5 marzo 2004
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Kibaki Mwai
• Nato ad Othaya (Kenya) il 15 novembre 1931. Politico. Presidente del Kenya. «Col suo stile di governo apparentemente incerto e dimesso [...] ha fatto un´infinità di ottime cose. Ha decapitato la magistratura corrotta, dando il segnale che non esistono isole di impunità e restituendo ai cittadini comuni una qualche fiducia nella giustizia. Ha reso gratuita l´istruzione elementare, tornando a riempire di bambini le scuole del Kenya. Ha regolamentato il trasporto pubblico, i famigerati matatu stipati all´inverosimile e protagonisti di terrificanti incidenti della strada. Ora gli onnipresenti pulmini possono portare un massimo di 14 passeggeri muniti di cintura di sicurezza e la gente ritrova un certo rispetto per se stessa. Ha ripristinato una parvenza di Stato di diritto, chiudendo i centri di detenzione politica e raddoppiando la paga dei poliziotti, col risultato che c´è in giro molto meno paura dell´arbitrio» (Pietro Veronese, ”la Repubblica” 5/3/2004). Problema: ha due mogli. «Tutto sembrava promettere bene, fino alla fatidica notte di Capodanno 2004. Quella sera il nuovo presidente Mwai Kibaki e il suo seguito erano a Mombasa, sulla costa, in vacanza. Durante il cenone il vicepresidente Moody Awori si alza per il tradizionale brindisi di fine anno. Levando il calice in direzione della consorte di Kibaki, Lucy, Awori invita i presenti a bere alla salute della ”seconda signora” del Kenya. Gelo totale in sala. La first lady, furente, si alza e abbandona la festa. L´incredibile gaffe del vicepresidente è molto più di uno stupido errore: perché la verità che tutti sanno ma di cui nessuno mai parla è che Kibaki ha effettivamente due spose. Dall´indomani, la ”guerra delle mogli” è diventato un argomento fisso su tutti i giornali del Kenya. Le patetiche scuse del vicepresidente - ”è stato un lapsus” - vengono ben presto accantonate in favore di argomenti più succulenti. La questione non è tanto la bigamia di Kibaki, che in Africa non è una gran notizia: Jomo Kenyatta, il padre dell´indipendenza keniana, di mogli ne aveva avute addirittura quattro. La storia, in fondo, dura da ben 32 anni e ci sono foto, debitamente pubblicate dai giornali, che ritraggono la famiglia tutta insieme, marito mogli e qualche figlio. Il punto è un altro, e precisamente il ruolo delle due signore. Lucy è presenzialista, prepotente, troppo interventista negli affari del marito. Ha fatto chiudere un bar all´interno del palazzo presidenziale, prediletto da ministri e funzionari. Ha fatto allontanare numerosi consiglieri del presidente. Fa spesso sfuriate in pubblico. A poco più di un anno dall´elezione di Kibaki, Lucy non è affatto popolare. Durante una trasmissione radiofonica dedicata a lei, gli ascoltatori chiamavano dicendo che ricordava loro Maria Antonietta, l´antipatica moglie di re Luigi XVI di Francia finita sulla ghigliottina. Viceversa, come si conviene in un simile feuilleton, la seconda moglie svolge perfettamente la sua parte. Mary Wanbui, ex maestra elementare, è una presenza discreta, taciturna, modesta. Alloggia in una residenza di Stato, ha una limousine e guardie del corpo, ma per il resto compare molto poco. Da Kibaki ha avuto una figlia, Winnie Wangui Mwai, funzionaria del ministero degli Esteri, che talora segue il padre nelle visite di Stato all´estero (Lucy ha dato invece al marito quattro figli, tre maschi e una femmina). Le cose stavano a questo punto, e tutto il Kenya non parlava che del catastrofico cenone di Mombasa, quando ai primi di gennaio la presidenza della Repubblica ha emesso un comunicato il quale afferma pateticamente che ”la mia famiglia consiste di mia moglie Lucy” e dei suoi figli. ”La stampa”, si legge ancora nel testo, ”è cortesemente pregata di evitare di far riferimento ad altri miei presunti familiari prossimi”. Il comunicato era scritto in prima persona, ma non aveva firma. stato come gettare benzina sul fuoco. Il paese si è immediatamente convinto che il testo era stato scritto da Lucy, all´insaputa del marito. La figlia di Mary, Winnie, lo ha detto in un´intervista: ”Sono sicura che papà non c´entra. Se avesse voluto fare qualcosa del genere ci avrebbe consultate. Eppoi non ha firmato, perciò dev´essere stato qualcun altro”. Se prima la ”guerra delle mogli” era argomento di talk show radiofonici, adesso è materia prima per vignette di giornali e satira tv. True Colors, la trasmissione satirica della domenica sera, ha mostrato una Lucy che dava ordini mentre il marito sonnecchiava in poltrona. Non c´è niente di male. Uscito da 25 anni di regime oppressivo, autoritario e corrotto sotto Moi, il Kenya ha bisogno di respirare e di sorridere. ”Per la prima volta abbiamo potuto dare un´occhiata alla vita privata di un presidente”, ha scritto la vice direttrice del Daily Nation, Lucy Oriang.[...] Il bisticcio tra Lucy e Mary potrebbe diventare una velenosa lotta di successione. E poi, con quel comunicato senza firma, il capo dello Stato ha dato a tutti un´impressione di debolezza proprio nel momento in cui occorre il massimo polso. L´esecutivo della ”coalizione arcobaleno” che ha portato Kibaki al potere è impegnato su molti fronti: lotta contro la corruzione, combatte la malavita, si sforza di smantellare le rendite di posizione del vecchio regime, negozia con i donatori internazionali nuovi crediti per progetti di sviluppo. La cosa peggiore è la sensazione di avere al timone un vecchio imbelle. C´è dell´altro. Il Parlamento è impegnato nella discussione di una complessa riforma costituzionale, il cui scopo dovrebbe essere quello di creare una nuova poltrona di primo ministro, assente nell´attuale regime presidenziale. Alla carica di premier dovrebbe venir nominato Raila Odinga, uno dei protagonisti della scena politica, oggi ministro dei Lavori pubblici, che in cambio di questa promessa rinunciò a candidarsi contro Kibaki alle presidenziali. Ora Lucy è considerata favorevole alla riforma costituzionale e politicamente vicina a Odinga, che è di etnia Luo. Mary è invece una Kikuyu, come il presidente, e i Kikuyu sono ritenuti in maggioranza contrari alla riforma. Le due donne rischiano perciò, magari involontariamente, di diventare le portabandiera delle due opposte fazioni che si scontrano sulla riforma costituzionale e anche di ravvivare le tensioni etniche dalle quali, per sua fortuna, il Kenya è rimasto negli anni recenti sostanzialmente immune. Per questo la guerra delle mogli è molto più di uno spassoso pettegolezzo di palazzo. Potrebbe diventare una crisi politica capitale» (Pietro Veronese, ”la Repubblica” 5/3/2004).