Varie, 31 marzo 2003
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DON Cristina Rho (Milano) 23 settembre 1967. Cantautrice • «Le hanno appiccicato tanti e tanto diversi modelli (da PJ Harvey a Joni Mitchell, da Michelle Shocked a Suzanne Vega) […] ”Mi sono diplomata all’Accademia di Brera: di giorno ero scenografa, la sera suonavo nei pub
DON Cristina Rho (Milano) 23 settembre 1967. Cantautrice • «Le hanno appiccicato tanti e tanto diversi modelli (da PJ Harvey a Joni Mitchell, da Michelle Shocked a Suzanne Vega) […] ”Mi sono diplomata all’Accademia di Brera: di giorno ero scenografa, la sera suonavo nei pub. Facevo cover, da Springsteen a Lou Reed, a Sinead O’Connor […] All’inizio non pensavo di poter fare musica mia, il desiderio di scrivere è arrivato a metà anni Novanta[…] Nella mia musica c’è bisogno di intimità. Volevo scrivere canzoni piacevoli da ascoltare ma con particolari da scoprire lentamente […] Cerco di portare nelle parole le sensazioni che mi comunica il paesaggio. Penso a quei musicisti canadesi come Neil Young, Joni Mitchell e Daniel Lanois che riescono a esprimere lo spazio di quei luoghi nella loro musica […] I primi dischi che ho ascoltato? Quelli di mia sorella maggiore: Pooh, Zero e Baglioni. Poi ho cercato di andare oltre. Il primo che ho comprato è stato Discovery della Electric Light Orchestra, quindi Springsteen, Joe Jackson, Tom Waits, Battisti e Battiato. […] A chi mi paragonerei? Se mi è consentito, direi Joni Mitchell: ha esplorato diversi stili musicali. La meno vicina è PJ Harvey […] In Italia ammiro Ginevra Di Marco, per come canta e come sta sul palco e Carmen Consoli, il cui arrivo sulla scena è stato importantissimo. Ha proposto un modello diverso dal passato anzitutto perché era cantautrice e non soltanto interprete. Ha permesso ad altri, forse anche a me, di farsi conoscere”» (Andrea Laffranchi, ”Corriere della Sera” 31/3/2003). «Bizzarra serie di coincidenze: nascere a Rho, abitare fra le montagne dell’Alta Val Seriana bergamasca, incidere a Londra un disco in inglese, avere per mentore Robert Wyatt, il Grande Vecchio del rock senza frontiere, e per produttore un tipo tostissimo come Davey Ray Moor, leader dei Cousteau. Chi le mette insieme, tutte queste casualità, dev’essere un tipo affatto particolare, baciato in fronte dai Loa del rock. E Cristina Donà, [...] rockeuse originaria dell’hinterland milanese, certamente appartiene a questa razza eletta. Bella di una bellezza molto discreta e understated, impermeabile ai richiami di festival e televisioni, per incamminarsi con passo leggero lungo la strada del successo Cristina ha fatto affidamento soltanto sui suoi talenti. Su una voce limpida e assertiva, capace di ”scivolare sull’acqua” (come racconta lei, in una canzone di Dove sei tu, il suo terzo album). Su una sapienza chitarristica tutt’altro che disprezzabile, visto che proprio con la formula ”voce più chitarra” iniziò a raccontarsi in pubblico, agli inizi dei Novanta. Su testi scritti in proprio, molto elaborati e raffinati (non a caso uno dei suoi idoli riconosciuti è Joni Mitchell), eppure immediatamente disponibili a essere tradotti in inglese; un tempo con l’aiuto determinante di suo marito, lo scrittore-giornalista Davide Sapienza, e ora con la supervisione dello stesso Davey Ray Moor: ”Che deve sudare le proverbiali sette camicie”, racconta sorridendo la Donà, ”per passare dalle architetture opulente dell’italiano all’asciutta essenzialità dell’inglese”. Dulcis in fundo, questa Signora della musica di casa nostra può fare affidamento anche su ”invenzioni” alquanto desuete per il rock, non solo italiano. Su scelte estetiche ”quasi cageane”. [...]» (Roberto Gatti, ”L’Espresso” 5/8/2004).