Massimo Lopes Pegna, "La Gazzetta dello Sport" 21/3/2004;, 21 marzo 2004
Cos’è che fa accendere la lampadina nel cervello di un inventore? Sherman Poppen, creatore del primo snowboard, rimane un attimo in silenzio
Cos’è che fa accendere la lampadina nel cervello di un inventore? Sherman Poppen, creatore del primo snowboard, rimane un attimo in silenzio. Poi racconta il modo in cui è capitato a lui: « Accade con semplicità » , dice. Spiega che l’idea gli è venuta così, all’improvviso, non l’aveva né pensata, né studiata, che in verità è nata per risolvere un problema di famiglia: « Era il 1965, il giorno di Natale, avevo 35 anni e due figlie piccole che si annoiavano da morire. Vivevamo sulle rive del lago Michigan, a Muskegon, dietro alla nostra casa c’erano delle dune di sabbia ricoperte di neve. Così per far divertire le bambine le ho portate in cima e mandate giù con la slitta. Ma i pattini affondavano troppo, finivano nella sabbia e la slitta frenava. Allora ho guardato il lago e poi ancora le dune e mi sono detto: ’ Ma queste dune sembrano le onde del mare, si potrebbe farci del surf’. Così sono andato in garage, ho legato assieme un vecchio paio di sci con dei lacci e mia figlia Wendy di dieci anni, stando in piedi come su una tavola da surf, è scesa dalla duna scivolando sulla neve, dunque per la prima volta non con la faccia avanti ma trasversale alla pista » . Il primo snowboard è nato così il 25 dicembre 1965. Anzi lo « snurfer » : « Fu mia moglie a dargli quel nome: ’ snurfer’, incrocio delle parole ’ snow’, neve e ’ surf’. Semplice no? » . Semplice e anche divertente. Tanto che il giorno dopo alla porta di casa Poppen cominciano a bussare i figli dei vicini. « Anche loro volevano lo ’ snurfer’. Così rastrellai tutti gli sci che trovai nei negozi del paesino dove vivevo e cominciai a costruire artigianalmente quel nuovo balocco. Solo in quel momento mi resi conto che forse avevo inventato qualcosa di nuovo e capace di interessare e coinvolgere la gente » . Alla nuova invenzione viene apportata subito una modifica: un laccio legato alla punta dell’attrezzo: « Fu mio padre a pensarci, perché quando cadevi, lo snurfer finiva inevitabilmente in fondo alla pista. Con il laccio invece lo potevi trattenere vicino a te. E poi aiutava a mantenere l’equilibrio e la manovrabilità » . Sherman Poppen non perde tempo. pochi mesi dopo, nell’aprile del 1966, ha già brevettato la sua invenzione ( negli Usa la durata del brevetto è di 17 anni) e il nome « snurfer » . Si rivolge a due amici che hanno la proprietà della Brunswick, l’azienda che ancora oggi produce palle da bowling e biliardo, e comincia a fabbricare lo « snurfer » . « A Natale del ’ 66 lo ’ snurfer’ entra nei negozi di sport e ferramenta, giallo e nero, non più due sci legati assieme ovviamente, ma una tavola unica, più stretta dell’attuale snowboard, perché i piedi dei bambini sono più piccoli: molto bello con una corda sul davanti. Lo vendevamo a 5.77 dollari. Oggi su Ebay si trovano anche a 200 dollari, ormai è un oggetto desiderato dai collezionisti » . N ei 14 anni successivi vengono venduti 900 mila snurfer. Intanto dopo pochi anni la Brunswick vende alla Gem Corporation in Virginia. Le cose non vanno male, la Gem fa anche del buon marketing: assieme allo snurfer vende distintivi da attaccare alle giacche a vento e un portasnurfer. Ma Poppen non si fida della nuova iniziativa e preferisce non lasciare il suo lavoro di ingegnere specializzato in condutture del gas. Spiega: « I soldi non erano abbastanza. Forse avevo chiesto troppo poco per ciascun pezzo venduto. E comunque ho la grave