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 2003  luglio 20 Domenica calendario

CALLIGARIS Novella Padova 27 dicembre 1954. Ex nuotatrice. Già in piscina dall’età di quattro anni, esordì in nazionale a quattordici anni e ottenne il primo dei suoi 76 titoli italiani

CALLIGARIS Novella Padova 27 dicembre 1954. Ex nuotatrice. Già in piscina dall’età di quattro anni, esordì in nazionale a quattordici anni e ottenne il primo dei suoi 76 titoli italiani. A quindici anni, nel 1969, stabilì il primo dei suoi 21 record europei. Va ricordata perché nonostante fosse esile e minuta non era certo intimorita dalle statuarie rivali tedesco-orientali e statunitensi quando, nel 1972, in occasione delle Olimpiadi di Monaco di Baviera, conquistò la finale dei 400 metri stile libero e si classificò seconda; giunse inoltre terza negli 800 metri stile libero e nei 400 metri misti. L’anno successivo, a Belgrado (9 settembre 1973), divenne campionessa del mondo negli 800 metri stile libero; in quell’occasione stabilì il primo record mondiale nella storia del nuoto italiano (8’52’’97). Vinse inoltre cinque medaglie ai Campionati Europei. Chiuse la sua carriera a soli diciannove anni. Era «una ragazzina che faceva cose più grandi di lei e di cui le importava poco. Spesso la timidezza e l’imbarazzo degli atleti vengono scambiati per arroganza. Io li vedo, mi riconosco e li capisco. Non volevo la notorietà, non la sapevo gestire. [...] A 13 anni e mezzo avevo i fotografi davanti alla scuola: combattevo l’invasione della mia libertà. Del resto nel mio ambiente di nuoto si parlava poco. [...] Io leggevo, in continuazione e andavo in discoteca. [...] Ero bravissima, non per niente ho fatto il commissario della danza. Io e Chicca Stabilini, che divideva la camera con me, scappavamo per andare a ballare» (Roberto Perrone, ”Corriere della Sera” 9/9/2003) • «Nove settembre 1973, giornata storica per il nuoto azzurro, che stava concludendo a Belgrado la prima edizione dei campionati mondiali. Cominciò il Settebello, a mezzogiorno, superando per la prima volta la Jugoslavia in casa sua, continuò nel primo pomeriggio Klaus Di Biasi conquistando il titolo dalla piattaforma e al crepuscolo Novella Calligaris completò l’opera con la vittoria e il record mondiale degli 800 stile libero. Non c’era mai stato un altro giorno come quello, e non ne avremmo avuti nemmeno in seguito, nell’epoca di Lamberti o di Fioravanti-Rosolino. ”I miei successi si sono sempre scontrati con fatti tristissimi in campo politico: la strage dei feddayn nel villaggio olimpico di Monaco 1972, quando io vinsi tre medaglie; il golpe cileno di Pinochet nel ”73, due giorni dopo il mio record. Non riesco a non collegare questi fatti”. Ai Giochi di Monaco Novella era stata medaglia d’argento nei 400, di bronzo negli 800 e nei 400 misti. L’anno seguente si presentò a Belgrado, scrisse un nostro immaginifico collega, come ”uno squaletto dei nostri mari, un ”gattuccio’ che andava insensatamente a battersi contro immani dugonghi”: era uno scricciolo che sembrava destinato a essere stritolato nello scontro fra le tedesche dell’Est e le americane. Il gattuccio aveva ambizioni, soprattutto nei 400 misti, gara che in precedenza era stata una specie di optional, e della quale lei e il suo allenatore Bubi Dennerlein preferivano non parlare. Invece proprio i 400 misti dovevano essere la loro carta migliore. Pensavano addirittura al record mondiale. Poi intervenne un destino avverso, la sera prima della gara Novella accusò un ascesso a un dente, Bubi la portò da un dentista che si rivelò inadeguato, praticò un’otturazione e la rispedì in albergo. Notte da incubo, insonne (’Anche Kicca Stabilini, che era in camera con me, non chiuse occhio”), e all’alba si cercò un altro dentista che rimediasse, poi la batteria, qualche ora di riposo, la finale. Era giovedì, fu medaglia di bronzo, contro due dugonghi dell’Est, e la Wegner fece il record del mondo. Il venerdì batteria e finale dei 400 crawl. Altro bronzo, sia pure con record europeo, preceduta da due dugonghi Usa. Non rimaneva che puntare agli 800. La prima serie, cioè la finale, si disputò la domenica