Varie, 10 gennaio 2003
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Spiegelman Art
• Stoccolma (Svezia) 15 febbraio 1948. Cresciuto a Brooklyn, è «il leggendario disegnatore newyorchese che per ben dieci anni ha firmato le più provocatorie e incisive copertine del ”New Yorker” […] Autore di Maus, la saga dei topi ebrei sterminati dai gatti nazisti che gli fece vincere il Premio Pulitzer (il primo assegnato a un libro-fumetto)» (Alessandra Farkas, ”Corriere della Sera” 9/1/2003). «Negli anni ”80, insieme alla moglie Françoise Mouly, creò Raw, la rivista controcorrente e anti-Reagan che ha rivoluzionato il mondo dei fumetti, non solo in America. ”Quando apparve, nell’86, Maus venne attaccato da più parti per aver unito sacro e profano. Ma il formato fumettistico non implica necessariamente humour, come sono riuscito a dimostrare con Maus. Ogni Paese ha la propria cultura comica che determina la sua percezione del mondo. Quella americana è reduce da un trauma culminato negli anni Cinquanta, quando i fumetti erano sinonimo di spazzatura. Alle udienze antifumetti svoltesi nel 1954 al Senato Usa vennero definiti ”la causa della delinquenza giovanile”. Fu una caccia alle streghe […] La persecuzione contro i comix veniva dalla sinistra e ha coinvolto in prima fila il Partito comunista […] Quando io iniziai la carriera, il medium era ancora paria, vagamente legato alla pornografia. Per liberarlo abbiamo dovuto aspettare sino alla metà degli anni Sessanta, quando la mia generazione, cresciuta coi fumetti pre-censura e ormai adulta, si è ribellata […] Ho detto e ripetuto tante volte che non voglio essere l’Elie Wiesel dei fumetti. Se proprio devo essere un portavoce di qualcosa voglio che sia dei fumetti, un medium che ho sempre amato e per cui mi sono battuto. Certo, oggi è difficile dire se il medium sta marciando verso il braccio della morte o se viviamo l’inizio di una nuova era dell’oro. Un’era che alla fine assegnerà ai cartoon un posto d’onore all’assise della cultura alta, come il teatro o la poesia. Il problema è che i fumetti hanno bisogno di carta e l’Internet, ahimè, non può proprio aiutarli”» (Alessandra Farkas, ”Sette” n.48/2000). « una minaccia unica e quadrupla. un artista che disegna e dipinge, un camaleonte capace d’imitare e abbellire qualsiasi stile visivo scelga, uno scrittore che si esprime attraverso frasi vivaci e a doppio senso, nonché un provocatore con un particolare talento per l’umorismo nelle sue incarnazioni più selvagge e pungenti. Mescolate insieme tutti questi talenti, metteteli al servizio di una profonda coscienza politica ed ecco che un uomo può lasciare un segno importante nel mondo. Questo è esattamente ciò che fa […] Ci è noto perlopiù per essere l’autore di Maus, la brillante storia in due volumi del viaggio da incubo che suo padre fece attraverso i campi di concentramento durante la Seconda guerra mondiale. [...] Ma c’è anche un altro aspetto di Spiegelman, un aspetto che ha dominato in maniera crescente le sue energie negli anni successivi a Maus: l’artista visto come commentatore di eventi di attualità. […] Vuole disorientarci, coglierci con la guardia abbassata e a quel punto affrontare il soggetto da numerose angolature, con innumerevoli sfumature: derisione e capriccio, indignazione e rimprovero, persino tenerezza e affetto elogiativo. L’eroica mamma carpentiere che allatta suo figlio su una delle travi di un grattacielo in costruzione, bombe tacchino che cadono sull’Afghanistan; le parti basse di Bill Clinton attorniato da un mare di microfoni; lauree trasformate in annunci di offerte lavoro; la sciroccata famiglia vestita alla maniera hippy quale emblema di amore e solidarietà intergenerazionale; il coniglietto di Pasqua crocifisso inchiodato a un modulo delle tasse; Babbo Natale e il rabbino con barbe e pance identiche. Imperterrito, indifferente alle querele, nel corso degli anni ha offeso molta gente tanto che i vertici dell’editoria hanno giudicato alcune delle copertine realizzate per ”The New Yorker” così sediziose da rifiutarne la pubblicazione» (Paul Auster, ”Corriere della Sera” 1/5/2003).