Cinzia Gatti, Macchina del Tempo, marzo 2004 (n.3), 28 febbraio 2004
Le formiche gialle vivono in comunità di 100-200 individui, si muovono sempre in gruppo e se trovano qualcosa di commestibile lo divorano all’istante
Le formiche gialle vivono in comunità di 100-200 individui, si muovono sempre in gruppo e se trovano qualcosa di commestibile lo divorano all’istante. Quando però incontrano l’olomecusa, un grosso coleottero, il loro comportamento cambia. La catturano per poi imprigionarla nel formicaio. A quel punto il coleottero comincia a secernere piccole goccioline che le formiche, a turno, succhiano avidamente. L’effetto è devastante: per una ventina di minuti le formiche vivono una sorta di delirio, non si reggono più sulle zampe e sbattono contro le pareti del formicaio, infine tornano in sé, escono in buon ordine e cedono il posto ad altre formiche. Per Giorgio Samorini, etnobiologo autore di ”Animali che si drogano”, quelle delle formiche sono vere e proprie crisi allucinatorie e l’olomecusa può essere a buon diritto considerata il loro pusher. Sarebbero alcune centinaia le specie animali che fanno uso di bacche, erbe e sostanze capaci di scatenare reazioni simili a quelle provocate nell’uomo dalle droghe: dalle capre del Nord America che fanno incetta di bacche di Mescal ai tordi che si inebriano di agrifoglio sulle colline di Hollywood, alle mucche dipendenti dall’erba Loco. Altre volte la colpa della tossicodipendenza animale è dell’uomo. In molti Paesi asiatici le fumerie d’oppio sono affollate, oltre che dai clienti, da gatti e topi che, anziché darsi la caccia come nei migliori cartoni animati, si inebriano col fumo. Nell’Asia orientale può capitare che gli elefanti si ubriachino nelle distillerie clandestine e poi scorrazzino a gran velocità nei centri abitati travolgendo tutto ciò che trovano.