Americo Bonanni, Macchina del Tempo, marzo 2004 (n.3), 28 febbraio 2004
Per molto tempo si è fatta parecchia confusione tra le nebulose (nuvole di gas e polvere) e le galassie (enormi raggruppamenti di stelle), perché gli astronomi non riuscivano a distinguerle
Per molto tempo si è fatta parecchia confusione tra le nebulose (nuvole di gas e polvere) e le galassie (enormi raggruppamenti di stelle), perché gli astronomi non riuscivano a distinguerle. Sotto il generico nome di nebulae andava qualunque cosa che non fosse una stella o un pianeta. Anche Charles Messier, quando nel 1783 creò il suo catalogo, non ci pensava: da cacciatore di comete, voleva solo evitare che qualcuno scambiasse le sue benamate per nebulose. Oggi si calcola che ci siano centinaia di miliardi di galassie nell’Universo. Per le nebulose, invece, i numeri sono più piccoli, ma ne vengono scoperte continuamente. I cataloghi che le raccolgono si sono via via separati, e oggi ne abbiamo alcuni specifici per galassie, come l’Uppsala General Catalogue (da cui deriva la sigla UGC seguita da un numero). La bellezza di alcune galassie o nebulose è tale che alcune sono riuscite a conquistare un nome vero accanto alla sigla. C’è per esempio la nebulosa Testa di cavallo, conosciuta anche come Barnard 33 (secondo un catalogo che contiene le nebulose oscure, quelle in cui la polvere interstellare maschera le stelle creando delle macchie nere). O la galassia Sombrero (foto sopra), la cui forma ricorda appunto il cappello messicano. In rari casi una galassia acquista il nome del suo scopritore. Come per il gruppo Maffei 1, composto da cinque galassie scoperte dall’omonimo astronomo italiano.