo sono le spese di gestione: 10,5 milioni nel 2002, comprensivi di affitti, spese di propaganda, sovvenzioni alle sezioni e stipendi per i 34 impiegati assunti a tempo indeterminato.
IL PROFITTO DI RIFONDAZIONE
>Voti alle politiche: 1.868.659
>Dipendenti: 65
>Rimborsi 2002: 4,4 milioni
>Entrate totali: 7,02 milioni
>Spese: 5,72 milioni
Quello di Fausto Bertinotti, coi suoi 65 dipendenti, è un vero partito-azienda. Che, come An, crede negli immobili: a bilancio ne ha per 14,7 milioni di euro e ha impegnato tutti gli 1,5 milioni di avanzo 2002 nell’acquisto di negozi e appartamenti. "Le federazioni locali contribuiscono tra il 30 e il 50% all’acquisto di sedi " spiega il tesoriere Franco Bonato "ma abbiamo deciso di intestarle tutte al partito. Meglio cautelarsi dalle scissioni. La nostra vecchia società immobiliare, la Prorico, ormai è una scatola vuota tenuta in vita solo per il credito fiscale, più di 150 mila euro". Continua, invece, a funzionare, chiudendo il 2002 in stile di quasi 16 mila euro, la società editrice di Rifondazione, la Mrc.
E i debiti? Erano a quota 3,2 milioni di euro a inizio 2003. "Ad agosto abbiamo puntualmente saldato i conti con Bnl" continua Bonato "poi abbiamo chiesto un altro prestito, da 4 milioni, Unipol. Ne spenderemo un quarto per le europee e pagheremo la banca con i contributi elettorali". Anche per il 2003 Rifondazione presenterà un bilancio in attivo. "Come partito abbiamo una particolare predisposizione aziendalistica" ironizza Bonato, che i compagni chiamano "sanguisuga". "Chiedo ai nostri eletti più della metà delle loro indennità, rimborsi vari compresi, e raccolgo quasi 2 milioni l’anno: mai qualcuno che mi dica di no". Quanto ai costi, far marciare "l’azienda " porta via poco più di 5,7 milioni: metà per gli stipendi, l’altra metà per bollette, manifesti e servizi vari.
HOLDING LEGHISTA PER LA GESTIONE
>Voti alle politiche: 1.464.301
>Dipendenti: 43
>Rimborsi 2002: 1,81 milioni
>Entrate totali: 9,65 milioni
>Spese: 8,1 milioni
I conti della Lega Nord sono solidi e consolidati. Come i suoi colleghi, anche il tesoriere Maurizio Balocchi chiede contributi ai suoi deputati e senatori: 3,5 milioni nel 2002, poco meno di un terzo dell’attivo del movimento, pari a 9,6 milioni. Il resto? Quasi 1 milione arriva dal tesseramento; 3,7 dallo Stato come rimborso delle spese elettorali; 1,4 dalle feste e pochi spiccioli, 148 mila euro, dal fund raising effettuato principalmente tra artigiani e commercianti. Quanto basta per dare benzina e nel 2002 ne ha consumata per 9 milioni, a un carro con 43 dipendenti.
Ma soprattutto quanto basta per chiudere il 2002 senza debiti con il sistema bancario, un utile di 361 mila euro e una liquidità in depositi bancari e postali per 3,7 milioni di euro, che si vanno a sommare agli 1,3 che sono nelle casse delle sezioni. Perché la gestione del movimento di via Bellerio è decisamente centralista: tiene sotto controllo i conti, fino al centesimo, anche delle sezioni territoriali. Tanto da essere l’unico partito a presentare un vero e proprio bilancio consolidato.
"Siamo nati così, all’insegna della trasparenza" spiega Balocchi. Che, però, al bilancio non ha allegato quello delle due partecipate al 99,99% (lo 0,01% è del segretario Umberto Bossi): la Pontida Fin srl, nata nel ’91 e amministrata dal commercialista Ugo Zanello, è l’immobiliare proprietaria del quartier generale di via Bellerio (per il quale la Lega sta pagando un mutuo di circa 4,5 milioni) e del terreno di Pontida, che valgono circa 8 milioni di euro. E la Fin Group spa, gestita dall’avvocato Matteo Brigandì, che svolge la funzione di holding: ha il 100% di Check up srl (sondaggi d’opinione) e di Padania viaggi, il 99% di Media Padana (concessionaria pubblicitaria), il 90% di Celticon (produzioni video) e il 60% di Ctn compagnia televisiva del Nord.
Un impero che si traduce, per la Lega Nord, in un netto patrimoniale di 4,6 milioni. Ma nel conto mancano altri tasselli: il quotidiano La Padania, edito dall’Editoriale Nord, cooperativa presieduta da Giuseppe Leoni, che ha chiuso il 2002 in utile di 1 milione, e la Banca popolare Credieuronord, che ha raccolto dai suoi 3.200 soci 52 milioni di euro. "Ma con la Lega non c’entriamo nulla" assicura Piero Franco Filippi, braccio destro del presidente Gianmaria Galimberti. "Siamo solo la banca di riferimento del movimento".
L’EFFICIENZA DEI COMUNISTI
>Voti alle politiche: 620.859
>Dipendenti: 16
>Rimborsi 2002: 1,76 milioni
>Entrate totali: 2,63 milioni
>Spese: 2,05 milioni
La rottura tra Rifondazione e il Partito dei comunisti italiani è avvenuta sulla politica, non sulle strategie di gestione economica che sono del tutto simili. La linea seguita da Angelo Muzio, cassiere del Pdci di Armando Cossutta e Oliviero Diliberto, è quella di creare un efficiente partito azienda che ha chiuso il 2002 in utile di 600 mila euro, non ha debiti con le banche e conta su un patrimonio di 741 mila euro, di cui 209 mila investiti in Ctz.
