Varie, 19 novembre 2003
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SCARPELLI Furio Roma 16 dicembre 1919, Roma 28 aprile 2010. Sceneggiatore • «[…] uno dei più grandi sceneggiatori del cinema italiano
SCARPELLI Furio Roma 16 dicembre 1919, Roma 28 aprile 2010. Sceneggiatore • «[…] uno dei più grandi sceneggiatori del cinema italiano. Possiede la dote rara della semplicità, dote che solo i grandi hanno. Si appassiona nel raccontare i segreti della scrittura, le differenze tra il descrivere e il narrare; l’arte di Henry James, quel certo racconto di Cechov, pubblicato con titoli diversi ”che è un vero capolavoro ed è una lunghissima descrizione, e alla fine hai visto la fabbrica, gli operai, la figlia dell’industriale chiusa nella depressione. Pagine perfette”. Una conversazione con Scarpelli è un privilegio. In coppia con Age ha firmato capolavori come I soliti ignoti, Signore e signori, La grande guerra, I compagni. Ha lavorato con Monicelli, Germi, Risi, Scola. […]» (Silvia Fumarola, ”la Repubblica” 26/3/2005) • «Chi comincia a scrivere per il cinema deve sapere che cosa lo deve animare. Non solo scrivere un testo che diventerà film: distaccato da ogni responsabilità. Vengono fuori solo frescacce. Gli spunti devono venire dalla società. La domanda da farsi non è che film potrebbe venir fuori dal tale testo, ma dove nasce quel testo che dovrebbe far venire fuori un film. Lo spirito che una volta ispirava il cinema era semplice, lo si poteva condensare in poche parole: l´osservazione del reale, un nuovo spirito ricostruttivo, l´ironia unita alla drammaticità. Un insieme che si è espresso in tanti modi: commedia, neorealismo, i filoni di genere. [...] Il modo lo stile il tono sono fondamentali. La vicenda in sé si compra dal tabaccaio. [...] Il giovane che vuole scrivere o diventare regista al quale domandi perché, risponde ”perché mi piace il cinema”. Ma si deve pretendere di più. [...] Ognuno di noi ha il proprio strascico di penne di pavone. Molti provano una soddisfazione comprensibile: allora quando io facevo il mio cinema non sbagliavo. Condivido ma non esibisco. Non mi sento maestro nel misero ricordo di quel poco che si è fatto, non mi dispiace che non venga gettato nella monnezza. [...] L´ispirazione si poteva dire in poche parole ed era eccessivamente concreta, ma al di là delle singole personalità dei registi cui si aggiungevano indegnamente quelle degli sceneggiatori si è creata un´identità d´insieme. Quando manca l´identificazione tra un certo numero d´autori, che siano pittori musicisti scrittori o registi, manca il pensiero. E così ognuno si attacca al proprio tram o al proprio ego. Nanni Moretti: lui il cuore e gli occhi li ha sempre tenuti aperti. [...] Una grande regola: non pensare a come verrà cinematograficamente. [...] Il punto di partenza deve essere qualcosa che ha valore in sé. [...] Qualsiasi cosa nasca per essere narrata, dalla favola della nonna alla barzelletta, se dentro c´è l´anima è materiale buono. Purché si sia capaci di mantenere la nostra componente infantile come Einstein o Mozart. Mi piace molto Montalbano. Ma vediamo delle storie dove il commissario può essere una fanciulla attraente, che mancano di verità. La forza della verità è impalpabile ma potentissima. Il successo di certe commedie che noi abbiamo fatto era questo: avevamo l´orecchio sul selciato, e lo spettatore lo sentiva. Anche se poi veniva tutto affidato all´immaginazione di Sordi. Ogni volta che torni a mettere l´orecchio sul selciato e senti il pulsare del cuore di quello che c´è dentro, è più difficile sbagliare. [...] L´Italia passa per essere un paese di superficiali. Ma nel cinema non lo siamo mai stati. Non si può dire quello che si può dire dei governanti attuali: che sono degli scalzacani» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 19/11/2003).