8 marzo 2004
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Kroto Harold
• Nato a Wisbech (Gran Bretagna) il 7 ottobre 1939. Premio Nobel per la Chimica 1996. «Nel 1985 scoprí che una struttura da lui osservata in una nebulosa era costituita da sessanta atomi di carbonio disposti come sui vertici degli esagoni e dei pentagoni che costituiscono un pallone da calcio. Nel 1991 la struttura, chiamata C60, fu riprodotta in laboratorio: il mensile Science la elesse a ”molecola dell´anno”, ed essa fu ribattezzata buckminsterfullerene in onore dell´architetto Buckminster Fuller, che aveva usato strutture analoghe per la costruzione di cupole geodesiche. [...] Ha dichiarato una sorta di debito "intellettuale" verso il Meccano. Come mai? ”Da bambino mi divertivo semplicemente a giocarci, ma poi mi sono reso conto che col Meccano ho imparato a muovere con destrezza le dita: mi ha insegnato un´abilità quasi ingegneristica. Cosa che, ad esempio, non fa il Lego. Ho scritto un articolo per le pagine culturali del Times, un paio di Natali fa, suggerendo di regalare ai bambini il Meccano, invece che il Lego”. Che ruolo ha invece giocato la matematica, nel suo sviluppo? ”Mi piaceva abbastanza, benché la mia natura fosse manuale e pratica, e il mio principale interesse fosse la grafica. Ma mi divertiva risolvere problemi, geometrici e analitici. Fui molto colpito quando imparai le proprietà della funzione esponenziale: il fatto che non cambia derivandola, o la bellezza e l´eleganza del suo sviluppo in serie”. Il suo lavoro sul carbonio C60, però, fu più sperimentale che teorico. ”Be´, l´esperimento originario era di radioastronomia. All´epoca fu molto sorprendente trovare del carbonio nello spazio, e io congetturai che si originasse nelle parti più fredde delle stelle, dove i processi atomici possono lasciare il posto a quelli chimici di formazione delle molecole. Cercammo di riprodurre condizioni stellari analoghe a quelle che avevamo osservato, e scoprimmo che c´era qualcosa di speciale nel numero 60. Sulla base del fatto che le forme stabili del carbonio sono esagonali, trovammo una possibile soluzione geometrica introducendo dodici pentagoni. Quindi si trattò di una congettura in parte matematica, e in parte empirica. [...] Una volta ha detto di essere un ateo "devoto". ”Appunto, una volta. Oggi sono un ateo militante. E se le cose peggiorano, diventerò un ateo fondamentalista”. Perché? ”Perché credo che ci siano due tipi di persone al mondo: quelli che hanno credenze mistiche, e quelli che non ce l´hanno. Questi ultimi credono che la vita sia tutto ciò che abbiamo, che dobbiamo godercela e aiutare gli altri a godersela. Gli altri pensano che la vita futura sia più importante di quella presente, e temo che faranno saltare in aria il mondo. Non ho dubbi sul fatto che il maggior pericolo per l´umanità oggi sia ... [...] che l´uno per cento dell´umanità ha seri problemi mentali, e una buona parte di questi matti trova giustificazioni religiose per la propria pazzia. Altri la trovano nel nazionalismo e nel patriottismo, il che è altrettanto pericoloso. [...] Einstein credeva nel Dio di Spinoza, che si rivela nell´armonia del creato, ma non in un Dio che si interessa delle fedi e delle azioni dell´uomo: per me questo è ateismo. Il vero problema è che la maggioranza della gente vive una vita miserabile, e ha un bisogno disperato di aggrapparsi a qualcosa: io credo che questo sia un meccanismo biologico di difesa, senza il quale l´umanità forse non sarebbe sopravvissuta. Solo una minoranza riesce a uscirne e accettare che questa vita è tutto ciò che c´è, e che quando è finita, è finita. Ma questo, più che una risposta, è soltanto un tentativo di dirle cosa penso: a certe domande, in realtà, non si può rispondere”» (Piergiorgio Odifreddi, ”la Repubblica” 6/3/2004).