Varie, 8 marzo 2004
Tags : Jagdish Bhagwati
Bhagwati Jagdish
• Bombay (India) 26 luglio 1934. Economista • «Docente alla Columbia University, noto per i suoi scritti sulla povertà ed il sottosviluppo, e definito da Foreign Affairs “uno dei più eminenti economisti del mondo”, ha pubblicato In defence of globalization (In difesa della globalizzazione) un volume di 308 pagine per i tipi della Oxford Univerity Press. Perché nel 2004 alla globalizzazione serve un avvocato? “Perché sono in molti a considerarla un processo maligno e non benigno. Dall’indomani delle proteste al summit del commercio a Seattle, nel settembre del 1999, mi sono impegnato in un dialogo con chi come Ralph Nader e Naomi Klein è schierato fra i contrari. Sono andato alla ricerca dei motivi del dissenso presenti all’interno di un movimento con più identità. Il libro risponde a tutte queste obiezioni spiegando che la globalizzazione è positiva per lo sviluppo umano”. Chi sono i nemici più accaniti della globalizzazione? “Hanno origini molto diverse ma possono essere divisi in due gruppi. Molti sono giovani, di estrema sinistra, marxisti e leninisti nei confronti dei quali c’è ben poco da fare perché l’unica cosa che li spinge è il rigetto del sistema. Non sono disposti a dialogare o a capire, sono idealisti, contrari a priori. Vedono gli orrori del mondo stando seduti di fronte alla tv nella camera da pranzo e si sentono frustrati, vogliono ribellarsi e basta. Vi sono però altri gruppi, come ad esempio quelli che fanno capo ad alcuni filosofi francesi, comunitaristi americani, leader verdi ed a Ralph Nader - candidato indipendente alle presidenziali americane - che pur essendo molto contrari sono disposti a sedersi e discutere. È a questi che il mio libro è diretto. [...] Democrazia, eguaglianza dei sessi, fine dello sfruttamento minorile, standard lavorativi comuni e difesa dell’ambiente sono rivendicazioni giuste. Tali questioni si pongono perché la globalizzazione così come è ora non ha un ’volto umano’ e quindi gliene serve uno. Gerhard Schroeder, Bill Clinton e Tony Blair furono i primi a prounciarsi a favore di un ’volto umano’ della globalizzazione, ma non ne è uscito molto”. Ci faccia un esempio di globalizzazione riuscita. “Prendiamo le conseguenze dell’arrivo dei giapponesi negli Stati Uniti e in Occidente. Vennero fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta ed erano praticamente tutti uomini. Quando poi tornarono dalle loro mogli, portarono un maggiore rispetto delle donne di cui la società si è giovata. Sotto questo aspetto la globalizzazione ha fatto avanzare i diritti delle donne in Giappone. Ma in Europa di queste novità sembrano non accorgersene. Ero a Londra la scorsa settimana, tutti parlavano male della globalizzazione e poi ho capito perché: i commenti nascevano dalla lettura di un rapporto dell’Organizzazione mondiale del lavoro, davvero confezionato in maniera partigiana [...]» (Maurizio Molinari, “La Stampa” 7/3/2004).