pomeriggio. C’erano le solite due americane: e Keena Rothhammer, che Novella adorava, era la campionessa olimpica di Monaco. C’era di nuovo la colossaleGudrun Wegner, quella che metteva paura soltanto a pronunciarne il nome. In mezzo le due piccolette, Novella e l’altra americana Jo Harshbarger. E furono proprio loro a fare la gara, stroncando sul ritmo la Wegner, che poi fu bronzo, e la Rothhammer, che finì fuori del podio. Novella nuotava feroce a 36 cicli di braccia per vasca, in virata non perdeva, come usava fare, contro un’avversaria bassetta come lei. Prese la testa ai 300 metri, ai 500 aveva un secondo e mezzo di vantaggio, e ”Speravo che finisse, le vasche non passavano mai”, disse poi. Ai 700 il vantaggio era ai due secondi e mezzo, tutta la tribuna tifava per lei, non soltanto gli italiani. Toccò agli 800 con il nuovo primato del mondo, 8’52’’97, la Harshbarger arrivò in 8’55’’56, 5-6 metri più dietro. L’esultanza si propagò istantaneamente in Italia, all’Olimpico si giocava il derby Roma-Lazio e dalle tribune improvviso si diffuse uno strano applauso. ”Quando sul tabellone è apparsa la scritta annunciante la storica vittoria di Belgrado – scrisse Giorgio Tosatti – la gente le ha tributato un’ovazione commovente”. Era una consacrazione. Un primato mondiale femminile era cosa troppo insolita per lo sport italiano, ed era il primo per il nuoto in particolare. Avremmo atteso 16 anni per rivivere una simile emozione, grazie all’1’46’’69 di Giorgio Lamberti nei 200 metri di Bonn. Costretto di solito a gioire per qualche posto nelle finali, il nuoto azzurro trovò quel 9 settembre, in verità rivivendo esperienze già fatte a Monaco un anno prima, una dignitosa posizione in campo internazionale. Con il suo maestro Bubi Dennerlein (per anni gli si era rivolta con un rispettoso ”signor Dennerlein”, e soltanto da poco tempo si sentiva autorizzata a chiamarlo ”Bubi”, senza per questo passare al ”tu”) Novella pareva aver lanciato il nuoto femminile verso grandi traguardi. Non è stato così, o per lo meno lo è stato in piccola parte: si sono affermate soltanto la Vigarani con un bronzo mondiale, con argenti europei Dalla Valle, Tocchini, ancora Vigarani e due staffette miste fondate su di loro» (Aronne Anghileri, ”La Gazzetta dello Sport” 9/9/2003) • «Sposata e separata, un figlio, Luca, e un compagno, David Newman, ex arrembante direttore di Greenpeace, vive a Roma, dove si occupa di comunicazione per grandi aziende, lavora per Rai News 24 e collabora con un paio di quotidiani. Inoltre insegna Tecnica della Comunicazione all’Università di Pavia. […] Azzurra a soli 13 anni ai Giochi del Messico ”68 (’andavo in vasca con le bambole” ricorda) […] Nuotavo perché mi piaceva e lasciai perché non ce la facevo più, anche se tutti mi criticarono. Incalzavano le valkirie dell’ex Ddr, non potevo competere […] Ai miei tempi non c’erano i mezzi per smascherare il doping, che era molto evidente. Mi privò di qualche medaglia, ma almeno come atleta rimasi sempre una donna ”possibile”. Fragile, gracile, normale. Insomma come tante» (Giorgio Viberti, ”La Stampa” 18/7/2003). «Era una predestinata. Il dio del nuoto aveva messo gli occhi su Novella Calligaris quando era una bimba. Era già primatista d’Europa e da un vecchio giornale affiorò una foto che la ritraeva, all’età di sei anni, premiata dal presidente Percuoco alla festa della RN Patavium. Un’investitura. In piscina la vidi la prima volta nell’aprile 1967, in tribuna a Varese, per il giovanile Italia-Urss: nella squadra azzurra, oltre a suo fratello Mauro, nei 1500 c’erano De Magistris e De Crescenzo, poi famosi nella pallanuoto. Lei era lì da tifosa, vivace e ridente, in compagnia di sua madre. Quattro mesi dopo, a 12 anni e mezzo, eccola ai campionati italiani di Firenze, due volte sesta, preceduta dalla coetanea fiorentina Francesca Cianchi, più alta ed elegante, mentre la piccola patavina s’affidava a una nuotata rabbiosa, con un infernale ritmo di bracciate. Due settimane dopo, a Genova, campionati ragazze. Vince Francesca, ma Novella migliora di 20” negli 800, battuta di un decimo. Erano le premesse per un brillante 1968, anno della consacrazione: tre