colpa di non aver visto un futuro nella mia invenzione. Non ho pensato che lo snurfer o snurfing potesse diventare un giorno una disciplina sportiva vera e propria, svilupparsi, diventare insomma quello che lo snowboard è oggi. Nei weekend però ci radunavamo con amici e amici degli amici e organizzavamo delle gare. Dicevamo che un giorno saremmo andati tutti quanti all’Olimpiade. Ma era soltanto una battuta, ci ridevamo su. Non ho mai creduto che tutto questo un giorno avrebbe potuto davvero accadere » . A una di quelle gare nel 1979 si presenta un giovane, Jake Burton Carpenter. Sotto braccio tiene stretti un paio di snurfer e due tavole diverse di sua invenzione su cui per la prima volta compaiono i supporti per i piedi. Dice Poppen: « Le sue tavole funzionavano bene, perché erano più manovrabili rispetto alla mia. Quando Burton iniziò una sua produzione dello ’ Snurfboard’, io gli scrissi una lettera. Possedevo i diritti per l’uso della parola ’ Snurf’ e i suoi derivati. Gli intimai di pagarmi un tanto a pezzo. Ma lui non fece una piega, cambiò nome alla sua creatura e lo chiamò: snowboard. E’ stato l’errore più grosso della mia vita. Non fosse stato per quella lettera, oggi lo sport si chiamerebbe ’ snurfing’ non ’ snowboarding’. In verità non potevo più fermarlo nella produzione perché mentre i diritti sulla parola ( snurf, ndr) sono permanenti, il brevetto scade dopo 17 anni e non è più rinnovabile » . M a quello non è l’unico errore che commette Poppen. La sua invenzione rimane fine a se stessa, percepita dalla maggior parte della gente soltanto come un giocattolo ad uso esclusivo dei bambini. In quasi tutte le località di montagna in quegli anni sulle piste è proibito l’impiego dello snurfer. Sarà proprio quello il punto su cui lavorerà Burton per sfondare con il suo snowboard. Il marketing di Poppen non funziona. Anzi, alla Harvard University, uno dei professori di economia inserisce nel suo programma di insegnamento lo snurfer della Brunswick come cattivo esempio di pubblicità. Racconta Poppen: « E’ vero, quasi imbarazzante. Alla Brunswick avevano avuto anche una bella idea. Avevano creato sui giornali una striscia di fumetti sullo snurfer: un bambino viene preso in giro per quel suo strano attrezzo, ma dimostra ai suoi amici come sia molto più facile e divertente scendere a cavallo dello snurfer invece che sugli sci tradizionali. I bambini leggevan quelle strisce, s’innamoravano del giocattolo e quando andavano a richiederlo nei negozi la maggior parte delle volte non lo trovavano. E la cosa moriva lì » . Morto lì il suo snurfer, Poppen adesso vive a Steamboat Springs in Colorado. Trascorre 84 giorni l’anno scendendo con lo snowboard ( « Ma non quest’anno, perché mi sono appena rotto delle costole schiantandomi contro un albero » ) , lo chiamano spesso nelle scuole per istruire nuovi maestri dello sport. Con Jake Burton Carpenter, l’uomo che perfezionando la sua invenzione ha contribuito a rendere popolare lo sport, è in ottimi rapporti: « Jake è un bravo ragazzo, con me si è sempre comportato molto bene. Non ci sono dubbi che a lui va il grande merito di aver fatto accettare lo snowboard sulle piste. Oggi negli Usa soltanto tre località montane vietano lo snowboard. E nella sua fabbrica del Vermont ha dedicato un muro alla storia dello sport. Su quella parete si comincia proprio con la mia invenzione » . Lo snurfer, appunto. Sospira Poppen: « E’ il mio grande rammarico: mi sarebbe piaciuto che lo sport oggi si chiamasse ’ snurfing’ » . Quel simpatico nomignolo inventato da sua moglie il giorno di Natale del 1965 sulle rive del Lago Michigan.