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 2004  febbraio 27 Venerdì calendario

«Sono molto ignorante nel suo campo» premette. «Anch’io nel suo» è l’inevitabile risposta. Incontro il maestro Riccardo Muti nel suo minuscolo ufficio nei sotterranei degli Arcimboldi

«Sono molto ignorante nel suo campo» premette. «Anch’io nel suo» è l’inevitabile risposta. Incontro il maestro Riccardo Muti nel suo minuscolo ufficio nei sotterranei degli Arcimboldi. Ambiente elegante ma angusto: divano a due posti, pianoforte a mezza coda, tavolino. L’unica fonte di luce è una finestra alta. Siamo in un seminterrato. Spunto dell’incontro, destinato in origine solo alla radio, la constatazione che l’album con il Concerto di Capodanno a Vienna in cui Muti ha diretto i Wiener Philharmoniker in un variegato repertorio degli Strauss, è assai ben piazzato nelle classifiche discografiche di mezza Europa ( a cominciare dall’Austria). Domande inviate in anticipo. Ma il maestro uscirà ben presto dai binari concordati rivelando una capacità di comunicazione straordinaria. E alla fine, da intervistato, si trasformerà in intervistatore. Nel suo piccolo studio non c’è un lettore di cd. Così, secondo gli accordi, introduco nel computer il disco di David Byrne che canta « Un dì felice, eterea » da Traviata che l’ex leader dei Talking Heads ha interpretato nel suo ultimo album « Grown Backwards » . Muti ascolta attento per qualche minuto. Ogni tanto corregge ad alta voce intonazione e soprattutto pronuncia. Accendo il registratore e attacco col tono del disc jockey in diretta ( il tutto sarà trasmesso domenica mattina alle ore 9 su Radiodue). E per commentare questa performance di David Byrne abbiamo stamattina con noi a « Fegiz Files » un critico d’eccezione, il maestro Riccardo Muti. Buongiorno maestro e benvenuto a Radiodue... « Buongiorno a lei e a tutti gli ascoltatori » . Ogni tanto qualche artista pop rock fa incursione nel repertorio del melodramma. Nel caso appena ascoltato, qual è il risultato? « A me piacerebbe che fosse vivo Verdi per chiederlo a lui, sentire dalla sua voce che impressione gli fa questa versione » . Un lungo sospiro e aggiunge: « Sono abbastanza perplesso. Rubare delle melodie importanti del repertorio classico o operistico e poi dopo arrangiarlo, cambiarlo con criteri completamente contrari al fraseggio della cosiddetta musica classica. Senza contare il problema della doppia n, delle vocali... » L’effetto Stanlio e Ollio... « Sì, insomma una dizione completamente sbagliata. Il rovescio della medaglia potrebbe consistere nella possibilità di far conoscere Traviata a un pubblico diverso. Ma io ritengo che usare il nostro repertorio adattandolo a criteri ritenuti più popolari non possa essere di aiuto alla comprensione della musica classica. La distorsione produce alla fine un effetto comico e basta » . Grazie per la franchezza. In realtà siamo qui per parlare del disco del concerto di Capodanno 2004. Un successo. « Il merito va al grande esperto della musica di Strauss, professor Franz Meiler. Che ha avuto la felice idea di dare molto spazio ( nella prima parte soprattutto) a Johann Strauss, padre. Cioè a colui che ha spostato il valzer da una dimensione popolare e campagnola a una nuova nobiltà. Strauss padre è l’autore di Radetzky- Marsch » . Da sempre sigla di questo show viennese. « Sì, ma nulla a che fare col maresciallo Radetzky grande nemico degli irredentisti. La musica non ha messaggi politici. La sua grandezza è quella di esprimere sentimenti. Si può fare un uso cattivo e improprio della musica, ma di per sé essa non è né buona né cattiva, è solamente bella o brutta » . Maestro possiamo ascoltare insieme un brano assai spettacolare del concerto intitolato Im Sturmschritt. Ce lo vuole presentare? « A passo di marcia... quando io l’ho eseguito non è che ho pensato a un passo di marcia militare, piuttosto alla gioiosità di qualcosa, di un incedere baldanzoso, vivace e trascinante. E anche nelle intenzioni dell’autore non c’è a mio avviso alcun riferimento militare, ma solo l’esplodere della gioia » . Un’altra canzone che mi ha colpito... « Perché dice canzone? » . Per... deformazione professionale. Dicevo, un’altra musica che mi ha colpito è stata quella di Indianer, Galopp, anche questa di Strauss padre, buffa e spettacolare. « vero. A un certo punto in questo brano c’è un suono di clarinetti wuuuurrr wuuuurrrr ( il maestro simula con la voce), che riprende il suono, sentito in tanti film western, degli indiani che, con la mano sulla bocca modulano quel caratteristico grido discontinuo prolungato. Così io ho chiesto ai clarinettisti dei Wiener Philharmoniker di esagerare questo effetto » . Quando affronta musiche molto eseguite, molto popolari, come fa ad aggirare il processo di banalizzazione? « Non è che mi pongo il problema di essere diverso a tutti i costi. Succede e basta. Questo disco testimonia la mia quarta direzione del Concerto di Capodanno. Mi sono divertito a confrontare le quattro versioni da me dirette del Danubio Blu e della Radetzky- Marsch. Stesso direttore, stessa orchestra in anni diversi. Quattro esecuzioni che ’ sembrano’ somiglianti, ma in realtà sono profondamente diverse l’una dall’altra » . Anche ogni replica di opera in realtà fa caso a sé? « Per l’orecchio esperto sì. Sono i dettagli che sono completamente diversi. E noi sappiamo che nei dettagli si nasconde Dio. Anche un disco, che in fondo è un prodotto meccanico e non fa altro che ripetere se stesso, finisce per essere diverso ad ogni ascolto. Lo stato d’animo modifica anche l’ascolto. Non vale per le brutture dichiarate che rimangono tali oggi, domani e dopodomani » . Lei ha fama mondiale e un lavoro che la diverte. Che cosa le dà ancora delle emozioni? « Domanda profonda che indurrebbe una risposta retorica. Cercherò di evitarlo. Trovo che l’emozione nella nostra professione consista nel provare la sensazione di essere arrivati molto vicini alla verità. Verità significa anche virtù. Seneca diceva che il piacere si accompagna sempre alla virtù come il papavero cresce accanto alla spiga di grano » . Qual è il brano che preferisce nell’album del Concerto di Capodanno? « S i c h i a m a Spharenklange, in italiano Armonie celesti. Lo ascolti per favore... » . il numero 10 del secondo disco. E adesso è Muti che fa le domande: « Sente questi violini? Cosa le fanno pensare? Ma lei viene alla Scala? E si diverte? » . Quasi sempre. Ma non capisco se un soprano sbaglia una virgola, come i melomani. « A volte la melomania può essere una malattia » . Il nastro del vecchio registratore Nagra è finito, la bobina gira a vuoto su se stessa e il maestro continua, saggio e sincero, a parlare: la voglia di fare per Milano e il suo Paese, i 18 anni spesi per fare dell’Orchestra della Scala quello che è diventata, la preoccupazione di mettere nuove idee nel nuovo guscio della Scala- Piermarini, il sogno di una Scala che non sia isolata dalle grandi istituzioni mondiali e torni polo d’attrazione per grandi direttori e grandi spettacoli, la tensione verso problemi reali che non devono essere scambiati per capricci da star, la paura di non essere capito (Mario Luzzatto Fegiz).