Ha 16 dipendenti, che costano in tutto 382 mila euro l’anno, e contando affitti, bollette, rimborsi di viaggi, spese di propaganda e oneri tributari, la macchina consuma poco più di 2 milioni l’anno. Per fortuna ci sono i rimborsi elettorali, pari a 1,7 milioni nel 2002. Mentre Muzio dai suoi parlamentari ha raccolto 825 mila euro nel 2002. L’unica partecipazione, al 97,714%, è nella Galileo 2001 srl, editrice fino al 2001 di La Rinascita della Sinistra (oggi in mano alla cooperativa Laerre) che ha chiuso in attivo di 422 mila euro.
SOCIALISTI IN PROFONDO ROSSO
>Voti alle politiche: 805.340
>Dipendenti: nessuno
>Rimborsi 2002: 1,19 milioni
>Entrate totali: 1,44 milioni
>Spese: 1,5 milioni
Il partito di Enrico Boselli non riesce a chiudere i conti in attivo: il rosso 2001 era di 829 mila euro, quello 2002 di 53 mila e su quello 2003 per ora il tesoriere, Giuseppe Albertini, non si pronuncia. Se non per dire che ci sarà di sicuro. "Le spese le recuperiamo coi rimborsi elettorali" spiega. Si tratta di poco meno di 1,2 milioni di euro a cui si sommano quote associative, 35 mila euro e contributi di parlamentari e sostenitori, 216 mila euro. In tutto, 1,4 milioni, meno di quanto costi far andare avanti la macchina che, curiosamente non presenta alcun onere per il personale: "Per evitare impegni contrattuali di lunga durata abbiamo ritenuto di non avvalerci dell’opera di personale dipendente " taglia corto Albertini.
Quindi, solo consulenti e collaboratori per lo Sdi che nel 2002 ha speso 505 mila euro in servizi. D’altronde il partito deve periodicamente sottrarre alle proprie casse liquidità per devolverla alla controllata Nuova editrice Mondoperaio srl: 194 mila euro nel 2002, per chiudere l’annata comunque in rosso di 82 mila euro. Perdita che, sommata a quella del partito, arriva a 135 mila euro. Un passivo che non spaventa anche perché lo Sdi ha 233 mila euro in cassa, al Banco di Napoli. Tutti investiti in pronti conto termine. Perché? Risponde lo stesso Albertini: "Per evitare le angherie delle banche".
COMPENSAZIONI PER L’UDC
>Voti alle politiche: 2.082.289
>Dipendenti: 19
>Rimborsi 2002: 6,36 milioni
>Entrate totali: 7,57 milioni
>Spese: 3,77 milioni
L’Udc, il partito dei cattolici del centrodestra guidato da Marco Follini, ha poco più di un anno di vita e non deve presentare bilanci perché il suo simbolo non era presente alle elezioni del 2001. Ma, come per la Margherita, anche per Ccd, Cdu e Democrazia europea l’unione ha fatto la forza. Quella delle casse di tre partiti. Perché il Ccd, fondato da Pier Ferdinando Casini, già all’inizio dello scorso anno contava su disponibilità liquide per 3,2 milioni di euro, dopo aver chiuso il bilancio in attivo per 934 mila.
E Democrazia europea di Sergio D’Antoni aveva in cassa 2 milioni grazie a un utile record per un partito che si reggeva sul lavoro di un operaio, un apprendista e tre collaboratori. Ai quali si aggiungono i 4,3 milioni del Cdu di Rocco Buttiglione. Abbastanza per riuscire a chiudere, una volta per tutte, la disputa patrimoniale con i popolari sull’eredità dell’ex Dc. Rinunciando ai beni, mobili e immobili, che dal 1995 il Cdu gestiva insieme con il Ppi. Ma anche cancellando 3,3 milioni di euro che Buttiglione doveva dare al partito di Pierluigi Castagnetti.
LE FIDEIUSSIONI DEI VERDI
>Voti alle politiche: 805.340
>Dipendenti: 6
>Rimborsi 2002: 1,11 milioni
>Entrate totali: 1,99 milioni
>Spese: 1,48 milioni
I Verdi viaggiano sul filo del rasoio: spendono 1,4 milioni l’anno tra stipendi dei loro sei dipendenti, compensi dei cinque lavoratori a progetto, affitti e contributi alle sedi regionali (463 mila euro) e servizi vari. E ne incassano quasi 2 tra rimborsi elettorali (1,1 milioni), quote associative (425 mila euro), fund raising (465 mila euro), compresi i circa 22 mila euro che ogni parlamentare verde versa nelle casse della federazione. "Ma per queste europee chiediamo un contributo straordinario di 6 mila euro a testa" spiega il cassiere, Marco Lion. Moltiplicato per 17 (15 parlamentari e due eurodeputati) significa 82 mila euro. Pochi per fronteggiare le spese elettorali, stimate da Lion in 1 milione di euro.
Come li recupererà? "Chiedendo uno scoperto di conto corrente garantito da fideiussioni personali di deputati e senatori". Quanto alle partecipazioni, i Verdi si sono liberati da quella nella loro storica cooperativa, l’Editoriale Eco: "Da gennaio abbiamo solo una partecipazione in Ecomedia spa, 24 mila euro su un capitale sociale di 100 mila conferito da imprenditori del bio e dei prodotti ecocompatibili. Editerà il nostro organo di partito, che non sarà un giornale, ma una radio: Ecoradio". E la coop? "Esiste ancora, ma noi siamo solo un socio sovventore. La utilizzeremo quando ne avremo bisogno".