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 2004  febbraio 28 Sabato calendario

Ha agito d’ accordo col sindacato, ha tagliato tutti i costi eccetto quelli del personale, ha puntato sulla clientela ricca e d’ affari senza buttarsi nell’ inutile competizione con le compagnie low cost

Ha agito d’ accordo col sindacato, ha tagliato tutti i costi eccetto quelli del personale, ha puntato sulla clientela ricca e d’ affari senza buttarsi nell’ inutile competizione con le compagnie low cost. Soprattutto ha aumentato il fatturato (quello profittevole) e introdotto una linea etica rigidissima combattendo favoritismi tariffari e raccomandazioni. Con questa ricetta la compagnia aerea israeliana El Al (5 mila dipendenti) nell’ arco di due anni e mezzo è passata da una situazione fallimentare (perdeva 100 milioni su 1,2 miliardi di dollari di giro d’ affari) al risanamento e nel 2003 il primo bilancio in attivo. La similitudine con Alitalia è forte: El Al era controllata dallo Stato di Israele, da sempre in passivo, condizionata dalla politica e da un sindacato potentissimo. Ora, tornata con i conti in ordine, è in via di privatizzazione. Il protagonista di questa ristrutturazione lampo e di successo è un italiano. Si chiama Michael Levi, 49 anni, milanese di origine, laurea alla Statale, console italiano di Tel Aviv, uno dei più noti imprenditori israeliani. Ereditata dal padre la Nilit, all’ epoca piccola azienda produttrice di nylon, Levi la rilancia e ora è una multinazionale in concorrenza con la Dupont. Nel giugno 2001 il governo Sharon chiede a Michael di prendere le redini della disastrata El Al. Lui accetta l’ incarico di presidente operativo e si butta in una impresa che sembrava impossibile: salvare una compagnia aerea nel pieno dell’ Intifada (crollo del turismo), e con un business sconvolto dall’ 11 settembre. «L’ ultima cosa che Levi fa», racconta Roger Abravanel, director della McKinsey di Milano da cui dipende la sede di Tel Aviv e consulente nel turn round El Al, «è quella di affrontare il capitolo licenziamenti, cerca invece la pace sindacale coinvolgendo i dipendenti nella sua avventura». Che si può sintetizzare in questi punti: focalizzare al massimo sulla clientela affari e sulle rotte importanti; rafforzare il programma millemiglia; ottimizzare le tariffe con una sofisticata gestione tutta al computer; forte riduzione dei costi di acquisto, carburante, catering. E’ riuscito a tenere lontano la politica dalla cabina di comando, ha cambiato tutto il management, introdotto una leadership assoluta e una forte linea etica. Ha eliminato tariffe e trattamenti di favore. Impossibile adesso far ritardare un volo per aspettare ministri, onorevoli o altri vip. Anziché nell’ ufficio di Tel Aviv, è più facile trovare Michael Levi a bordo dei suoi aerei, a parlare con i piloti e con il personale viaggiante per «spiegare la sua filosofia e capire i loro problemi». «Un altro punto vincente», racconta Abravanel, «è stata la sicurezza; ora El Al è la più sicura compagnia aerea del mondo anche se questo costa il 6% del fatturato». Tra due mesi il suo mandato scade e difficilmente rimarrà.