titoli primaverili e tre estivi ai campionati ragazze, uno primaverile (sbaglia a contare le vasche e la più esperta Cassera la supera negli 800), due estivi con vantaggi di 10” o più, la Cianchi mai sul podio. E l’esordio in azzurro nel Sei Nazioni di Stoccolma. I primi record, gli 800 a Minsk, i 1500 a Roma. La partecipazione all’Olimpiade messicana per imparare. Apprende che le avversarie sono fortissime, e che non è opportuno affidare i suoi dollari in un cassetto non chiuso a chiave. la vigilia dell’esplosione, il fuoco d’artificio arriva nel 1969: tre titoli primaverili e sette, mai visto niente di simile, agli estivi di Napoli, con il record europeo degli 800 in 9’38”, tredici primati italiani. scatenata, ma il suo europeo resiste una settimana: glielo toglie la caporalesca tedesca-est Neugebauer. Il 1970 si annuncia difficile, e infatti al Trofeo Navigli la Neugerbauer la supera nei 400-800 e 400 misti. Inviperita, manda tutti a quel paese, piange, non accetta, dimentica il fair- play. Mi tocca scrivere che impari a perdere, e non usi un linguaggio ”che metterebbe in imbarazzo un sergente maggiore degli Alpini”. Mi toglie il saluto, ed è comprensibile, non mi parla nemmeno durante gli Europei di Barcellona, dove negli 800 si deve accontentare di un bronzo. Mi perdona all’inizio del 1971, quando mi congratulo per il significativo il record italiano degli 800, simbolo di rinascita. Bubi Dennerlein se la porta in America e in Europa, a battere le tedesche-est a casa loro e poi, con doppio record europeo, a Bolzano. Lei lo chiama ”signor Dennerlein”, e soltanto in seguito adotterà un più confidenziale ”Bubi”. Non mancano delusioni e stizze. Come alla Coppa Europa a Udine: sabato apprende che l’olandese Bunschoten le ha tolto l’europeo dei 400. Risponde domenica, negli 800. Nel 1972 è matura per l’Olimpiade di Monaco. Ai campionati- trials di Torino ai soliti sette titoli aggiunge i primati europei dei 400 (progresso di 2”6) e degli 800 (6”6). Non è troppo in forma? ”Tranquilli – dice Bubi – non sta forzando la preparazione”. vero, a Monaco accadono cose non prevedibili, diventa una protagonista assoluta, anche senza medaglia d’oro. La troverà l’anno seguente ai Mondiali di Belgrado, con il primo record universale di un nuotatore azzurro, sopravvivendo ad una notte d’inferno per un ascesso a un dente prima dei 400 misti. E quando nel 1974 dovrebbe coronare l’opera agli Europei di Vienna, accusa un male oscuro, Bubi arriva a temere prognosi infauste, lei vede due baffute tedesche-est sfilarle i suoi record e deve accontentarsi di un argento. dimagrita, e non si capisce perché. Va a Montreal per un pranzo di beneficenza degli italo-canadesi e nella piscina dell’albergo batte uno di loro, un notaio che la sfida. il suo ultimo successo, dopo il quale abbandona l’agonismo. L’anno seguente ai Mondiali di Cali inizia l’attività giornalistica sul Corriere della Sera , poi quella tv e nelle relazioni pubbliche, che la trattengono tuttora a contatto del suo ambiente antico» (Aronne Anghileri, ”La Gazzetta dello Sport” 27/12/2004) • «Ero un motorino, supplivo con la velocità a una taglia non possente. A 13 anni a mezzo mi ritrovai a nuotare contro il mondo, ero arrabbiata perché la piscina mi toglieva vita, amicizie, occasioni. Bubi Dennerlein per spronarmi mi faceva allenare con gli uomini. Non erano contenti nemmeno loro, perché non volevo farmi battere. E alle sei di mattina era dura. Io se la gente mi riconosceva per strada dicevo: si sbaglia, non sono io [...] Oggi c’è più cultura sportiva nel nostro paese e maggior selezione. Ogni comune ha una piscina. Quando andavo a scuola io, liceo scientifico, un’insegnante ci diede il tema dal titolo ”L’unica cosa intelligente che può fare un cretino è lo sport”. Era una provocazione contro di me. Appena tornavo da una trasferta, mi interrogavano. E io ero una secchiona. Un anno mi rimandarono, ”per immaturità’, avevo appena migliorato un record europeo [...] Il giorno che chiamai mia madre Nella, per dirle che avevo fatto il mondiale, era a teatro e mi rispose: ”Ti sei appena persa un balletto di Bejart” [...]» (e. a., ”la Repubblica” 18/8/2004).