Arianna Dagnino, Macchina del Tempo, marzo 2004 (n.3), 28 febbraio 2004
Partorire cantando. Per alleviare il dolore. Non è un’idea velleitaria ma una tecnica sperimentale di parto dolce, applicata per la prima volta con successo all’ospedale di Mantova da Elisa Benassi, esperta di psicofonia ostetrica
Partorire cantando. Per alleviare il dolore. Non è un’idea velleitaria ma una tecnica sperimentale di parto dolce, applicata per la prima volta con successo all’ospedale di Mantova da Elisa Benassi, esperta di psicofonia ostetrica. «Cantare durante il parto» spiega «riduce il dolore delle contrazioni, favorisce la respirazione e suggerisce una migliore postura del corpo. Inoltre, serve a infondere a se stesse e al proprio bambino la certezza che tutto va per il meglio». Ma non è necessario intonare il ”Va’ pensiero”: « sufficiente una melodia personale, una semplice concatenazione di note, addirittura un suono solo». A partire dal quinto mese il bimbo percepisce i suoni: riconosce il battito cardiaco della mamma, il ritmo della respirazione, la sua voce e quella del papà. «Dagli studi più recenti emerge che le voci hanno proprietà sinaptogeniche (cioè capacità di creare connessioni sinaptiche, ndr)» spiega il maestro Silvio Feliciani «quella paterna sollecita le connessioni neuronali nel tronco e negli arti inferiori, quella materna stimola il torace e il capo, consentendo l’attivazione neurosensomotoria della parte superiore del corpo e la ricarica corticale». Lo stesso Bernard Auriol, psicoterapeuta, sostiene che il corpo del bambino nel grembo materno suona e risuona; madre e figlio vibrano all’unisono, e questa consonanza è nutrimento per il cervello e per la mente del piccolo. Per questo motivo il canto materno può diventare un suono di riconoscimento anche dopo il parto: «Basterà che la mamma accenni la sua canzone o la sua melodia» conclude Benassi «per contribuire a ricordare al bambino la calma di quando si trovava nel pancione».